Il problema tenderà peraltro ad ampliarsi in prospettiva, evidenzia Barbara Zagaglia, in Algeria, Marocco e Tunisia che, “sotto l’ipotesi di un incremento continuo della speranza di vita, vedranno aumentare la popolazione in età lavorativa tra il 2015 e il 2030. Solo per mantenere costanti i già bassi tassi di occupazione, l’Algeria dovrà aggiungere ogni anno dai 126mila ai 231mila nuovi posti di lavoro, il Marocco dai 121mila ai 133mila, la Tunisia dai 281mila ai 392mila. Se questi obiettivi non saranno soddisfatti la strada della migrazione sarà assicurata”. I movimenti migratori si intrecciano peraltro con il dato secondo cui tra il 2008 e il 2015 in Italia, Spagna, Portogallo e Grecia “al tramonto della lunga e intensa crisi economica, i tassi di occupazione degli stranieri sono sensibilmente diminuiti dagli 8 ai 17 punti percentuali”, come osservano Corrado Bonifazi e Salvatore Strozza. “Mentre la disoccupazione degli stranieri ha assunto dimensioni notevoli: oltre il 16% in Italia, ma più del 30% in Grecia e in Spagna”.
Francesco Carchedi e Michele Colucci hanno inoltre tracciato un quadro storico, sottolineando che “non sono solo gli Stati nazionali a pianificare politiche migratorie”, ma “occorre guardare anche alle organizzazioni internazionali, alle organizzazioni non governative, alle organizzazioni criminali”. Il legame tra politiche migratorie e sviluppo, in particolare in Nord Africa e nel Sahel, è l’oggetto del capitolo di Marco Zupi, secondo il quale “la priorità dell’Ue si è focalizzata sulle migrazioni e il loro contenimento, a scapito di sviluppo sostenibile e inclusivo”, mentre sarebbe necessario “un sistema di governance multi-livello e di politiche territoriali”. Giorgia Giovannetti, Mauro Lanati e Alessandra Venturini si soffermano sulla migrazione dei lavoratori più qualificati (la cosiddetta fuga di cervelli o brain drain), rilevando come favorisca “la crescita delle esportazioni di prodotti a più alto contenuto tecnologico”.
Il capitolo di Roberto Aliboni tocca i punti nevralgici della crisi in atto nel Mediterraneo durante il 2016, quali “l’indebolimento a livello regionale dei paesi arabi ‘moderati’, il riflusso del jihadismo, il rafforzamento dell’Iran e dei suoi alleati, il protagonismo della Turchia e il ruolo sempre più egemone e pervasivo della Russia”. Il capitolo di Desirée Quagliarotti identifica le prospettive dell’economia verde dei Paesi nella regione euromediterranea, che “devono cominciare a pensare in termini di un approccio sistemico e integrato che sappia puntare sull’innovazione, su un uso efficiente delle risorse e sulla diffusione della conoscenza. Tutti fattori che potrebbero contribuire alla crescita, alla coesione sociale e all’incremento dell’occupazione”.
Alla presentazione del ‘Rapporto sulle economie del Mediterraneo 2017’, a cura di Eugenia Ferragina dell’Issm-Cnr, edito dal Mulino, interverranno: il Presidente del Consiglio Comunale di Napoli Alessandro Fucito, il direttore dell’Issm-Cnr Salvatore Capasso, il Presidente della Svimez e Presidente Emerito dell’Istituto Banco di Napoli Adriano Giannola, il docente di Geografia urbana e delle migrazioni internazionali Fabio Amato, il docente di Geografia politica della Luiss Alfonso Giordano, l’Assessore ai Fondi europei Campania Serena Angioli, il Presidente dell’Autorità di sistema portuale del Mar Tirreno centrale Pietro Spirito. Modera Marco Ferrazzoli, capo ufficio stampa del Cnr.
Roma, 31 gennaio 2018
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