Giornata mondiale di sensibilizzazione sugli antibiotici (13-19 novembre 2017)

 

 In occasione della Settimana Mondiale di sensibilizzazione sugli antibiotici (13-19 novembre 2017), la FAO, l'Organizzazione Mondiale per la Salute Animale (OIE) e l'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) insieme lanciano un appello per un uso responsabile degli antibiotici negli esseri umani e negli animali, per ridurre l'emergere di una crescente resistenza ad essi.
 La resistenza agli antibiotici è salita a livelli pericolosamente elevati in tutte le parti del mondo e minaccia la nostra capacità di trattare comuni malattie infettive. Le infezioni che colpiscono le persone - tra queste la polmonite, la tubercolosi, l'avvelenamento del sangue e la gonorrea - e gli animali stanno diventando sempre più difficili e talvolta impossibili da trattare quando gli antibiotici diventano meno efficaci.
 Gli antibiotici sono spesso sovra-prescritti da medici e veterinari e abusati dal pubblico. Dove possono essere acquistati per uso umano o animale senza prescrizione, l'emergere e la diffusione della resistenza ad essi è peggiorata. Esempi di un uso improprio comprendono l'assunzione di antibiotici per infezioni virali come raffreddori e influenza, e il loro impiego come promotori di crescita animale in aziende agricole o nell'acquacoltura.
 
 
Svelato un nuovo segreto del successo degli atleti. Non sono solo dieta e preparazione atletica a fare la differenza ma anche il loro microbiota intestinale, cioe' i miliardi di germi (batteri in gran parte ma anche virus e funghi) che tutti alberghiamo nel nostro intestino. L'analisi genomica del microbiota potrebbe fornire insomma un giorno non solo la carta di identita' del nuovo Usain Bolt, ma anche contribuire a migliorare le performance di atleti e gente comune, somministrando loro la carta 'biologica' vincente degli atleti, sotto forma di probiotico 'di talento'. Si perche' il microbiota degli atleti e' 'avanti', brucia meglio i carboidrati, sintetizza piu' aminoacidi, sa come disfarsi in tempo record dell'insidioso acido lattico che si accumula nei muscoli dopo una gara. E forse giova anche alla lucidita' mente, secondo il vecchio adagio 'mens sana in corpore sano'.

Osservata per la prima volta, grazie a una collaborazione internazionale tra Ibbr-Cnr, Cnrs, Università di Napoli Federico II e Tigem, la struttura dell’enzima alfa-glucosidasi acida, la cui carenza caratterizza la grave patologia genetica che colpisce muscoli scheletrici e cuore. Lo studio, pubblicato su Nature Communications, apre nuove prospettive di cura

 

Avanzamenti importanti in arrivo per una delle patologie genetiche rare più comuni, la malattia di Pompe (dal nome del medico olandese che la descrisse per primo), che riguarda circa 10.000 individui nel mondo e circa 300 persone stimate in Italia con effetti devastanti su muscoli scheletrici e cuore difficili da curare. La malattia si manifesta quando l’organismo non produce quantità sufficienti dell’enzima alfa-glucosidasi acida (Gaa) che in condizioni normali permette la degradazione di una sostanza chiamata glicogeno. Ora un team internazionale di scienziati coordinato dal Centre National de la Recherche Scientifique (Cnrs) di Marsiglia, l’Istituto di bioscienze e biorisorse del Consiglio nazionale delle ricerche (Ibbr-Cnr), l’Università di Napoli 'Federico II' ed il Telethon Institute of Genetics and Medicine (Tigem) di Napoli, per la prima volta ha descritto la struttura di questo enzima riuscendo anche a identificare molecole che possono prevenirne l’inattivazione che determina la patologia. I risultati sono pubblicati sulla rivista Nature Communications.

Un team di ricerca internazionale che coinvolge l’Ispaam-Cnr spiega in uno lavoro pubblicato su Nature Communications e finanziato da Airc perché le cellule tumorali resistono ai farmaci chemioterapici in alcune patologie oncologiche, aprendo prospettive per lo studio e la messa a punto di nuove cure che rendano le cellule malate più sensibili a chemio e radio

 

Uno studio pubblicato sulla rivista Nature Communications cui ha partecipato l’Istituto per il sistema produzione animale in ambiente mediterraneo del Consiglio nazionale delle ricerche (Ispaam-Cnr) di Napoli getta nuova luce su alcuni meccanismi molecolari responsabili della resistenza delle cellule tumorali alla chemio e radioterapia.

“Applicando moderne tecniche di analisi genomica e proteomica abbiamo individuato un nuovo meccanismo funzionale della proteina Ape1, un enzima di riparazione del danno al Dna che contribuisce al processo di instabilità genetica associata a diversi tumori, come quelli che colpiscono seno, ovaie e il cervello (glioblastoma), scoprendo un nuovo ruolo nel processo di tumorigenesi”, spiega Andrea Scaloni, direttore dell’Ispaam-Cnr dove, grazie alle strumentazioni presenti, sono stati svolti gli studi di proteomica del lavoro. “Abbiamo capito che la proteina Ape1 è in grado di regolare il processamento dei microRna, piccole molecole dell’acido ribonucleico (Rna), contribuendo alla regolazione dell’espressione di geni coinvolti nei fenomeni di chemioresistenza. Inoltre abbiamo evidenziato come questa proteina, interagendo con molte altre, giochi un ruolo importante nello sviluppo del cancro”.

 

Aspetti epidemiologici dell’infezione da Hpv

 

Figura 1: Prevalenza delle infezioni da Hpv per classe d’età nella popolazione generale in Italia

 

 L’infezione da Hpv è estremamente frequente nella popolazione: si stima, infatti, che fino all’80% delle donne sessualmente attive si infetti nel corso della propria vita con un virus Hpv di qualunque tipo, e che oltre il 50% si infetti con un tipo ad alto rischio oncogeno. Una revisione sistematica di studi condotti in Italia [1] ha rilevato una prevalenza di Hpv oncogeni nella popolazione generale pari all’8%, senza differenze sostanziali fra Sud, Centro e Nord. È opportuno sottolineare che il calcolo di questa prevalenza ha considerato solo gli studi con campione casuale della popolazione; infatti gli studi che reclutano donne che si presentano spontaneamente a un ambulatorio ginecologico riportano una stima di prevalenza generalmente più alta degli studi che reclutano le donne in base a un invito attivo della popolazione generale. Questo probabilmente, è dovuto al fatto che le donne che accedono spontaneamente agli ambulatori ginecologici hanno, in proporzione variabile, pregressi Pap test positivi.

 

Le disabilità intellettive sono spesso causate da difetti genetici. Un recente studio dellIstituto di neuroscienze del Cnr di Milano, ha dimostrato che negli affetti dalla mutazione del gene TM4SF2, lazione di una particolare molecola è in grado di migliorare lattività cerebrale, favorendo il corretto transito cellulare del neurotrasmettitore glutammato. Il lavoro pubblicato su Cerebral Cortex

 

I disordini dello sviluppo intellettivo si manifestano durante i primi anni di vita, provocando deficit cognitivi nellambito della socializzazione e delle capacità pratiche. Le cause più frequenti legate allinsorgenza di queste patologie sono i disturbi genetici, tra cui, le mutazioni di geni localizzati sul cromosoma X, come quelle che riguardano il gene TM4SF2. Questo gene reca linformazione necessaria per la produzione della proteina TSPAN7, in assenza della quale vengono alterati numerosi processi cellulari, provocando squilibri intellettivi nella popolazione degli affetti.

 
Sono uno dei principali problemi per i pazienti oncologi, nonostante la maggiore efficacia, le terapie come chemio, radio e i nuovi farmaci biologici presentano un alto costo da pagare per circa l'80% dei pazienti: l'insorgenza di effetti collaterali e danni a livello cutaneo. In particolare i nuovi biologici che hanno modificato la prognosi, agiscono attraverso l'inibizione dei fattori di crescita che sono molto espressi a livello cutaneo. Le manifestazioni sono di vari livelli di gravita' e comprendono un ampio spettro di condizioni: dermatiti, xerosi ossia la secchezza cutanea, mucositi, fissurazioni e vere e proprie ragadi, rash cutanei, infiammazione dei follicoli piliferi, granulomi, alterazioni delle unghie.
 "Prevenire questi effetti collaterali non solo e' possibile ma comporta un drastico miglioramento della qualita' di vita dei malati e si affianca ad una maggiore aderenza alle cure. E' necessario quindi una maggiore consapevolezza da parte degli oncologi della necessita' di essere affiancati dai dermatologi gia' prima dell'inizio delle terapie con un protocollo di 'accudimento cutaneo' che prepari la pelle allo stress estremo che la attende. Il principio base e' quello di impedire la rottura della barriera cornea e degli effetti a cascata che ne derivano", spiega la dottoressa Maria Concetta Pucci Romano, Specialista in Dermatologia e presidente del Board Il Corpo Ritrovato, responsabile ambulatorio dedicato all'ospedale S. Camillo di Roma. Mentre durante e successivamente e' possibile minimizzare gli effetti con prodotti topici arricchiti di grassi come unguenti e pomate che aiutano l'idratazione, una detersione corretta, l'uso di acque termali per lenire e diminuire l'infiammazione, antibiotici locali (per l'aumentata incidenza di infezioni) e sostanze antiossidanti come la vitamina E.

Si chiama “A third less” e fornisce indicazioni sull’alimentazione da seguire e sull’attività fisica da svolgere attraverso contenuti multimediali. È stata realizzata da un team coordinato dall’Istituto di Neuroscienze del Cnr, con il supporto dell’Università di Padova e dell’Istituto Oncologico Veneto e sponsorizzato da Takeda

 

Avere a disposizione sul proprio cellulare indicazioni utili a prevenire il tumore. È possibile grazie a “A third less”, la App multipiattaforma (Ios, Android, Windows Phone) attiva e scaricabile gratuitamente. A realizzarla il Consorzio di ricerca Luigi Amaducci, tramite un team coordinato dall’Istituto di neuroscienze del Consiglio nazionale delle ricerche (In-Cnr) e composto anche da Università di Padova (Dipartimento di Neuroscienze; Unità operativa di riabilitazione ortopedica), Istituto Oncologico Veneto e azienda Openview, con la sponsorizzazione di Takeda.

“L’applicazione offre un aiuto nella riduzione del rischio di ammalarsi, fornendo indicazioni sull’alimentazione da seguire, sull’attività fisica da praticare e aiutando a mantenere il peso forma. Ogni utente ha un suo avatar che deve trasformare in un ‘supereroe’ della salute, inserendo nella App informazioni circa i cibi che assume e lo sport che pratica”, spiega Stefania Maggi dell’In-Cnr, coordinatrice del board del progetto insieme a Gaetano Crepaldi e a Marianna Noale. Secondo l’analisi condotta dal World Cancer Research Fund/American Institute for Cancer Research circa un terzo delle più comuni forme di tumore potrebbe essere evitato attraverso uno stile di vita sano, con vantaggi anche per la prevenzione di altre malattie, prime tra tutte quelle cardiovascolari. Da qui, il nome dell’app ‘A third less’. “Le scelte nutrizionali possono influenzare la formazione del cancro a diversi livelli, ad esempio interferendo nella proliferazione, differenziazione e morte delle cellule, nell’espressione degli oncogeni e degli oncosoppressori. Anche una regolare attività fisica sembra associata a un ridotto rischio di tumori del colon e della mammella e a una diminuzione del rischio per prostata, polmone e utero”, prosegue Maggi.

Che il mirtillo coltivato facesse bene alla salute già si sapeva, è noto infatti essere una straordinaria fonte di composti bioattivi, le antocianine. Tuttavia nei laboratori dell'Istituto Agrario di San Michele all'Adige si è scoperto che questi piccoli frutti contengono altre sostanze molto preziose: i flavonoli glicosidi, in particolare la quercetina, una classe di composti naturali noti per le loro proprietà antiossidanti, anticancerogene e di protezione dalle malattie coronariche. 
Lo studio, durato quattro anni e finanziato dalla Provincia autonoma di Trento, è stato pubblicato  sulla rivista scientifica americana Journal of food composition and analysis. L'articolo firmato da Urska Vrhovsek, Domenico Masuero, Luisa Palmieri e Fulvio Mattivi riguarda appunto l'identificazione e la quantificazione dei flavonoli glicosidi nelle differenti coltivazioni di mirtillo. 



A seguito dei casi di Chikungunya che sono stati confermati a Roma è stato deciso il blocco delle donazioni di sangue ed emocomponenti nella Asl 2 del comune di Roma, insieme ad una ulteriore serie di misure cautelative. Lo comunica il Centro Nazionale Sangue - Istituto Superiore di Sanità, che ha già attivato tutte le procedure per sopperire alle eventuali carenze.

La sospensione totale delle donazioni riguarda solo la Asl 2 del comune di Roma e il comune di Anzio, oggetto di un focolaio confermato nei giorni scorsi. Nel resto del comune di Roma la donazione è consentita con una quarantena di 5 giorni. In tutte le altre aree della Regione, in base all'assunzione di un minor livello di rischio di infezione, al sangue raccolto verrà applicata la quarantena di 5 giorni se il donatore ha soggiornato nella Asl Roma 2 o ad Anzio. A livello nazionale i donatori che hanno soggiornato nei comuni interessati saranno invece sospesi per 28 giorni. "Sono state attivate tutte le misure possibili per evitare eventuali carenze a Roma - spiega il direttore del Centro Giancarlo Maria Liumbruno -, a partire dalla mobilitazione delle scorte accantonate per le maxiemergenze. Sia nel Lazio che nelle altre Regioni è già partita una gara di solidarietà che coinvolge sia le istituzioni che le associazioni dei donatori, che saranno coinvolti in una serie di raccolte straordinarie per aiutare il Lazio". Nella Regione vengono raccolte circa 15mila unità di sangue al mese, di cui almeno 11mila nella sola provincia di Roma. La Capitale raccoglie nei suoi ospedali molti pazienti da altre regioni, soprattutto del sud, e sono presenti circa 400 pazienti talassemici che necessitano di trasfusioni periodiche, e ha un fabbisogno di 400-450 unità di globuli rossi al giorno.

 

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