Una recente ricerca condotta presso la School of Natural Sciences del Trinity College Dublin, ha messo in luce una connessione precedentemente poco esplorata tra le microplastiche dei glitter in polietilene tereftalato (PET) e processi geochimici marini. Lo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Environmental Sciences Europe, dimostra che le microplastiche derivanti da glitter a base di PET possono agire attivamente come promotori della cristallizzazione di minerali di carbonato di calcio (CaCO₃) in ambienti acquatici salini.
Questa scoperta solleva nuove preoccupazioni riguardo l'impatto a lungo termine
dell'inquinamento da microplastiche sugli ecosistemi marini, in particolare sugli organismi calcificanti.

 

 

La diffusa contaminazione delle risorse idriche statunitensi da PFAS (sostanze poli- e per-fluoroalchiliche), noti anche come "forever chemicals", prodotti chimici eterni, rappresentano una crescente preoccupazione per la salute pubblica e per la comunità scientifica internazionale.
Un recente studio pubblicato sul Journal of Exposure Science and Environmental Epidemiology [1] ha ora stabilito un'associazione tra: l'esposizione a livelli elevati di PFAS nell'acqua potabile a livello di contea e l'aumento dell'incidenza di specifiche neoplasie, alcune delle quali rare.


Una ricerca coordinata dall’Istituto per la bioeconomia del Cnr e dall’Università degli Studi diMilano ha messo in evidenza le proprietà dell’estratto di arancia rossa nel mitigare gli effetti della patologia. Lo studio, pubblicato su Biomedicines, consente un’ulteriore valorizzazione di questi agrumi, attraverso l’utilizzo dei sottoprodotti per le terapie in ambito neurologico.


Scarti di arance rosse siciliane elaborati e utilizzabili come supporto nella cura dell’encefalopatia epatica (o MHE), patologia neurologica che può verificarsi in caso di insufficienza epatica. È quanto rivela uno studio in vivo coordinato dall’Istituto per la bioeconomia del Cnr di Firenze (Cnr-Ibe) assieme all’Università degli Studi di Milano, a cui hanno partecipato altri partner italiani e cinesi. I risultati della ricerca, finanziata dall’azienda Alfasigma, sono stati pubblicati sulla rivista Biomedicines.


Team internazionale di ricerca mette a punto nuovo metodo per estrarre “l’impronta molecolare” delle aree cerebrali profonde.
Un nuovo metodo sperimentale che permette di identificare un’impronta molecolare del tessuto cerebrale in aree remote del cervello apre nuove strade per lo studio del sistema nervoso centrale.
Un gruppo di istituti di ricerca e università che include l’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) nei Centri di Lecce e Genova, il Dipartimento di Fisica e Astronomia dell’Università di Padova, l’Università del Salento, l'Università 'Magna Graecia' di Catanzaro e il Politecnico di Bari, ha individuato un approccio innovativo per analizzare la composizione molecolare del tessuto neurale, estraendone un’impronta digitale che permette di valutarne caratteristiche sia fisiologiche che patologiche.


Lo studio è stato pubblicato sulla rivista scientifica internazionale Nature Methods, ed è stato eseguito anche in collaborazione con il Centro National de Investigaciones Oncologicas e il Consejo Superior de Investigaciones Cientificas - Instituto Cajal di Madrid.

 

Esaminati oltre 3800 pazienti in 27 paesi diversi.

L’insufficienza renale acuta (AKI) è una delle complicanze più gravi in pazienti con cirrosi epatica e la sua prevenzione e trattamento rappresenta una priorità nella gestione di questi pazienti.

Un ampio studio internazionale pubblicato su «The Lancet Gastroenterology & Hepatology» ha analizzato questa condizione in oltre 3.800 pazienti ricoverati per cirrosi scompensata in 65 ospedali di 27 paesi, su cinque continenti. Si tratta del più grande studio mai condotto sull’argomento e ha evidenziato differenze significative nel modo in cui questa condizione viene trattata nel mondo. Questi risultati possono contribuire a migliorare le strategie di cura e ottimizzare la gestione clinica dei pazienti.

 

Le cellule con attività elettrofisiologica ottenute all'Università dei Paesi Baschi (UPV/EHU) stanno aprendo nuove strade per lo studio delle malattie neurodegenerative e lo sviluppo di futuri trapianti autologhi. Uno studio della UPV/EHU pubblicato nella prestigiosa rivista Stem Cell Research & Therapy ha dimostrato che le cellule staminali estratte dalla polpa dentale umana possono essere trasformate in cellule neuronali eccitabili e ha evidenziato il potenziale di queste cellule facilmente accessibili per l'ingegneria dei tessuti nervosi. Questa scoperta consentirà di promuovere i progressi nella terapia cellulare per il trattamento di varie malattie neurodegenerative, come la malattia di Huntington e l'epilessia.


La ricerca, coordinata dal Centro Sclerosi Multipla della Sapienza, Azienda Ospedaliero-Universitaria Sant’Andrea, evidenzia i meccanismi che legano il virus alla malattia e apre la strada a una vaccinazione selettiva e a nuove terapie. Lo studio, finanziato dall’Associazione Italiana Sclerosi Multipla, è stato pubblicato sulla rivista “PNAS” (Proceedings of the National Academy of Sciences)
La recente dimostrazione di un nesso causale fra virus di Epstein Barr (EBV) e sclerosi multipla ha aperto nuove prospettive non solo per curare ma anche per prevenire questa malattia.

Soprattutto per quanto riguarda la prevenzione, un vaccino contro l’EBV rappresenta l’approccio più logico.

Tuttavia, poiché il virus infetta “naturalmente” - e senza particolari conseguenze - più del 90% della popolazione adulta, vaccinare “a tappeto” può non essere semplice, anche per problematiche di accettazione, come la recente pandemia ha insegnato.


Quando il più grande deserto del mondo era una terra fertile e ricca di vegetazione, i suoi abitanti erano pastori che discendevano da un gruppo genetico nordafricano a lungo isolato e poi estinto. Uno studio internazionale pubblicato su Nature, svela la storia genetica degli abitanti del Sahara centrale durante il periodo umido africano
Un team internazionale guidato da ricercatori della Missione archeologica nel Sahara della Sapienza Università di Roma e dal Max Planck Institute for Evolutionary Anthropology di Lipsia, ha sequenziato i primi genomi antichi del cosiddetto “Sahara Verde”, un'epoca compresa tra 14.500 e 5.000 anni fa in cui il deserto del Sahara era una savana verde, ricca di specchi d’acqua che favorivano l'insediamento umano e la diffusione del pastoralismo.


Pubblicato da un team internazionale di ricercatori, tra cui Francesco Visioli del Dipartimento di Medicina Molecolare dell’Università di Padova, lo studio che dimostra come questo composto vegetale presente nell’olio extravergine di oliva aiuti a ridurre l’ossidazione del colesterolo LDL e prevenire malattie come l’aterosclerosi.


Un team internazionale di ricercatori dell’Università di Padova (Italia), dell’Istituto IMDEAAlimentacion (Madrid) e del CEBAS-CSIC (Murcia) ha pubblicato sulla rivista «Molecular Nutrition Food Research» uno studio in cui associa il consumo di idrossitirosolo, un composto vegetale presente nell’olio extravergine di oliva, a una riduzione dell’ossidazione del colesterolo LDL, noto anche come colesterolo “cattivo”.
La ricerca dimostra come determinati nutrienti o composti bioattivi presenti nella dieta influenzino l’epigenoma umano (che regola come i geni vengono attivati o disattivati in base a fattori ambientali, stili di vita e altre influenze esterne senza cambiare il codice genetico del DNA) e agiscano per prevenire varie malattie comuni come l’aterosclerosi. In particolare, lo studio fornisce nuove informazioni sugli effetti dell’idrossitirosolo, uno dei composti più attivi presenti nell’olio extravergine di oliva, che potrebbe agire nelle fasi iniziali dello sviluppo di queste patologie proteggendo dall’accumulo di grassi, colesterolo o altre sostanze nelle arterie.


La metagenomica in microbiologia, metodo diagnostico ‘del futuro’, entra nella pratica clinica dell’Ospedale e salva la vita a piccoli pazienti infettati da microrganismi insoliti.


Dal batterio della trota al fungo del grano: i microrganismi più insoliti o addirittura sconosciuti non sfuggono al nuovo approccio diagnostico basato sulla metagenomica, una tecnica di indagine genetica che all’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù è già realtà clinica e che ribalta il modo tradizionale di individuare e trattare le infezioni. Grazie all'integrazione tra sequenziamento genomico avanzato, intelligenza artificiale e competenze multidisciplinari, è infatti possibile identificare anche patogeni mai osservati prima, garantendo diagnosi rapide e terapie mirate per i piccoli pazienti, soprattutto quelli affetti da patologie che deprimono il sistema immunitario e che li rendono esposti a infezioni purtroppo anche fatali.

 

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