“La febbre Chikungunya è generalmente benigna e guarisce spontaneamente” dichiarano Massimo Andreoni e Massimo Galli, rispettivamente Past President e Vice Presidente SIMIT. Le malattie già segnalate alle Autorità sanitarie nel 2015 nel Libro Bianco delle Malattie Infettive.

 

La SIMIT precisa quali sono le cause e le possibili conseguenza in merito ai recenti casi emersi a Trento e ad Anzio (in provincia di Roma) rispettivamente di malaria e di Chikungunya.

La morte di una bimba avvenuta nei giorni scorsi per malaria da Plasmodium falciparum ha suscitato grande emozione e comportato richieste di informazioni a vari infettivologi di SIMIT. “La ricostruzione dell’accaduto potrà derivare solo dal completamento dalle indagini epidemiologiche e di laboratorio in corso” spiega il Prof. Massimo Andreoni, Direttore U.O.C. Malattie infettive, Università di Tor Vergata e Past President SIMIT . “L’eccezionalità del caso, la complessità della materia e la volontà di fare chiarezza ed evitare possibili equivoci nell’interpretazione di quanto riportato dai mezzi di comunicazione ci portano tuttavia a ritenere utile precisare quanto segue” aggiunge il Prof. Massimo Galli, vicepresidente SIMIT e Ordinario di malattie Infettive presso l’Università di Milano:

  1. La malaria può essere trasmessa solo da un vettore (una zanzara del genere Anopheles), come accade nella stragrande maggioranza dei casi, o per scambio di siringa volontario tra tossicodipendenti(circostanza che non si verifica in Italia da molto tempo), o per incidente in ospedale (trasfusione, trapianto d’organo o altro tipo di incidente che comporti l’inoculazione del sangue di un paziente malarico in un’altra persona). Cinque specie di plasmodi (sulle oltre cento note) sono in grado di causare malaria nell’uomo. Le specie di Anopheles sono circa 430, di cui 30-40 possono trasmettere malaria. Ciascuna di esse è adattata a una specie di plasmodio o a una sottopopolazione nell’ambito di ciascuna specie.

Lo studio, condotto da Istituto di neuroscienze del Cnr e Ospedale San Raffaele di Milano, ha dimostrato la capacità di un nuovo vettore virale di superare la barriera emato-encefalica e diffondersi in tutto il cervello rilasciando il gene terapeutico e rallentando l’accumulo dei depositi tossici alla base della malattia. La ricerca, che apre la strada alla realizzazione di nuovi farmaci molecolari, è stata pubblicata su Molecular Therapy

 

Molte malattie neurodegenerative, come il Parkinson o la demenza a corpi di Lewy, colpiscono in modo diffuso le cellule cerebrali. Uno studio italiano dimostra la capacità inedita di un nuovo vettore virale di diffondersi e rilasciare un gene terapeutico in tutto il sistema nervoso centrale, un risultato fondamentale per lo sviluppo di terapie geniche contro queste patologie. Non solo: i ricercatori hanno testato la tecnica su modello sperimentale del Parkinson nel topo, riuscendo a ridurre i depositi tossici che causano la morte dei neuroni e a migliorare la salute degli animali. Il lavoro è coordinato da Vania Broccoli, ricercatore presso l’Istituto di neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche (In-Cnr) di Milano e capo dell’unità di ricerca in Cellule Staminali e Neurogenesi dell’Irccs Ospedale San Raffaele – una delle 18 strutture d’eccellenza del Gruppo San Donato. Lo studio è stato pubblicato su Molecular Therapy del gruppo Cell.

Descritto per la prima volta il sistema che controlla la funzionalità delle proteine alterate in alcune patologie genetiche come fibrosi cistica o morbo di Gaucher. Lo studio, condotto su piante di Arabidopsis thaliana, è stato realizzato in collaborazione con gli Istituti di scienze delle produzioni alimentari e di cristallografia del Cnr ed è pubblicato su Pnas. La regolazione di questi enzimi potrebbe aprire la strada a nuove terapie

 

Per alcune malattie genetiche come fibrosi cistica o morbo di Gaucher, la speranza potrebbe arrivare dalla regolazione dell’enzima che controlla alcune proteine alterate in queste malattie. A sostenerlo uno studio a cui hanno partecipato l’Istituto di scienze delle produzioni alimentari (Ispa) unità di Lecce e l’Istituto di cristallografia sede di Bari (Ic) del Consiglio nazionale delle ricerche. Il lavoro, pubblicato sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences (Pnas), è stato coordinato da Nicole Zitzmann e Pietro Roversi del Dipartimento di biochimica dell’Università di Oxford. “Circa il 20% delle proteine presenti nelle cellule eucariotiche (caratteristiche degli organismi multicellulari) sono glicoproteine, essenziali per molti processi vitali come la risposta immunitaria, la comunicazione cellulare e il metabolismo”, spiega Angelo Santino, ricercatore Ispa-Cnr. “La funzionalità delle glicoproteine dipende da un sofisticato sistema biologico di ‘controllo qualità’ che sovrintende al corretto ripiegamento e alla corretta destinazione finale delle proteine stesse nella cellula. Con questo studio abbiamo descritto per la prima volta la struttura completa di uno dei principali componenti di questo sistema di controllo, l’enzima Udp-glucosio glucosil transferasi (Uggt). Conoscendo la struttura dell’enzima sarà possibile individuare in futuro nuove molecole in grado di modularne l’attività”.

Lo studio, condotto da un team di ricercatori di Nanotec-Cnr e dell'Università Sapienza di Roma, è stato pubblicato sulla rivista Nature Communication

Molti batteri, come Escherichia coli, sono fantastici ‘nuotatori’, capaci di percorrere più di dieci volte la loro lunghezza in un secondo: approssimativamente, in proporzione, la stessa velocità di un ghepardo. Per muoversi, usano il ‘motore flagellare’, ruotando sottili filamenti elicoidali, i flagelli, a più di cento giri al secondo. Il motore flagellare è una sorta di motore ‘elettrico’, alimentato da un flusso di cariche che la cellula accumula costantemente nello spazio periplasmatico che ne circonda la membrana interna e il meccanismo con il quale i batteri ‘ricaricano le batterie’ prende il nome di respirazione e di solito richiede l'ossigeno. Nel 2000 è stata scoperta mediante la sequenziazione genetica di batteri in campioni di plancton una nuova proteina, la proteorodopsina, che si inserisce nella membrana cellulare, dove utilizza energia proveniente dalla luce per accumulare carica nella ‘batteria’ anche in assenza di ossigeno. Un team di ricercatori dell’Istituto di nanotecnologia del Consiglio nazionale delle ricerche (Nanotec-Cnr) e del dipartimento di Fisica dell'Università Sapienza di Roma, grazie a uno studio pubblicato su Nature Communication, ha dimostrato che alcuni batteri geneticamente modificati e in grado di produrre proteorodopsina possono essere utilizzati come minuscoli propulsori in micromacchine invisibili all'occhio umano, la cui velocità di rotazione può essere finemente regolata con luce verde di intensità controllabile.

Il team internazionale guidato dai ricercatori dell’Igb-Cnr ha svelato l’importanza di questi metaboliti nel destino delle cellule staminali embrionali. La scoperta, pubblicata su Stem Cell Reports può portare a risvolti applicativi importanti in campo oncologico e nella medicina rigenerativa.

Vitamine e aminoacidi ricoprono un ruolo fondamentale nelle alterazioni epigenetiche, ossia nei meccanismi cellulari coinvolti nello sviluppo di malattie come il cancro. La scoperta, che promette risvolti applicativi in campo oncologico, arriva da un team internazionale coordinato dall’Istituto di genetica e biofisica 'A. Buzzati-Traverso' del Consiglio nazionale delle ricerche (Igb-Cnr) di Napoli, che ha coinvolto gli Istituti Cnr di chimica biomolecolare (Icb-Cnr) e di applicazioni del calcolo (Iac-Cnr), la Radboud University, Nijmegen (Olanda) e University of California, San Francisco (Usa). Lo studio è pubblicato sulla rivista Stem Cell Reports. “Abbiamo scoperto con sorpresa che nelle cellule staminali un ruolo chiave è svolto da due insospettabili attori denominati 'metaboliti' (molecole molto piccole indispensabili per la vita della cellula) che corrispondono alla Vitamina C e all’aminoacido L-Prolina”, spiega Gabriella Minchiotti, tra gli autori dello studio e ricercatrice Igb-Cnr. “Abbiamo dimostrato che le cellule staminali embrionali pluripotenti (ossia cellule staminali presenti nei primissimi stadi dello sviluppo), se trattate con Vitamina C acquisiscono uno stato più immaturo (primitivo), mentre se trattate con l’aminoacido L-Prolina danno luogo alla formazione di una cellula embrionale più matura (stato cosiddetto primed). Quindi Vitamina C e L-Prolina agiscono in maniera del tutto opposta sulle cellule staminali embrionali, determinando delle modifiche al DNA che non ne alterano la sequenza bensì il modo in cui viene letto e quindi la sua attività”.

 People are not the only ones suffering from the symptoms and problems of food intolerance and allergies. Other mammals, such as cats, dogs and horses, are affected as well. The Messerli Research Institute, a cooperation between Vetmeduni Vienna and the Medical University of Vienna, has now condensed the knowledge about human and animal food allergies and intolerances into a new European position paper. The paper highlights the strong similarities in animal and human symptoms and triggers of adverse food reactions. More importantly, the publication stresses the need for more comparative studies on the mechanisms and the diagnosis of food intolerance, and on formulating adequate measures. Diarrhea after a glass of milk, an itchy palate after eating apples, swelling in the face after consuming chicken eggs or a severe asthma attack due to peanut dust are all signs of a food intolerance or allergy. But these symptoms are not limited to us humans, because other mammals such as dogs, cats and horses may exhibit similar symptoms after feeding. The number of pets affected by food allergies and intolerances has even converged with that of humans.

 ll Ministero della salute, continua a monitorare con attenzione le informazioni relative alla circolazione in Europa di lotti di uova e derivati contaminati da fipronil, un antiparassitario addizionato a un detergente utilizzato nelle pulizie degli allevamenti di pollame in alcuni Paesi europei. Tale trattamento non autorizzato ha comportato una contaminazione delle uova prodotte dalle galline presenti in stabilimenti non italiani. Allo stato attuale non risulta, peraltro, che si siano manifestati in alcun Paese dell’Unione casi di intossicazione umana legata all’utilizzo delle uova contaminate; tale evenienza è peraltro poco probabile, in considerazione del livello di contaminazione rilevato e del normale consumo medio di uova nella popolazione europea. In ogni caso il Ministero, a partire dall’8 agostoin stretta collaborazione con le autorità sanitarie regionali e i Carabinieri Nas, ha messo in atto misure per la gestione delle segnalazioni pervenute tramite il sistema di allerta RASFF, che riguardano anche l’Italia; si sono messe in atto le procedure per l’identificazione, il blocco e l’eventuale rintraccio delle partite. 
Inoltre è stato avviato dall’11 agosto, sul territorio nazionale, un piano straordinario di verifiche con campionamento di carni di pollame, uova e prodotti derivati, nonché di prodotti alimentari contenenti uova o derivati, per la ricerca del fipronil.

La depressione è ancora oggi una malattia frequente e debilitante che ha bisogno di strategie terapeutiche più efficaci. L’Organizzazione mondiale della sanità l’ha classificata tra le emergenze sanitarie internazionali.
Uno studio coordinato dalla Sapienza e dall’Istituto Superiore di Sanità ha scoperto il ruolo fondamentale dell’ambiente nel trattamento farmacologico della malattia, dimostrando sul modello murino che l’effetto della terapia può variare a seconda del contesto ambientale in cui essa viene somministrata.
La ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica Molecular Pshychiatry, è coordinata da Laura Maggi e da Cristina Limatola del Dipartimento di Fisiologia e Farmacologia della Sapienza e da Igor Branchi dell’Istituto superiore di Sanità, in collaborazione con Silvia Alboni dell’Università di Modena e Reggio Emilia (Unimore) e l’Università di Zurigo.
I ricercatori hanno dimostrato che quando il farmaco viene somministrato in un ambiente ricco di stimoli si verifica, a livello cerebrale, un aumento del supporto neurotrofico nell’ippocampo e un effetto di normalizzazione della funzionalità dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene. Al contrario, quando il farmaco viene somministrato in un ambiente stressante si osserva un peggioramento del fenotipo comportamentale, un aumento della plasticità cerebrale e una riduzione della neurogenesi nell’ippocampo.
“La capacità di identificare la qualità dell’ambiente come fattore importante nel dirigere l’effetto di un trattamento antidepressivo - sostiene Laura Maggi - potrebbe rappresentare una svolta importante per il miglioramento della terapia della depressione”.

Il deficit di comunicazione e di interazione sociale sono considerati elementi distintivi delle condizioni dello spettro autistico (ASC); nessuno studio aveva però dimostrato finora sperimentalmente la sussistenza di queste caratteristiche nelle persone autistiche impegnate in attività di cooperazione e azione congiunta. 
Un team del Laboratorio di Neuroscienze sociali e cognitive della Sapienza, in collaborazione con l’ IRCCS Fondazione Santa Lucia e l’Università di Milano Bicocca, ha condotto per la prima volta un esperimento su un campione di 16 coppie composte da una persona autistica e da una priva di disturbi dello spettro autistico (cosiddetta neurotipica), entrambi senza disabilità cognitiva.
Alle coppie è stato chiesto di afferrare un oggetto il più contemporaneamente possibile. In particolare ad un partecipante veniva detto dove afferrare l’oggetto mentre all’altro di imitare il movimento del compagno o di compiere un gesto opposto. Inoltre, come compito di controllo, i partecipanti dovevano sincronizzarsi con uno stimolo non umano.

Ricercatori dell’Istituto di genetica e biofisica del Cnr di Napoli, in collaborazione con Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma e Università di Ferrara, hanno scoperto meccanismi di trasmissione della malattia genetica non solo materni: anche i padri possono trasmetterla, a causa del ‘mosaicismo’ che caratterizza il Dna di maschi affetti. Lo studio, pubblicato sulla rivista Pediatrics, delinea nuove prospettive di diagnosi molecolare

 

Una ricerca dell’Istituto di genetica e biofisica ‘Adriano Buzzati-Traverso’ del Consiglio nazionale delle ricerche di Napoli (Igb-Cnr), condotta in collaborazione con l’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma e con l’Università di Ferrara, ha scoperto che l’ereditarietà dell’Incontinentia pigmenti (IP; OMIM#308300) non è solo materna: le forme familiari della malattia genetica rara che colpisce le bambine possono, infatti, essere trasmesse anche dal padre. Lo studio è pubblicato sulla rivista internazionale Pediatrics. “Questa malattia è letale nei maschi: per questo si è sempre ritenuto che l’eredità fosse solo materna. Le pochissime eccezioni documentate di maschi con Incontinentia pigmenti sopravvivono perché la mutazione stabilisce nelle cellule somatiche una situazione di ‘mosaicismo’, cioè l’espressione contemporanea di diversi patrimoni genetici nello stesso individuo”, spiega Matilde Valeria Ursini dell’Igb-Cnr, coordinatrice dello studio. “In pratica, i bambini di sesso maschile non ereditano la malattia dai genitori ma la mutazione avviene nelle cellule del feto maschio. In questi pazienti la possibilità di diagnosticare la presenza delle cellule malate nel sangue periferico era fino ad oggi assai scarsa”.

 

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