Somalia: le popolazioni del Basso Scebelli sono in lutto. Mana Suldaan ‘Abdurahman ‘Ali ‘Iise non è più.

Maana era figlia del sultano di Merka, sua città natale; il titolo nobiliare che portava non  ha valore per la Somalia attuale, se non per la sua gente che ricorda ancora i grandi benefici ottenuti da suo padre, che le ha trasferito non il titolo di sultano (che non può essere attribuito ad una donna), ma il suo ruolo carismatico presso la popolazione. E’ arrivata a Roma  negli anni della diaspora somala, quando gli oppositori di Syiad Barre erano costretti ad abbandonare il  Paese. Nel 1991 è stata sorpresa dallo scoppio della guerra che ha potuto seguire in tutta la sua drammaticità attraverso i media; dopo un anno, ritorna in Somalia con l’intento di poter essere utile al suo paese, lasciando in Europa la sua stessa figlia adottiva. Data da allora la sua collaborazione con l’ONG Acqua per la Vita (WFL), fondata nel 1987 dal Prof. Elio Sommavilla, con il fine primario di poter contribuire all’irrigazione e fertilizzazione dei campi. Con la guerra l’ONG cominciò ad occuparsi anche della raccolta e della distribuzione di aiuti umanitari.

 

Vicino a Merka, Mana ha organizzato il Villaggio di Ayuub, dove poter dar asilo ai bambini orfani e alle donne rimaste vedove a causa delle vicissitudini belliche: organizzando delle neo-famiglie. Ancora, Maana ha  fondato la Ayuub Organization, un’associazione femminile che si occupa sempre donne e dei loro bambini in difficoltà.

Ma la sua impresa più originale è forse la invenzione del “rito alternativo all’infibulazione”,  costume tradizionale ancora molto significativo e praticato dalle genti somale. Il successo della sua invenzione è del tutto unico ed eccezionale: in dieci anni era riuscita sospendere il drammatico rito, tra le genti del Basso Scebelli (Grassivaro Gallo, 2012). In breve, per Maana è stata un’intera vita dedicata ai più bisognosi, che ha cercato di aiutare con supporti di base: acqua, luce, viveri, assistenza sanitaria, medicinali, lavoro e scuole. Grassivaro Gallo Pia. Vincere l’infibulazione si può. Il rito alternativo e il programma di prevenzione di Maana Suldaan ‘Abdurahman’Ali ‘Iise. L’Harmattan-Italia, 2012

Così la popolazione del Basso Scebelli  ha celebrato il suo funerale 14/12/2007

“Maana è morta serenamente stamane alle h.8, stroncata da un infarto, dopo giorni e notti di lavoro febbrile per la pace in Somalia e per l’assistenza a migliaia di profughi  in fuga da Mogadiscio a causa dell’ennesima emergenza; un lavoro molto generoso per risolvere problemi  che nulla avevano a che fare con i suoi impegni e le nostre attività” (E. Sommavilla;  e-mail, 14/12/ e  16/12/2007/).

Nello stesso giorno. Qualche ora dopo l’annuncio viene organizzato il funerale. Alcuni uomini, fra  amici e conoscenti (? *), fanno uscire la janèzza- bara con il corpo- di Maana  dalla casa dove è morta, per trasferirla  in un ambiente benedetto (vicino alla moschea ?), dove sarà  purificata attraverso l’abluzione.

Osservazione *: questo intervento sulla salma deve essere fatto da uomini per un defunto maschio; da donne per una donna. Solo eccezionalmente, quando si tratta di parenti stretti si può derogare da questa prassi; per es. può essere fatta da un padre, per una figlia ecc.

 

(*) Nell’abluzione, la salma viene lavata con acqua. Poi, attraverso una compressione addominale viene svuotata dai liquidi intestinali (urine e feci, da vescica e retto). Viene avvolta tutta,  compresa  anche la testa, nuda in un lenzuolo –carfìn-.

Infine, è adagiata su una bara, costituita da una base in legno e una copertura di rami ricurvi a “ carena”. Il tutto viene coperto da un telo.  Nel  caso di Maana,  si tratta di una stoffa colorata di cotone, alindi, tradizionalmente tessuta a mano con i colori del  Benàdir, sua regione di origine.

Osservazione:  particolare degno di interesse, il seguente: può avvenire che proprio durante l’abluzione le donne che la espletano, approfittino di questa occasione per eseguire anche una circoncisione “post mortem”.  Si può fare  su una defunta “intatta” , perché per es., si era sposata con un partner proveniente da una etnia di  non-escissori , mentre la sua era di escissori. Così facendo le donne dell’etnia di appartenenza  renderebbero la persona defunta purificata nel senso più completo (Laila Abi, comun. pers., 2013). Il defunto purificato viene deposto ora nella bara coperta da un telo “sacro”, diverso dal primo, che la nasconde ai presenti. (Questo perché le janèzze devono essere sempre coperte *). Per es.: su questo telo sono riportate  alcune invocazioni ad Allah, scritte in arabo;  si può leggere un Suo attributo: “ il Vivo per l’eternità - Colui che non muore”. Il  telo verrà poi ricuperato e riutilizzato. Esso può essere proprietà della moschea  o di qualche leader religioso.

La janèzza   di  Maana passa tra due ali di folla, portata verso il luogo destinato alla sepoltura , vicino alla moschea del  Villagio di  Ayuub. Il corteo sta attraversando ora  anche  la città di Merka , di cui si intravvedono le  “case muro”, costruite in pietra e a più piani, ben diverse da quelle del Villaggio.

“Un’enorme folla , è  arrivata da tutta la regione ….la commozione è indescrivibile e solo l’abbandono ai piani di Hallah riesce, pian piano, a contenere la disperazione e potrà gradualmente riempire il grande vuoto” ( E. Sommavilla; e-mail, 16/12/2007).

Osservazione(*): prima della sepoltura l’Iman pronuncia l’adàn (chiamata alla preghiera), durante il quale si recitano alcuni versetti del corano; si ricordano le azioni del defunto, quello che ha fatto; soprattutto gli si prospetta ciò che lo aspetta nel tragitto verso l’aldilà. Infine l’Iman chiede se qualcuno dei presenti ha un qualche credito nei riguardi del defunto. Nell’eventualità ciò fosse, i parenti dovranno saldarlo.

 

A questo punto, il corpo di Mana è deposto in una buca per terra, facendolo scivolare via dalla janèzza, e la sepoltura viene celata a tutti ancora con un alindi diverso (fatto questo, un po’ insolito*) . Tra i presenti, alcuni si avvicinano scostando il telo per sbirciare il corpo esanime, con gesti di saluto che possono comprendere anche tratti di ossequio.

(*) Osservazione: la salma è deposta sulla nuda terra (deve proprio toccarla), adagiata su un fianco con la testa rivolta alla Mecca. Essa ormai appartiene solo alla terra e a Dio (per questo motivo deve essere portata via prima possibile, e il funerale fatto in fretta: essa non appartiene più al consesso umano). Intanto i collaboratori dell’Iman preparano alcune palle di sabbia, da mettere sui fianchi e sulla testa del defunto e 7 batuffoli di cotone impregnati di atàr (profumo ottenuto dal legno di sandalo e/o dallo incenso), per metterli sui punti del corpo, che appoggiano abitualmente a terra, durante la preghiera quotidiana: i 2 alluci, le 2 ginocchia, le 2 mani , 1 ultimo batuffolo, sulla fronte. Per la sepoltura non è indispensabile la presenza di un Iman; la cerimonia può essere fatta da chiunque, a patto che sia persona esperta di come devono compiersi i riti.

4/3/2008

 

Per Maana, dopo pochi mesi, è stato costruito questo monumento funerario importante, non tanto per la forma esterna , che implica un’ingente disponibilità economica, per lo standard somalo (perchè esige la presenza di muratori, il disegno della cornice esterna, i mattoni o le pietre, la calce per l’intonacatura, etc.. In questo caso hanno pensato a tutto i “ragazzi di Ayuub” ), ma soprattutto è significativo il luogo prescelto : proprio vicino alla moschea di Ayuub, al centro del Villaggio, “dove i ragazzi hanno voluto avere Maana con loro, per sempre” (Sommavilla; e-mail 16/12/2007). Il passante deve capire subito che si trova di fronte alla tomba di un personaggio importante, non può passare oltre senza fermarsi. Ci troviamo di fronte ad un tipo di tomba che richiama attenzione e quindi assembramento di persone. Nella foto, per es., si vedono una decina di donne, alcune delle quali indossano sciarpe e/o vesti bianche, colore del lutto.

A questo punto, la cronaca del funerale di Mana potrebbe essere finita,..ma c’è un triste e inaspettato seguito. I “signori di Merka”, al Shaabab, hanno deciso ben presto di smantellare la tomba, e di asportarne il corpo che ora giace anonimo tra le sepolture del cimitero di Merka. Ciò premesso, noi ci chiediamo: perché questa decisione da parte dei “padroni di Merka”? ( *)I motivi più verosimili possono essere due: di tipo politico/sociale e di tipo religioso, rispettivamente. Secondo i Sahabab : 1° occorreva evitare gli assembramenti di pellegrini, che una simile tomba e la popolarità di Mana sicuramente avrebbe richiamato. 2° i defunti devono essere tutti eguali, senza alcuna distinzione né censo. La soluzione ideale è stata: l’anonimato del cimitero in una fossa uguale alle altre. Chissà, in ultima analisi forse è proprio quello che desiderava Mana: essere una inter pares.

...

Le foto presentate ci sono giunte solo di recente dalla Somalia. Siamo grati a quanti hanno contribuito con la preziosa iconografia * Il commento alle foto è stato espletato con il prezioso ausilio del Dr. Hamed Scek Nur, che ringraziamo per la collaborazione.

Ultima modifica il Martedì, 07 Aprile 2015 12:06
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