L'Africa mediterranea

Fabrizio Giangrande 28 Giu 2011

Gli inaspettati eventi che hanno coinvolto la sponda mediterranea del continente africano nelle ultime settimane, e che ora hanno investito alcuni Paesi del Medio Oriente, stanno mutando il quadro geopolitico dell'area quale si era determinato negli anni successivi alla seconda guerra mondiale e alla guerra fredda.
Il mondo accademico si era per così dire "distratto" riguardo a tali contesti.
L'esigenza di comprendere i significati ed i possibili sviluppi dei movimenti di protesta ha ingenerato un forte ed improvviso nuovo interesse sul Nord Africa. A riprova del desiderio di colmare una grave lacuna, sono in corso numerose iniziative culturali, conferenze e pubblicazioni aventi per oggetto studi e ricerche di natura socio-politico-economica riguardanti gli Stati sconvolti dai movimenti di piazza.
Tra le ricerche pubblicate è risultata di grande interesse quella presentata il 18 maggio presso la Biblioteca di storia moderna e contemporanea di via Caetani a Roma, nell'ambito della manifestazione "Il maggio dei libri" promossa dal Centro per il Libro e la Lettura.
Alla presentazione del volume intitolato "L'Africa mediterranea", edito da Donzelli, oltre all'autore Karim Mezran, direttore del Centro studi americani di Roma e Docente di Storia del Medio Oriente presso il Bologna Center della Johns Hopkins University, erano presenti Alberto Negri, inviato per il Medio Oriente de "Il Sole 24 Ore", Pino Buongiorno, giornalista e Direttore scientifico di "Diplomacy" e Lapo Pistelli, Responsabile delle Relazioni Internazionali del Partito Democratico.

Primo a prendere la parola è stato Alberto Negri. L'economista, dopo aver illustrato la struttura del volume presentato, di cui ha lodato l'approfondita esegesi storia, economico e sociale di tutti i paesi presi in esame, ha sottolineato, per gli aspetti di specifica competenza, l'esigenza, da parte delle organizzazioni internazionali, Fondo Monetario Internazionale e Banca Mondiale su tutte, di individuare differenti criteri d'analisi economica.
Tale esigenza scaturirebbe dalla incongruenza tra i  dati emanati nel 2010 sulle condizioni economiche del Nord Africa e del Medio Oriente e la reale situazione di cui egli, per i suoi numerosi viaggi, è attendibile testimone. Secondo il Dott. Negri, infatti, le stime delle organizzazioni internazionali che solo un anno fa attestavano il Pil dell'area all'1% di quello mondiale andrebbero riviste al ribasso.
Eccezion fatta per gli introiti derivati dall'estrazione delle materie prime specialmente in Libia e per le entrate garantite dal settore del turismo in Tunisia e soprattutto in alcune zone dell'Egitto, le condizioni di vita, il tasso di crescita economico e soprattutto la disoccupazione assumono in quasi tutta l'area in questione contorni assai preoccupanti.
Lo stesso turismo, parte fondamentale del Pil della regione sarà, dove non totalmente, decisamente ridimensionato per effetto delle crisi politiche in atto.
Una situazione che avrà per effetto un ulteriore peggioramento delle condizioni di vita già precedentemente difficili ed a cui l'Unione Europea non ha mai saputo rispondere in maniera unitaria ed efficace. Sulle responsabilità dell'UE ha soffermato la propria attenzione lo stesso On. Pistelli ma in una chiave di minore criticismo. Se infatti, a detta del Parlamentare del PD, una azione maggiormente tempestiva, unitaria e incisiva da parte dell'UE sarebbe stata sicuramente auspicabile, non bisogna dimenticare i risultati raggiunti con gli Accordi di partenariato siglati a Barcellona tra UE e Paesi del Nord Africa nel 1995. Tali accordi non solo porrebbero delle basi per lo sviluppo economico dell'area intorno al bacino del Mediterraneo ma conferirebbero anche un ruolo da protagonista all'UE nelle vicende di questa parte del Globo, responsabilità che altre potenze in diversi continenti non vogliono assumere. Il progetto dell'UE può essere considerato dunque, a detta dell'On.Pistelli, il più importante e riuscito progetto sovranazionale mai posto in essere nella storia moderna.
L'attenzione dell'On.Pistelli si è poi spostata su alcuni dati rilevati dagli studi presenti nel volume. Si tratta di dati che fotografano dal punto di vista demografico la realtà del Nord Africa e del Medio Oriente e che evidenziano accanto ad elementi peculiari del singolo Stato numerose similitudini tra i differenti Paesi dell'area in questione. Tali similitudini sono da ricercare principalmente in un alto tasso di analfabetismo e di disoccupazione, in un'età media della popolazione inferiore ai 30 anni ed in una diffusa "longevità del potere" ossia una tendenza da parte dei governanti a mantenere il potere nelle proprie mani per lungo tempo.
Infine l'On. Pistelli ha concluso il suo intervento con una riflessione sul concetto di globalizzazione sottolineando come ormai per effetto della stessa le rivendicazioni dei "giovani islamici" siano le medesime dei "giovani occidentali" e che dunque i primi non possono più, come è invece avvenuto fino ad oggi, essere considerati come un insieme a parte con peculiarità ed esigenze differenti dai propri coetanei europei o statunitensi.
Il grande merito del volume presentato, secondo Pino Buongiorno, va ricercato invece nella grande capacità di analisi delle prime rivoluzioni dell'era digitale. Una capacità che acquisisce un valore maggiore in considerazione di due diversi elementi. Il primo è la imprevedibilità delle manifestazioni che ha colto di sorpresa anche servizi segreti tra più efficaci ed affidabili al mondo, come quelli dello Stato di Israele. Il secondo elemento avvalorante le analisi compiute ne "L'Africa mediterranea" è l'idoneità di contrastare quella "cultura della paura" che in molti paesi, tra cui l'Italia, si sta diffondendo a scapito di una cultura della conoscenza e del dialogo.
L'intervento conclusivo della conferenza di presentazione del volume è spettata, come d'uopo, all'autore Karim Mezran.
Lo studioso, dopo un breve cenno sulle responsabilità dell'Unione Europea e sul ruolo di protagonista che la diplomazia italiana avrebbe dovuto assolvere nei confronti in particolare della crisi libica, carenza che sarebbe costata al nostro Paese la perdita di posizioni importanti nelle commissioni per l'estrazione delle risorse energetiche in favore di altri Paesi europei dimostratisi maggiormente pronti e scaltri, ha poi affrontato la questione dell'intervento da parte delle forze militari NATO in Libia dal punto di vista giuridico.
Mezran ha espresso i propri dubbi sulla liceità dell'intervento militare occidentale secondo il diritto internazionale nonchè sulla veridicità delle violenze perpetrate dal regime di Gheddafi che sarebbero invece state montate e pubblicizzate da parte dei media occidentali e da Al Jazeera, forse sollecitati dai servizi segreti di alcuni Paesi europei, per legittimare un intervento militare contro un personaggio politico scomodo o meglio non più indispensabile alla realizzazione delle strategie energetiche delle multinazionali del petrolio e del gas.
Un dittatore i cui sanguinosi crimini sono stati ignorati per decenni e di cui ci si è resi conto solo ora dopo difronte al verificarsi, secondo Mezran, di "crimini di minore entità".
Una visione quella dell'autore de "L'Africa mediterranea" che se può essere condivisa relativamente alle responsabilità della comunità internazionale, per lungo tempo inerte davanti alle violazioni dei diritti umani perpetrate in Nord Africa, pecca forse di un eccessivo eurocentrismo.
Analisi e studi finalizzati ad una maggiore comprensione di contesti socio-politici complessi, quale oggi appare oggi quello Medioorientale e Nordafricano, sono indispensabili, come ha detto Pino Buongiorno, per arrestare il crearsi di pregiudizi, opponendo a questi una più approfondita conoscenza. Ma è necessario che le analisi abbandonino un tradizionale punto di vista euro-centrico sia perchè può ormai ritenersi terminata l'era in cui l'occidente e l'Europa in particolare poteva considerarsi il centro del Mondo sia perchè tale prospettica consente forse solo una visione miope della realtà.
Ad una visione eurocentrica, deformazione intellettuale che scaturisce da una secolare impostazione mentale e che è veicolo di neo-colonialismo, deve essere sostituita una cultura del dialogo e del reciproco rispetto. La storia e la cultura sono le basi per la determinazione delle scelte che ogni popolo, con le proprie tempistiche ha il diritto ed il dovere di compiere autonomamente.
La solidarietà ed il supporto internazionale nei confronti di nuove realtà territoriali ed istituzionali è assolutamente auspicabile ma la promozione, o peggio l'imposizione, di sistemi politico-economici da parte dei paesi ricchi è una tentazione cui prima di tutto le società civili occidentali devono opporsi al fine di tutelare il diritto di autodeterminazione dei popoli sancito dall'ordinamento internazionale.

Fabrizio Giangrande

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