IL DELTA DEL MEKONG SPROFONDA

Università degli studi di Padova 20 Set 2021

 

Pubblicata sulla rivista scientifica statunitense «PNAS» la ricerca Strategic basin and delta planning increases the resilience of the Mekong Delta under future uncertainty che evidenzia il rischio per il delta del Mekong di finire sotto il livello del mare entro il 2100
Il delta del Mekong, nel sud del Vietnam, è popolato da circa 21 milioni di persone e costituisce una risorsa di importanza globale: il fiume Mekong, infatti, è il settimo al mondo per lunghezza, il dodicesimo per portata e il corso d'acqua più lungo dell’Indocina con circa 4.880 km, uno dei maggiori dell’Asia.


Un team internazionale di ricercatori, tra cui Simone Bizzi del Dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova, ha osservato che a causa dell’innalzamento del livello dei mari, della subsidenza incentivata da un utilizzo non sostenibile delle acque sotterranee e del ridotto apporto di sedimenti fluviali al delta dovuto alla costruzione di numerose dighe per lo sviluppo di energia idroelettrica, una percentuale variabile dal 23% fino al 90% del delta del Mekong rischia di finire sotto il livello del mare entro il 2100. Questa grande incertezza è dovuta alla complessità di comprendere il funzionamento del sistema nella sua totalità: infatti, i processi del bacino fluviale a monte interagiscono con processi del delta e costieri. Lo studio integra modelli matematici di diversi componenti del sistema – trasporto solido fluviale, subsidenza, scenari climatici e innalzamento del livello del mare – e dimostra come, a causa del forte impatto antropico, la sopravvivenza stessa del delta sia a rischio.

Gli autori della ricerca, tra i quali i vincitori del premio Aspen Institute Italia 2021 per la collaborazione e la ricerca scientifica tra Italia e Stati Uniti per un precedente studio sempre sullo stesso tema, mettono in evidenza come la gestione dei problemi nel bacino fluviale e nel delta debba essere integrata poiché i processi sono strettamente interconnessi.
Sebbene l’impatto maggiore derivi dalla grande incertezza riguardo gli scenari futuri di prelievo di acque sotterranee, i relativi fenomeni di subsidenza e gli scenari climatici, le simulazioni effettuate dimostrano la grande importanza di una pianificazione strategica per l’installazione di nuove centrali idroelettriche lungo il corso del Mekong al fine di aumentare il trasporto di sedimenti verso il delta e compensare i processi di subsidenza e innalzamento del livello del mare. «Visto quanto l’attuale impatto antropico modifica la dinamica terrestre, per il futuro è diventato prioritario riuscire a comprendere l’effetto delle nostre politiche di gestione territoriale nella loro complessità geomorfologica, idrologica ed ecologica» – spiega il prof. Simone Bizzi – «Le attuali politiche gestionali, soprattutto in paesi emergenti e densamente abitati come il delta del Mekong, stanno trasformando le caratteristiche degli habitat in cui viviamo mettendo a rischio la nostra stessa permanenza in questi habitat.

Comprendere come e dove si possa agire per invertire questa tendenza è una priorità a cui la ricerca può e deve dare una risposta. Questo lavoro ha guardato al caso studio del delta del Mekong con questo spirito e mostra la complessità delle sfide che abbiamo davanti». Una comprensione del sistema Mekong nella sua globalità, che includa una stima delle incertezze, permetterebbe di generare informazioni quantitative sulle conseguenze delle politiche gestionali adottate:  queste getterebbero le basi per trovare compromessi fra vari stati e più interessi e politiche gestionali più sostenibili che salvaguardino l’esistenza del “sistema delta”.

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