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Martedì, 23 Marzo 2010
Martedì, 23 Marzo 2010 00:00

Scienzaonline Anno 7° n. 74 Marzo 2010

Scienzaonline Anno 7° n. 74 Marzo 2010

Pubblicato in Numero uscita

L’Accademia di Storia dell’Arte Sanitaria
inaugura l’anno accademico 2009-2010

Con l’approssimarsi delle celebrazioni per il 150°anniversario dell’unità d’Italia, l’Accademia di Storia dell’Arte Sanitaria ha voluto dedicare al tema ‘Goffredo Mameli e la Repubblica Romana del 1849’ la cerimonia inaugurale dell’Anno Accademico 2009-2010 (nell’ottantanovesimo anno  dalla sua Fondazione) che si è tenuta il 18 marzo a Roma presso la Sala Alessandrina, all’interno del Museo storico dell’Arte Sanitaria del Complesso Monumentale di Santo Spirito.

Per l’occasione è stata data anche adeguata sistemazione ad un cimelio, da tempo in possesso del Museo, rappresentato dalla lastra di marmo sulla quale fu deposto il corpo esanime di Goffredo Mameli, deceduto in seguito all’amputazione di una gamba per una ferita ricevuta durante la battaglia per la Repubblica Romana.  

Sin dalla sua fondazione, nel 1920, l’Istituto Storico Italiano dell’Arte Sanitaria’, poi ‘Accademia di Storia dell’Arte Sanitaria’, si è particolarmente dedicato non solo ad accrescere e valorizzare la raccolta del museo, dell’archivio e della biblioteca già esistenti, ma anche alla pubblicazione degli atti e memorie dell’Accademia.

Pubblicato in Storia e Medicina

Gli astronomi sanno da sempre che in molte osservazioni dell’Universo più distante una parte consistente della luce emessa dai corpi celesti non viene osservata. Ora, grazie ad un’indagine estremamente approfondita compiuta usando due dei quattro telescopi giganti da 8,2metri che compongono il Very Large Telescope (VLT) dell’ESO ed un apposito e specifico filtro, gli astronomi hanno determinato che una larga frazione delle galassie la cui luce impiega 10 miliardi di anni a raggiungerci è rimasta a noi sconosciuta. L’indagine ha permesso inoltre di scoprire alcune delle galassie più deboli mai trovate a questo stato iniziale dell’universo.

Gli astronomi usano frequentemente la forte , caratteristica “impronta digitale” della luce emessa dall’idrogeno conosciuta come la riga Lyman –alfa, per determinare il numero di stelle che si sono formate in un Universo molto distante [1]. C’è stato a lungo il sospetto che galassie molto distanti andassero perse in queste indagini. La nuova osservazione del VLT dimostra, per la prima volta, che questo è esattamente quello che sta accadendo. La maggior parte della luce Lyman-alfa  resta intrappolata dentro la galassia che la emette, e il 90% delle galassie non si mostra alle indagini condotte in Lyman-alfa.

Gli astronomi hanno sempre saputo che stavano perdendo qualche frazione delle galassie nelle osservazioni Lyman-alfa” spiega Matthew Hayes, il primo autore delle studio, che esce questa settimana su Nature, “ma per la prima volta ora noi abbiamo una misurazione. Il numero di galassie perse è sostanziale”.

Per riuscire a capire quanto della luminosità totale andasse persa, Hayes e il suo team ha usato la camera FORS al VLT e un apposito filtro in banda stretta [2] per misurare questa luce Lyman-alfa, seguendo la metodologia standard delle osservazioni in Lyman-alfa. Poi, usando la nuova camera HAWK-I, unita ad un altro telescopio del VLT, hanno esaminato la stessa area dello spazio per luce emessa ma a una differente lunghezza d’onda, anche questa emessa dall’idrogeno eccitato, e conosciuta come la riga H-alfa. Hanno specificatamente indirizzato lo sguardo alle galassie la cui luce stava viaggiando da 10 miliardi di anni (redshift 2.2 [3]), in una ben conosciuta area del cielo, chiamata campo GOODS-South.

Pubblicato in Cosmologia
Martedì, 23 Marzo 2010 00:00

Biodiversita’

Il Mediterraneo rappresenta soltanto lo 0,8% della superficie marina dell'Oceano mondiale; ma la consistenza della sua biodiversità è paradossalmente relativamente elevata.

Le alterazioni ambientali, di origine sia naturale (cambiamento climatico globale, eventi sismici, dissesto del suolo ecc.) che antropica (eccessivo sfruttamento delle risorse rinnovabili, inquinamento, indiscriminato utilizzo della fascia costiera ecc.) e l’invasione di specie aliene, costituiscono le maggiori minacce per la biodiversità marina. Preservare la biodiversità nei popolamenti marini significa conservare le specie autoctone ed endemiche, mantenendone intatti i patrimoni cromosomici, in modo da garantire alle diverse popolazioni la possibilità di evolversi geneticamente in modo autonomo; la diversificazione all’interno di una stessa specie è garanzia di una maggiore adattabilità alle modificazioni dell’ambiente.

Lo studio della biodiversità marina, sottovalutato per troppo tempo, si è intensificato negli ultimi anni per identificare le problematiche e le priorità di azione per individuare strategie di intervento per la tutela degli habitat e di tutti gli organismi a rischio di estinzione o in condizioni di precario equilibrio. Allo stato attuale i frequenti episodi di depauperamento ambientale provocano spesso la perdita di “particolarità” biologiche, soprattutto a livello di quegli organismi che si trovano ai vertici della piramide alimentare (cetacei, pesci cartilaginei, tartarughe ecc.).Le attività antropiche che insistono lungo le coste meridionali del nostro territorio nazionale sono caratterizzate, per lo più, dalla mancanza di una seria programmazione ecocompatibile. L’eccessivo sfruttamento della fascia costiera provoca una condizione inevitabile di alterazione dell’ecosistema marino soprattutto per quanto riguarda la piattaforma continentale.

Pubblicato in Ambiente
Martedì, 23 Marzo 2010 00:00

Ardi, la nonna di Lucy

Il fatto che Science, una delle più prestigiose riviste scientifiche internazionali, abbia dedicato un intero fascicolo – con tanto di copertina, seguita da un dettagliato focus sull’argomento, da 11 articoli specialistici consecutivi e da molti altri inserti (http://www.sciencemag.org/content/vol326/issue5949/index.dtl) – a un singolo rinvenimento paleo-antropologico, a un ominide, è certamente un fatto eccezionale.

Da quando il fascicolo di Scienze è stato messo in rete, abbiamo assistito a un turbinio di notizie e commenti che hanno iniziato a rimbalzare dal web, alle televisioni, alla carta stampata di tutto il mondo. In effetti, l'occasione è stata davvero eccezionale: si tratta del rinvenimento del più antico e più completo fra i nostri possibili antenati: uno scheletro frammentario di 4 milioni e mezzo di anni fa circa (4,4 per l'esattezza).

Il rinvenimento risale ai primi anni '90, ma era rimasto segreto fino ad oggi. In realtà, qualcosa era trapelato fra gli addetti ai lavori sin dalla metà di quel decennio, ma col tempo molti avevano iniziato a pensare che potesse trattarsi di una boutade o, quantomeno, di un passo falso dell’équipe interdisciplinare diretta da Tim White, dell'università di Berkeley, California, che da trent'anni lavora nel Middle Awash, in Etiopia. Il Middle Awash, o media valle del fiume Awash, è uno dei più ricchi giacimenti di evidenze fossili relative agli ultimi milioni di anni e, in particolare, di grande interesse per l'evoluzione umana. Da lì provengono australopitecine e uomini estinti di varia antichità: dai più antichi membri della nostra linea evolutiva, risalenti a  diversi milioni di anni fa, a evidenze fossili e archeologiche relative a lunghe fasi della preistoria sino ai primi Homo sapiens di quasi 200 mila anni fa.

Pubblicato in Antropologia
Martedì, 23 Marzo 2010 00:00

Angolo UE Marzo 2010

1.  Il servizio sanitario dell'UE è di qualità?

L'Unione europea sostiene una nuova indagine sulle prestazioni dei sistemi sanitari in tutti gli Stati membri. Inizialmente lo studio di 3,99 milioni di euro riguarderà 7 paesi comunitari, ai quali se ne aggiungeranno altri nel corso dei 4 anni in cui sarà svolto il progetto.
Il progetto EUROHOPE ("European health care outcomes, performance and efficiency") è stato finanziato con 3 milioni di euro attraverso il tema "Salute" del Settimo programma quadro (7° PQ) dell'UE ed è coordinato dal Centro per la salute e l'economia sociale presso l'Istituto nazionale finlandese per la salute e il welfare (THL).
Nel 2007 la direzione generale per la Salute e i consumatori (DG SANCO) della Commissione europea ha fatto svolgere un sondaggio su oltre 27.000 cittadini degli Stati membri per misurare il loro interesse nei trattamenti sanitari di altri paesi comunitari (ovvero, la sanità transfrontaliera).
Tra le persone che dichiaravano di non essere disposte a recarsi in altri paesi UE per ricevere cure sanitarie, il livello di soddisfazione rispetto ai servizi sanitari nazionali ha mostrato notevoli differenze nei diversi Stati membri. In generale, si sono detti soddisfatti delle cure disponibili nel proprio paese l'89% dei cittadini degli Stati membri dell'UE-15 e il 59% di quelli dei nuovi Stati membri dell'UE, con quindi una differenza del 30%.
Mentre il sondaggio era basato su colloqui individuali e affrontava solo indirettamente la questione nazionale, il progetto EUROHOPE si propone di indagare l'efficacia dei sistemi nazionali in modo più esaustivo. L'obiettivo è di sviluppare metodi che possano essere usati per la valutazione regolare delle cure sanitarie nell'UE e di migliorare gli standard di monitoraggio attuali.
I ricercatori useranno speciali metodi di mircroeconomia per misurare le prestazioni, la qualità, l'uso delle risorse e i costi sanitari. Questi settori saranno misurati in riferimento al trattamento di cinque problemi di salute specifici: l'infarto acuto del miocardio, l'ictus, la rottura dell'anca, il cancro al seno e i neonati prematuri sottopeso alla nascita.

Pubblicato in UE

Planck compie un cielo. Il suo primo cielo. Il satellite dell’Agenzia spaziale europea, progettato per fotografare l’alba dell’universo, ha infatti appena completato la prima survey, la sua prima ricognizione completa dell’intera volta celeste (per essere precisi, il 98% di essa: il 100% è atteso per la fine di maggio).

Lanciato in orbita il 14 maggio 2009, Planck ha iniziato a mappare il cosmo a microonde a metà agosto. E proprio in questi giorni sta iniziando a ripercorrere porzioni di cielo già visitate, zone dell’universo primordiale che d’ora in avanti torneranno a riflettersi nel suo specchio più e più volte, per un totale di quattro survey a tutto cielo. A ogni passaggio, la qualità dei dati diventerà sempre migliore. Ma già in questa prima ricognizione Planck ha collezionato una quantità d’informazioni tale da dar lavoro per anni a cosmologi e astrofisici.

Che cosa ha dunque raccolto, Planck, in questo suo primo cielo di vita? Il team internazionale di scienziati che lo ha progettato si attendeva una mappa. E gli è arrivato un arazzo. Un cielo che, nei falsi colori a tinte espressioniste con i quali i ricercatori codificano le impercettibili variazioni di temperatura alle quali è sensibile Planck, pare rubato a una tela di Edvard Munch. Un kilim dall’intreccio complesso e sorprendente, nel quale spettacolari filamenti di polvere gelida, fino a circa 260 gradi sotto lo zero, sembrano estendersi dalla nostra galassia come lingue infuocate.

Strutture di filamenti di polvere fredda (cold dust) assai suggestive, quelle immortalate dagli occhi sensibili alle microonde di Planck, ma soprattutto ricche di contenuto scientifico: i ricercatori si attendono che studiarle a fondo possa essere di grande aiuto per determinare le forze che hanno dato forma alla nostra galassia e innescato la formazione stellare.

«Non siamo ancora riusciti a comprendere pienamente il motivo della forma caratteristica di queste strutture», dice Jan Tauber, dell’Esa, che di Planck è il project scientist. E fra le tante domande che questi primi dati sollevano, una particolarmente affascinante riguarda la singolare somiglianza fra i filamenti a grande scala osservati da Planck e quelli a scala assai più ridotta osservati dal suo “satellite gemello”, Herschel, sempre dell’Esa (Planck e Herschel sono stati lanciati in orbita insieme, a bordo dello stesso razzo Ariane V).

Pubblicato in Astronomia

Riassunto

La concentrazione di CO2 nella atmosfera è aumentata di circa 100 ppm (36%) negli ultimi 250 anni, con una velocità di 1.5 ppm per anno negli anni '90. Si ritiene comunemente che questo aumento e la elevata rapidità di crescita siano dovuti principalmente all'uso di combustibili fossili e alla deforestazione. Essendo il CO2 un gas serra, l'uomo è considerato il principale responsabile del recente riscaldamento globale. In questo lavoro, la frazione di CO2 antropogenico in atmosfera è stata ricavata dalle note misure del rapporto isotopico 13C/12C ottenute con la spettrometria di massa nel periodo 1981-2002. I risultati indicano che la quantità di CO2 di origine umana rimanente in atmosfera, sebbene aumentata con le emissioni, non supera 64 GtC nel 2002, corrispondente ad una concentrazione di 30 ppm, cioè 5 volte inferiore al CO2 finora emesso e 3 volte inferiore all'aumento di CO2 del '900. Usando la concentrazione di CO2 antropogenico rimanente e le note emissioni da combustibili fossili è stato stimato un tempo di permanenza del CO2 in atmosfera di circa 10 anni. Questi risultati sono in contrasto con il quarto rapporto dell'IPCC in cui si sostiene che la concentrazione atmosferica di CO2 antropogenico rimanente è pressoché uguale al suo incremento a partire dall'era pre-industriale, e che il tempo medio di permanenza del CO2 in atmosfera è di 44 anni.

Pubblicato in Fisica
Martedì, 23 Marzo 2010 00:00

Digitale terrestre, guida all’uso

La Tv digitale è la nuova frontiera tecnologica che ci poterà entro il 12 dicembre 2012 alla completa sostituzione della televisione analogica verso l’era digitale. Tuttavia la Tv digitale è una multipiattaforma, che riesce a trasmettere quello che riceve da tre differenti sistemi: satellitare,  digitale terrestre e IPTV (la televisione via internet). Inoltre la Tv digitale può permettere l’accesso ad un palinsesto in “chiaro” e quindi gratuito o “criptato” a pagamento, accessibile acquistando un’apposita una scheda. Tra le offerte a pagamento troviamo le programmazioni di SKY (satellite), Mediaset Premium e Dahalia Tv (digitale terrestre), Alice, Fastweb, Infostrada e Tiscali (internet tv). Le differenze tra i vari sistemi sono evidenti, e al momento il digitale terrestre sembra essere il sistema preferito dagli italiani, infatti ha il vantaggio di essere economico, circa 30 euro il costo di un decoder “zapper” che abilita la ricezione dei canali in “chiaro” e la possibilità di servizi interattivi tra cui il teletext. Il digitale terrestre concede ai telespettatori due opzioni, l’acquisto di un nuovo televisore dotato di un decoder interno o di un decoder esterno da collegare ad un televisore già esistente.

Pubblicato in Tecnologia

Edizioni: STUDIO AD. ES - Il galletto
Anno di pubblicazione: 2009 / Pagine: 134
Codice ISBN: 978-88-904520-0-0

È stato pubblicato "Il procedimento legislativo digitale: vincoli normativi e soluzioni tecniche" di Francesco Romano. Il testo affronta le problematiche inerenti lo sviluppo della pubblica amministrazione digitale, sottolineando tanto le soluzioni già in atto o in fase di adozione quanto gli ostacoli normativi ancora vigenti, attraverso una meticolosa analisi dell'iter legislativo a livello costituzionale, parlamentare, regionale e locale.

Pubblicato in Libri
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