Redazione

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Immagine del cristallo che cattura la luce

 


Come una foglia artificiale, un cristallo, in cui sono integrati motori molecolari e molecole fotosensibili, può catturare la luce e trasformarla in energia, utile a generare un moto rotatorio unidirezionale.

E’ questo il risultato dello studio condotto dal gruppo di ricercatori guidato da Angiolina Comotti, Professore Ordinario presso il Dipartimento di Scienza dei materiali dell’Università di Milano-Bicocca (www.mater.unimib.it), in collaborazione con il team del Professor Ben Feringa dell’Università di Groningen, Premio Nobel nel 2016 per la scoperta delle macchine molecolari.

La ricerca internazionale, pubblicata su “Journal of American Chemical Society” (doi.org/10.1021/jacs.0c03063), rappresenta un approccio innovativo poiché consente di attivare un motore molecolare, sfruttando una fonte di energia largamente disponibile, qual è la luce visibile. Si garantisce in questo modo un processo energeticamente sostenibile.


Un nuovo studio internazionale, che ha visto il coordinamento e la collaborazione di tre dipartimenti della Sapienza, ha dimostrato per la prima volta il coinvolgimento delle cellule Natural Killer (NK) nelle prime fasi di sviluppo della SLA. Il lavoro, pubblicato sulla rivista Nature Communications, suggerisce un nuovo possibile bersaglio terapeutico per lo sviluppo di cure mirate
La Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA) è una malattia neurodegenerativa rara che colpisce ogni anno 1 persona ogni 300.000 individui e porta alla perdita progressiva dei motoneuroni, con denervazione e atrofia dei muscoli scheletrici. Ad oggi non esiste una cura adeguata che riesca a prolungare o migliorare significativamente la vita dei pazienti.

Come per altre patologie del sistema nervoso, anche per lo studio della SLA è prevalsa in passato una visione neurocentrica, che ha ricercato esclusivamente nel neurone la spiegazione dei meccanismi alla base della patologia.Più recentemente, la ricerca ha focalizzato la sua attenzione anche sulle cellule della glia, che rappresentano una componente significativa sistema nervoso, e su quelle del sistema immunitario, dimostrando che i meccanismi infiammatori giocano un ruolo chiave nello sviluppo e nella progressione di questa e altre patologie neurodegenerative.

In un nuovo studio internazionale, al quale hanno preso parte i dipartimenti di Fisiologia e farmacologia, di Medicina molecolare e di Neuroscienze della Sapienza, è stato dimostrato come alcune cellule del sistema immunitario, chiamate Natural Killer (NK), invadendo il sistema nervoso centrale, giochino un ruolo chiave nella morte del motoneurone e nell’attivazione di meccanismi citotossici durante la progressione della SLA. I risultati del lavoro, che suggeriscono le cellule NK come un nuovo possibile bersaglio terapeutico, sono stati pubblicati sulla rivista Nature Communications.

 

La scoperta dell’Università di Pisa e del National Institutes of Health statunitense pubblicata sulla rivista scientifica Diabetes

 

 


“Mangio poco, come mai ingrasso? Sono a dieta perché non dimagrisco?” sono frasi che tutti abbiamo sentito o detto nella nostra vita almeno una volta. A venirci in aiuto per rispondere a queste domande, e magari a perdere peso, c’è un nuovo studio dell’Università di Pisa e del National Institutes of Health statunitense pubblicato sulla rivista scientifica “Diabetes” e inserito tra gli highlights (https://diabetes.diabetesjournals.org/content/69/2/129).

Secondo il team di scienziati, al di là di quello che mangiamo, è infatti il nostro specifico profilo metabolico (“brucia grassi” o “brucia carboidrati”) a determinare il mantenimento del nostro peso corporeo. In altre parole le persone con un metabolismo che tende a bruciare meno grassi sono più a rischio di sovrappeso e obesità dato che nel tempo tendono maggiormente ad ingrassare.

“Esistono differenti profili metabolici tra gli individui di una popolazione – spiega Paolo Piaggi, bioingegnere dell’Ateneo pisano e autore senior dello studio – ci sono soggetti più propensi a ossidare cioè a “bruciare” i grassi e altri più inclini a “bruciare” i carboidrati della dieta. Questi ultimi, come abbiamo scoperto, tendono a guadagnare più peso nel tempo dato che non consumano tutti i grassi ingeriti con la dieta (anche se seguono una dieta normocalorica) ma li immagazzinano nel corpo come tessuto adiposo, il quale nel tempo si espande e provoca un aumento di peso corporeo”.


Come l’anno scorso, i dati confermano che l’influenza sta aumentando a inizio 2020. I fattori ambientali che favoriscono il diffondersi dell’influenza sono molteplici: sbalzi termici, freddo invernale e la permanenza in ambienti troppo caldi e affollati al lavoro, a scuola e nei momenti di svago al chiuso.

In effetti, non è solo colpa delle rigide temperature. Con la ripresa della piena attività di scuole e uffici, le possibilità di contagio aumentano ed è prevedibile un incremento dei casi di influenza, che possono colpire sia l’apparato respiratorio che gastroenterico. Per questo motivo l’Osservatorio Grana Padano (OGP), con i suoi esperti, ha valutato le abitudini alimentari di circa 5500 italiani al fine di stilare i consigli per migliorare le difese immunitarie e affrontare al meglio l’influenza.


 Una nuova malattia genetica del neurosviluppo e' stata scoperta dai clinici e dai ricercatori dell'Ospedale pediatrico Bambino Gesu', in collaborazione con l'Universita' di Roma Tor Vergata e l'Universita' di Amburgo. Si tratta di una patologia ultra-rara, finora orfana di diagnosi, cui sono noti solo 3 casi al mondo, 2 dei quali seguiti dall'ospedale della Santa Sede. La scoperta e' stata pubblicata sulla rivista scientifica American Journal of Human Genetics.

Alla malattia e' stato dato il nome FHEIG, che rappresenta l'acronimo delle sue purtroppo gravi manifestazioni evidenti: Facial dismorfism, Hypertrichosis, Epilepsy, Intellectual disability/developmental delay and Gingival overgrowth (dismorfismo facciale, ipertricosi, epilessia, deficit intellettivo/ritardo dello sviluppo e ipertofia gengivale).

All'origine della sindrome di FHEIG - hanno scoperto i ricercatori - ci sono alcune mutazioni del gene KCNK4, che e' stato possibile individuare grazie alle moderne tecnologie di sequenziamento del Dna utilizzate nei laboratori di genomica del Bambino Gesu' della sede di San Paolo Fuori le Mura. Il gene KCNK4 porta le informazioni per la sintesi di una specifica proteina chiamata TRAAK, un canale del potassio. Il canale permette il flusso del potassio attraverso la membrana cellulare. Un'attivita' fondamentale per diverse funzioni della cellula, tra cui la trasmissione dei segnali elettrici cellulari decisivi per lo sviluppo e la funzione delle cellule nervose. "Gli approcci tradizionali sono inefficaci per caratterizzare le basi molecolari della maggioranza delle malattie genetiche- spiega il dottor Marco Tartaglia, responsabile dell'area di ricerca genetica e malattie rare del Bambino Gesu'- Questo perche' si tratta di malattie rarissime, spesso di casi sporadici, non di grandi famiglie che possono quindi essere sufficientemente ricche di informazioni per individuare la mutazione attraverso approcci tradizionali".



Abitano i nostri mari da 600 milioni di anni, il loro corpo è costituito dal 98 per cento di acqua ed è composto da una parte superiore, detta “ombrella”, dalla caratteristica forma a campana e da una parte inferiore, i tentacoli, più o meno lunghi a seconda delle specie. Le meduse sono le protagoniste della mostra che l’Università di Milano-Bicocca inaugurerà venerdì 19 ottobre presso l’edificio U6, nell’ambito delle celebrazioni del Ventennale dell’Ateneo, grazie alla collaborazione con l’Acquario di Genova, l’Acquario di Milano e il Museo Civico di Storia Naturale di Milano.

Attraverso un percorso che si snoda tra dieci acquari, fossili rari, suggestive fotografie e riferimenti letterari si scoprirà come si muovono e come mangiano le meduse, qual è la loro importanza per l’ecosistema marino, e ancora, quali sono le caratteristiche che le rendono una presenza estiva poco gradita ai bagnanti.

Diverse le specie ospitate nella mostra provenienti dall’Acquario di Genova, specializzato ormai da anni nella riproduzione di questi delicatissimi animali: una specie cosmopolita – la medusa quadrifoglio Aurelia aurita – e tre specie tropicali - Phyllorhiza punctata, Cassiopea andromeda, la medusa che vive a testa in giù, e Sanderia malayensis.

Dall’ecologia alla medicina, la mostra offre l’opportunità di approfondire gli aspetti interdisciplinari di questo universo trasparente: l’aumento del numero di meduse dovuto alla diminuzione di predatori naturali come le tartarughe marine, il loro rapporto con il problema dell’inquinamento da plastica in mare e il loro utilizzo come cibo del futuro.


È il quadro che emerge dai risultati di uno studio condotto presso la Fondazione Policlinico Universitario “A. Gemelli” IRCCS – Università Cattolica del Sacro Cuore e pubblicato sulla rivista internazionale “Frontiers in Psychiatry”.
È elevata la prevalenza degli adolescenti italiani con comportamenti a rischio di dipendenza da sostanze e non solo: oltre il 22% dei giovani che frequentano le scuole superiori presenta un rapporto disfunzionale con il Web. È il dato che emerge da uno studio effettuato presso la Fondazione Policlinico Universitario “A. Gemelli” IRCCS – Università Cattolica del Sacro Cuore e pubblicato sulla prestigiosa rivista “Frontiers in Psychiatry”.

La ricerca è stata condotta dal Dottor Marco Di Nicola e coordinata dal Professor Luigi Janiri dell’Unita operativa Complessa del Gemelli e Istituto di Psichiatria e Psicologia dell’Università Cattolica e dimostra anche una relazione tra l’uso problematico di Internet ed un peggiore rendimento scolastico, oltre che alcuni tratti di personalità e caratteristiche psicologiche già associati al rischio di sviluppare disturbi psichici.


Pubblicato sulla rivista Scientific reports lo studio condotto dall’università di Verona insieme al Politecnico di Milano e all’Istituto italiano di tecnologia


Ritardare o inibire i processi ossidativi nel nostro organismo è fondamentale per allontanare infiammazioni, malattie degenerative e per mantenersi giovani. La molecola naturale maggiormente ricca di proprietà antiossidanti è l’astaxantina, un pigmento prodotto da microalghe fotosintetiche che si ritrova poi in diversi organismi tra cui pesci e crostacei che si nutrono di queste microalghe. Oggi la produzione di questa molecola richiede costi elevati da parte del
mondo industriale perché è possibile ottenerla in quantità molto basse. Ora però si apre una nuova frontiera. La prestigiosa rivista Scientific reports del gruppo Nature ha pubblicato un importante studio che svela i motivi alla base della bassa produttività di questa molecola osservata in colture di alghe. La ricerca è coordinata da Matteo Ballottari, docente di fisiologia vegetale dell’università di Verona e realizzata insieme alPolitecnico di Milano e al Center for Nano Science and Technology dell’Istituto italiano di tecnologia (CNST – IIT Milano). I risultati ottenuti permettono ora di delineare innovative strategie biotecnologiche per aumentare significativamente la produzione di astaxantina in microalghe o ingegnerizzare piante superiori per produrre questo pigmento. Che cos’è l’astaxantina. L’astaxantina è un pigmento di elevato interesse industriale con applicazioni che vanno dalla produzione di mangimi per pesci per ottenere la desiderata colorazione rossa, alla cosmetica e nutraceutica grazie al suo forte potere antiossidante. L’astaxantina è, infatti, tra le molecole naturali con il potere antiossidante più forte e, per questo motivo, sono in via di studio applicazioni di questa molecola come agente anti-tumorale, anti-infiammatorio e per la protezione della pelle dai raggi UV. La produzione industriale di astaxantina si basa essenzialmente sulla coltivazione in “fotobioreattori” (contenitori chiusi esposti alla luce del sole) di Haematococcus pluvialis, una microalga di acqua dolce che accumula alti livelli di astaxantina (fino al 5% della biomassa prodotta) in condizioni di “stress” quando, cioè, le cellule si trovano a dover fronteggiare condizioni avverse come alta temperatura, carenze nutrizionali o alta salinità. La resa complessiva di astaxantina tramite coltivazione di microalghe è tuttavia molto bassa: per questo motivo il suo prezzo sul mercato può raggiungere anche diverse migliaia di euro al chilogrammo.

 

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