Nonostante sia stato ampiamente dimostrato che le forme gravi di iperparatiroidismo primario siano associate ad un aumentato rischio di ipertensione, ipertrofia cardiaca e mortalità cardiovascolare, il legame tra le forme lievi di malattia - molto più frequenti nella popolazione – ed il rischio cardiovascolare resta dibattuto. In questa meta-analisi si documenta per la prima volta che l’iperparatiroidismo primario lieve è associato ad un aumento della rigidità arteriosa, che è un marcatore emergente di rischio cardiovascolare. Non solo, dall’analisi degli studi esistenti, il trattamento chirurgico dell’iperparatiroidismo primario lieve si dimostra in grado di ridurre in maniera significativa la rigidità arteriosa e quindi il rischio cardiovascolare dei soggetti affetti da tale patologia. Questo dato fa emergere quindi l’utilità di intervenire chirurgicamente nei soggetti con iperparatiroidismo primario lieve non solo a protezione del danno renale ed osseo, come indicato dalle attuali linee guida, ma anche a protezione cardiovascolare.
Lo studio è stato condotto dalla dott.ssa Stella Bernardi (MD PhD), ricercatrice in endocrinologia presso il dipartimento di scienze mediche dell’Università degli Studi di Trieste, grazie alla collaborazione con la dott.ssa Fabiola Giudici (MSPH), ex-assegnista di ricerca presso l’Università degli Studi di Trieste e attualmente dottoranda in biostatistica ed epidemiologia clinica presso l'Università degli Studi di Padova, ed il dott. Andrea Grillo (MD, PhD), dottore di ricerca in sanità pubblica e dirigente medico presso l’UCO di medicina clinica dell’Ospedale di Cattinara.
“Quest’analisi apre indubbiamente il dibattito sulla eventuale necessità di rivedere le linee guida correnti – dichiara Stella Bernardi ricercatrice in endocrinologia presso il dipartimento di scienze mediche dell’Università degli Studi di Trieste - anche se essendo basata su dati derivanti da studi prevalentemente osservazionali, sono necessari ulteriori studi randomizzati su casistiche più ampie. Sicuramente, però, la ricerca fa emergere che nell’inquadramento dei pazienti affetti da iperparatiroidismo primario lieve va inclusa la valutazione del rischio cardiovascolare, che non può più essere dimenticata.”