Il compositore della bellissima “Rapsodia in blue”, dell’opera “Porgy and Bess”, e di tante bellissime canzoni e colonne sonore di film americani, soffrì moltissimo a causa di un brutto male al cervello che lo colpì quando aveva meno di 39 anni.
L’intervento che non gli salvò la vita fu lungo e difficile, e presentò molti inconvenienti di natura medica e chirurgica, nonostante ad eseguirlo fosse un neurochirurgo americano d’indubbia fama ed esperienza.

 

L’Ateneo coordina una ricerca europea per lo studio di nanoparticelle in grado di superare le barriere biologiche e veicolare con successo il farmaco in caso di tumori, malattie neurodegenerative, fibrosi cistiche e malattie polmonari. Il progetto NABBA ha ricevuto un finanziamento di 3 milioni di euro nell’ambito di Horizon2020.

 

Milano, 2 ottobre 2014 – L’Università di Milano-Bicocca sarà capofila del progetto europeo NABBA "Design and development of advanced NAnomedicines to overcome Biological BArriers and to treat severe diseases" finanziato con 3 milioni di euro dalla Commissione Europea nell'ambito del programma Marie Sklodowska Curie. Scopo del progetto la realizzazione di nanoparticelle in grado di trasportare farmaci con successo attraverso le barriere biologiche. NABBA è tra i primi del nuovo programma di ricerca Horizon2020 a vedere l’ateneo milanese come capofila.

L’edema maculare diabetico (DME) è una grave complicanza della retinopatia diabetica, una malattia oculare che colpisce nel tempo la maggior parte dei pazienti affetti da diabete. Il DME causa danni molto gravi alla macula, la regione centrale della retina responsabile della visione distinta, che ci permette di svolgere tutte le azioni quotidiane più importanti, quali leggere, guidare e riconoscere i dettagli più fini. Questa patologia è causata dall’alterazione della permeabilità dei vasi sanguigni della retina, che causa la fuoriuscita di sangue o fluidi al di sotto della macula. Con il passare del tempo, si forma un accumulo di liquidi al di sotto della macula – una condizione indicata come edema maculare diabetico – che porta ad un danno strutturale della macula stessa. I sintomi percepiti dal paziente in presenza di DME consistono in una visione offuscata ed una perdita della visione spesso progressiva, che può giungere fine alla cecità legale. Il DME colpisce soggetti diabetici di tutte le età ed è la principale causa di cecità legale nelle persone in età lavorativa nei Paesi tecnologicamente avanzati; essa assume pertanto una grande rilevanza dal punto di vista socio-economico.

La degenerazione maculare legata all’età (AMD) è una patologia dell’occhio che colpisce prevalentemente le persone al di sopra dei 60 anni di età. La AMD può presentarsi in due forme: la AMD atrofica, meno grave ed a lente evoluzione, e la AMD essudativa o neovascolare, più aggressiva e pericolosa e con decorso molto rapido. La AMD essudativa causa danni alla macula, la regione della retina responsabile della visione centrale, ossia la visione fine e dettagliata che permette di riconoscere un volto, leggere, guidare e così via. Oggi sono a disposizione diversi farmaci in grado di contrastare i meccanismi cellulari e molecolari responsabili del grave danno arrecato dalla AMD essudativa.

Uno studio dell’Università di Milano-Bicocca, in collaborazione con l’Azienda Ospedaliera Niguarda Cà Granda e l’Università di Pavia, spiega che le cure per l’Alzheimer non possono essere tutte uguali. Centrare la terapia garantirebbe una qualità di vita migliore al paziente e permetterebbe di tagliare i costi della spesa sanitaria. Per individuare il farmaco giusto, basta una risonanza magnetica.

Milano, 16 maggio 2012 – Il nostro cervello è in grado di rispondere alla terapia farmacologica contro l’Alzheimer? Una risonanza magnetica può dirlo. Lo studio condotto dal Dipartimento di Psicologia dell’Università di Milano-Bicocca, in collaborazione con l’Azienda Ospedaliera Niguarda Cà Granda e il Dipartimento di Psicologia dell’Università di Pavia (professoressa Gabriella Bottini), pubblicato sulla rivista Behavioral Neurology, ha dimostrato che i pazienti che subiscono un progressivo peggioramento della malattia, nonostante il trattamento farmacologico con inibitori dell’acetilcolinesterasi - principio attivo utilizzato in larga misura nella terapia per contrastare l’Alzheimer -, hanno una significativa atrofia dei nuclei profondi del cervello colinergici e dei fasci di sostanza bianca circostanti.

In uno studio pubblicato sull'ultimo numero di African Journal of Pharmacy and Pharmacology, Roger Bate, direttore dell'associazione no-profit Africa Fighting Malaria, mette a confronto alcune tecnologie usate per smascherare i farmaci contraffatti, ossia quelle medicine che, secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità, “non concordano con provenienza e descrizione riportate sull'etichetta e sulla confezione”. Nel 2003 l'OMS ha calcolato che su un milione di persone che ogni anno muoiono a causa della malaria, 200.000 potrebbero essere salvate “se i farmaci antimalarici fossero efficaci, di buona qualità e usati correttamente”. Oltre il 30% delle medicine presenti sul mercato  in molti Paesi dell'Africa, invece, non rispetta gli standard di sicurezza. Secondo i dati raccolti da Bate e dalla sua équipe, la percentuale sarebbe ancora più alta: su un campione di farmaci antimalarici, antibiotici e antimicobatterici prelevati in India e in 5 Paesi dell'Africa, quasi la metà non supera i test di qualità. In alcuni casi, osserva Bate, questi risultati dipendono dal fatto che i farmaci vengono trasportati e conservati in condizioni igienico-sanitarie inadeguate. Vaccini, antibiotici e antimalarici, infatti, si degradano facilmente quando sono esposti per lunghi periodi all'umidità, alle variazioni di temperatura e alla luce del sole.

Secondo un recente studio, 1,1 milioni di persone nella Repubblica Centrafricana rischiano la fame mentre la situazione potrebbe peggiorare a causa dei raccolti ridotti e di una drastica riduzione delle attività economiche a seguito di mesi di violenze nel paese.

Una missione di verifica della sicurezza alimentare d’emergenza, condotta congiuntamente dalle Nazioni Unite, dalle organizzazioni non-governative e dal governo della Repubblica Centrafricana, riporta come 1,1 milioni di persone, circa il 30 per cento della popolazione che vive fuori della capitale Bangui, sia impossibilitato a sfamarsi in maniera regolare o necessiti di assistenza alimentare.

Almeno la metà degli stimati 395.000 sfollati nella Repubblica Centrafricana non ha accesso ad una quantità sufficiente di cibo sano e nutriente, necessario per condurre una vita attiva e in salute.

 

Articolo pubblicato il 19-04-2006
di Walter Pasini
Direttore centro OMS Medicina del turismo
Numero 27 - Anno 3
19 Aprile 2006

La diarrea del viaggiatore: adesso c'è un vaccino per prevenirla

Il viaggiatore che si reca all’estero, soprattutto in Paesi con standard igienico-sanitari diversi da quello di provenienza, dovrebbe essere consapevole dei rischi di salute che il viaggio può comportare.

Tra questi rischi, quello di contrarre malattie infettive, di diversa gravità, è forse il più importante. La medicina dei viaggi comprende questa ed altre tematiche che, per limiti di spazio, non possono essere trattate in questo articolo.

Selezioneremo dunque un solo argomento, quello che riguarda il numero più grande di viaggiatori. C’è infatti un problema con cui prima o poi la stragrande maggioranza dei viaggiatori si imbatte, un problema generalmente non grave in termini di salute ma comunque in grado di rovinare una vacanza.

Era da molti anni che l’Organizzazione Mondiale della Sanità metteva in guardia gli Stati dal pericolo di una pandemia influenzale. E’ noto infatti che, periodicamente si verificano epidemie a carattere globale, di maggiore aggressività a causa dell’emergenza di nuovi ceppi virali, prodottisi per il riassortimento tra virus umani ed aviari specie in animali some i suini o per mutazioni profonde del virus influenzale umano stesso.

La presenza di focolai multipli in Messico e la segnalazione crescente di nuovi casi negli Stati Uniti d’America ed in 80 altri paesi lasciano intendere che la  diffusione dell’influenza da virus suino A/H1N1 sarà molto estesa. Considerando che ogni anno si registrano più di 800 milioni di arrivi alle frontiere internazionali, sarà molto difficile evitare che l’epidemia si propaghi velocemente in tutto il mondo. Come dimostrato recentemente dalla SARS, i viaggi internazionali rappresentano oggi,molto più che un tempo, un mezzo di rapida diffusione del contagio, soprattutto in caso di malattie trasmesse per via aerea, come l’influenza.

L’uso di radiazioni in esami medici è la maggior fonte artificiale di esposizione a radiazioni e superiore a quella dovuta alle sorgenti di radioattività naturale. Le fonti mediche di radiazione erano circa un quinto della radiazione naturale nel 1987, si avvicinavano al 50% nel 1993 e sono arrivate oggi a oltre il 100% della radiazione naturale nei paesi industrializzati.
Uno studio recente, finanziato dal governo federale statunitense e realizzato dal National Council on Radiation Protection,  ha riportato che negli Stati Uniti il numero di tomografie computerizzate (TAC) effettuate nel 2006 ha raggiunto i 62 milioni, un dato venti volte superiore a quello del 1980. Nello stesso periodo di tempo gli esami di medicina nucleare con l’impiego di traccianti radioattivi sono triplicati (Mettler FA et al. Health Phys. 2008).
Gli attuali standard radioprotezionistici e le conseguenti pratiche radiologiche sono basati sulla premessa che qualunque dose di radiazione- non importa quanto piccola- può risultare in effetti clinici a lungo termine, quali  cancro, leucemia ed  effetti ereditari.
In accordo alle ultime aggiornate e autorevolissime stime del Comitato per lo Studio degli Effetti Biologici delle radiazioni ionizzanti BEIR VII  (Biological Effects of Ionizing Radiation, BEIR VII 2006), per una singola esposizione a 15 mSv -corrispondente a 750 radiografie al torace (Picano BMJ 2004)- di un’angio-TAC coronarica la stima di rischio di cancro è pari a 1 su 750 pazienti esposti.
E’ importante sottolineare che il rischio di cancro varia molto in funzione dell’età (minore nell’anziano rispetto all’adulto) e del sesso (maggiore nella donna rispetto all’uomo, a tutte le età della vita). I bambini sono a rischio molto più alto rispetto agli adulti perché hanno cellule in divisione rapida e hanno una maggiore aspettativa di vita al momento dell’esposizione. Per una stessa esposizione radiologica, il bambino di 1 anno ha una probabilità 10-15 volte maggiore rispetto all’adulto di 50 anni di sviluppare un cancro.

 

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