Per registrare la “voce” del talamo, i ricercatori hanno captato i potenziali evocati visivi (variazioni dei potenziali bioelettrici cerebrali in risposta a input visivi) ottenuti mediante 1800 ripetizioni di stimoli (barre luminose verticali bianche e nere) in 20 studenti universitari che indossavano una speciale cuffia dotata di 128 elettrodi.
Finora, questa risposta visiva sotto-corticale (N40) era stata individuata solo nella scimmia e con tecniche neurofisiologiche invasive (impiantando dei microelettrodi). Per quanto riguarda l’essere umano, le risposte elettriche misurabili con l’EEG – tecnica che capta i segnali elettrici con sensori applicati all’esterno del capo - si riteneva si limitassero a quelle generate dalla corteccia (la superficie esterna del cervello) dopo circa 80 ms. Questo anche a causa della particolare conformazione delle cellule presenti nel talamo (“spinose stellate”), che creano campi elettrici chiusi e quindi rendono difficile la registrazione delle sue attività, a differenza di quelle ordinate in modo lineare nella corteccia visiva.
I dati raccolti dai ricercatori hanno mostrato che i potenziali evocati visivi (VEP) possono rilevare segnali che provengono da strutture sotto-corticali come il talamo, prima che l'informazione visiva abbia effettivamente raggiunto la corteccia occipitale, cioè in 40 ms. rispetto agli 80 ms. già noti.
Questa ricerca ha consentito di appurare inoltre che il talamo non solo trasmette segnali sensoriali, ma influisce anche sugli stimoli bersaglio o da ignorare, cioè agisce come filtro attentivo, regolando di conseguenza il diverso livello di attenzione richiesta (ad esempio: guardare semplicemente oppure trovare un target).
Secondo la coordinatrice dello studio, la professoressa Proverbio, «in futuro sarà importante indagare se una risposta N40 visiva anomala potrà essere correlata a patologie neurali, come accade per le N40 uditive e somato/sensoriali, che sono utilizzate come criteri diagnostici per la schizofrenia e i disturbi del movimento».