Introduzione
Secondo le stime dell'IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), [1] le riserve di carbonio del nostro pianeta sono le seguenti: atmosfera (762 GtC), oceano (38000 GtC), terra emersa (suolo e piante, 2300 GtC), combustibili fossili (carbone, petrolio, gas, 3500 GtC). Come illustrato in Fig. 1, i flussi annuali di biossido di carbonio (CO2) sono 90 GtC/yr per lo scambio aria-oceano e 120 GtC/yr per lo scambio aria- terra. Le emissioni antropogeniche di CO2 ammontano a 6,4 GtC/yr ovvero 23,5 GtCO2/yr. Una GtC (giga tonnellata di carbonio) corrisponde a 1015 grammi di C, cioè un miliardo di tonnellate.
Fig.1. Rappresentazione semplificata del ciclo naturale del carbonio e della perturbazione umana negli anni '90. In grassetto, le riserve di carbonio (GtC); in corsivo i flussi (GtC/year); in rosso, le emissioni da combustibile fossile GtC/year. Fonte dei dati: IPCC 2007 AR4 [1]
La Fig. 2 mostra che la concentrazione o rapporto di mescolamento del CO2 nella atmosfera è aumentato dal valore pre-industriale di circa 280 ppm a 379 ppm nel 2005[2]. L'incremento medio annuale negli anni '90 era 1,5 ppm/yr corrispondente a 3,2 GtC/yr. Sia l'aumento di concentrazione che la elevata rapidità di crescita sono comunemente attribuiti alle attività umane, in massima parte all' uso di combustibili fossili ed in misura minore alla deforestazione e alle pratiche agricole. Queste emissioni antropogeniche, essendo il CO2 un gas serra, sono considerate le principali responsabili del riscaldamento globale e dei mutamenti climatici[1-3].
Fig. 2. Concentrazione del CO2 atmosferico e della corrispondente forzante radiativa negli ultimi 10.000 anni. Simboli di diversi colori, da misure su carote di ghiaccio; linea rossa, da misure su campioni di atmosfera. Fonte: IPCC 2007 [2]
Fig.3. Emissioni di CO2 fossile. a, Emissioni annuali (GtC/yr): totali (rosso), da petrolio (blu), da carbone (nero), e da gas naturale (verde). Fonte CDIAC2009[4]. b, Emissioni totali cumulate (GtC), integrale dal 1750 ottenuto sommando le emissioni annuali totali.
Le emissioni annuali di carbonio (GtC/yr) derivanti dalla combustione di petrolio, carbone, e gas naturale, note dal 1750[4], sono riportate in Fig. 2a. Le emissioni totali cumulate (GtC) sono riportate in grafico in Fig.2b. Esse sono state ottenute da noi sommando tutte le emissioni annuali e ne rappresentano l'integrale. Il CO2 totale finora emesso ammonta a 320 GtC corrispondente a 150 ppm. Il fattore 0.471 è stato impiegato per convertire GtC in ppm.
Cercheremo in questo lavoro di dare una risposta alle seguenti domande. 1) Il CO2 emesso durante l'era industriale è rimasto tutto in atmosfera o e` andato a finire altrove? 2) Quale frazione di CO2 fossile è rimasta? In altre parole, le emissioni antropogeniche quanto contribuiscono al recente aumento della concentrazione atmosferica di CO2?
CO2 fossile nella atmosfera
Una risposta alla prima domanda sul destino del CO2 fossile si ha confrontando le emissioni annuali da combustibili fossili, 6.4 GtC/yr , con l’aumento annuale del CO2 atmosferico, 3.2 GtC/yr (vedi Fig.1). Queste velocita` suggeriscono che circa la meta` del CO2 antropogenico non rimane in atmosfera ma si scioglie nell’oceano o e` catturato dalla terra (suolo e piante).
Una risposta alla seconda domanda sulla quantità di CO2 rimanente in atmosfera si ottiene da precisi dati di rapporto isotopico 13C/12C nel CO2 atmosferico misurato con
la spettrometria di massa[5]. Il carbonio delle molecole di CO2 ha due isotopi stabili: 12C (abbondanza ~99%) e il 13C (~1%). L'abbondanza relativa dei due isotopi in un dato campione viene comunemente espressa come d13C (per mille o ‰) così definito:
Dove lo standard è il carbonato di calcio VPDB, Vienna Pee Dee Belemnite[6]. Il CO2 derivante da combustibili fossili e da materiali biogenici ha un rapporto isotopico 13C/12C minore del CO2 naturale o imperturbato in equilibrio con l' HCO3- marino. Ciascuno dei due tipi di CO2, fossile e naturale, ha un caratteristico d13C legato alla sua origine.
Questi diversi valori di d13C sono dovuti al processo di frazionamento che avviene durante la fotosintesi delle piante verdi, che preferiscono il 12C al 13C. Il carbonio biosferico, che è lo stesso dei combustibili fossili, contiene meno 13C, circa il 18‰, di quello atmosferico[3,6]. Come conseguenza, il CO2 fossile è più leggero di quello atmosferico.
Figure 4. a, d13C ‰ measured in atmospheric CO2 at Mauna Loa, Hawaii[5]. B, Anthropogenic CO2 fraction obtained using Eq.2 and d13Cnatural = -6.44‰ (upper curve) or d13Cnatural = -7‰ (lower curve).
Il rapporto 13C/12C del CO2 è stato misurato negli ultimi venti anni presso dieci stazioni oceanografiche[5]. La Fig.4a mostra l'andamento decrescente del d13C da -7,6‰ nel 1981 a -8,1‰ nel 2002. Un grafico simile e` riportato dall’IPCC[3]. Da questi dati di d13C come pure dai valori del d13C di CO2 naturale e fossile, si può calcolare facilmente la frazione di CO2 nella atmosfera.
La Fig.4b mostra la frazione di CO2 fossile contro il tempo per due diversi valori di d13C di CO2 naturale. La curva inferiore è stata ottenuta usando d13Cnatural = -7‰. La curva superiore, ottenuta da d13Cnatural = -6.44‰, è da considerarsi il limite superiore della frazione di CO2 fossile. La distanza tra queste due curve e` una misura dell’incertezza, sulla frazione di CO2 fossile atmosferico, dovuta alla scelta di d13Cnatural.
Questi risultati indicano che la quantità di CO2 fossile e biogenica rimanente in atmosfera, sebbene aumenti con le emissioni antropogeniche, è assai piccola. Nel 2002 era l'8.1% del CO2 atmosferico (Fig.4b, curva superiore), cioè 64 GtC su di un totale di 794 GtC, corrispondente ad una concentrazione di 30 ppm su 373 ppm, ovvero 3 volte inferiore all'aumento di CO2 (93 ppm) avvenuto nel secolo scorso. Una frazione di CO2 fossile ancora più bassa, e cioè del 5.2% (Fig.4b, curva inferiore) corrispondente a 20 ppm, si ottiene dalla Eq.2 usando un d13Cnatural = -7‰. I nostri dati della curva inferiore sono in ottimo accordo con la frazione del 4% (1988) trovata da Segalstad[7] dal bilancio di massa degli isotopi del carbonio.
Moltiplicando la concentrazione di CO2 atmosferico totale (ppm, media annuale) riportata da Keeling et al. [10] per la frazione di CO2 antropogenico (Fig.4b, curva superiore) abbiamo ottenuto la concentrazione in ppm di CO2 antropogenico in atmosfera. Questa (curva rossa) è confrontata in Fig.5 con il CO2 totale[10], con il CO2 fossile emesso (Fig.3b, integrale), e con l'aumento di CO2 dal 1750, cioè la concentrazione totale meno il valore preindustriale di 280 ppm.
Circa il 75% delle emissioni antropogeniche deriva dall'uso di combustibili fossili, il rimanente 25% dalla deforestazione ed in misura minore dallo sviluppo agricolo[1]. La frazione di CO2 riportata in Fig.5 (curva rossa in basso) contiene entrambi questi contributi. Appare evidente che la concentrazione di questo CO2 prodotto dall'uomo rimanente in atmosfera è bassa (2 antropogenica. Inoltre, ogni equazione descrivente l'evoluzione nel tempo della concentrazione di CO2 ed ogni valore del tempo medio di permanenza del CO2 in atmosfera dovrebbero essere in grado di riprodurre la frazione di CO2 fossile rimanente
Contrariamente ai risultati qui ottenuti (vedi Fig.5, curva rossa), nel quarto rapporto dell'IPCC[1] si afferma che circa il 45% delle passate emissioni è rimasto in atmosfera e che l'aumento dei gas serra antropogenici è la causa principale del recente riscaldamento globale. In effetti, sia il concetto di forzante radiativa antropogenica, sia i modelli climatici sono basati sull’assunzione che la quantità di CO2 antropogenica in atmosfera è all'incirca uguale all'incremento di CO2 (~100 ppm) rispetto alla era preindustriale[1-3]. Questa assunzione è consistente con l'Eq. 3, basata su di una versione rivista del ciclo del carbonio di Berna[11], che dà il decadimento nel tempo t di un impulso A° di CO2 [3].
Utilizzando le note emissioni di CO2 (Fig.3a), abbiamo stimato con l'Eq.3 la concentrazione totale di CO2 fossile rimanente in atmosfera. Ogni emissione annuale di CO2 è stata assunta come un singolo impulso Ao, ed e` stato quindi calcolato l'ammontare A rimanente al tempo t. Sommando tutti gli A rimanenti a partire dal 1750, abbiamo ottenuto il CO2 fossile totale rimasto nell'anno t. La concentrazione di CO2 così calcolata è riportata in Fig.5 come linea tratteggiata. Il valore per il 2002 è 75 ppm, molto maggiore del livello osservato di 20-30 ppm. Ciò indica la presenza di un difetto nel modello su cui è basata l'Eq.3.
Fig.5. Concentrazione di CO2 nella atmosfera. Dall’ alto in basso: CO2 totale [10]; emissioni fossili cumulate (Fig.3b); aumento dal 1750 (totale - 280); emissioni fossili calcolate con l’Eq.3 (linea tratteggiata); CO2 antropogenico misurato da d13C (Fig.4b, curva superiore).
In conclusione, i dati di d13C, basati sul rapporto 13C/12C, mostrano chiaramente che l'aumento di CO2 è solo 1/3 o meno di origine umana. Pertanto, il principale contributo all'aumento di CO2, e di conseguenza al riscaldamento globale, nell'ipotesi che questo sia dovuto al gas-serra CO2, non è di origine umana. Probabilmente è di origine naturale: emissioni dall'oceano, dal terreno, dai vulcani e da fratture profonde.
Tempo di permanenza del CO2 in atmosfera
Oltre a fornire una misura del livello di CO2 fossile atmosferico, i dati di rapporto isotopico 13C/12C possono essere utilizzati per avere informazioni sul tempo di permanenza del CO2 nella atmosfera. E' infatti ovvio che quanto maggiore /minore e` la concentrazione di CO2 fossile rimanente tanto piu` lungo/corto è il tempo di vita media τ del CO2. Abbiamo fatto una stima approssimata di τ usando l' Eq.4 che descrive il decadimento nel tempo t di un impulso Ao di CO2.
Per semplicità di calcolo si suppone che la concentrazione di CO2 segua una cinetica del primo ordine e si assume ovviamente che il CO2 fossile si comporti come quello naturale. Il tempo di dimezzamento t1/2 è τ·ln2.
Fig.6. Concentrazione di CO2 fossile in atmosfera contro il tempo. Curve sottili: calcolate con l’Eq.4 per diversi valori di t1/2 (dall’alto t1/2 = 7,6,5,4,3 anni). Curve spesse: sperimentali ottenute da misure di 13C/12C usando d13Cnatural = -6.44‰ (nera) e d13Cnatural = -7‰ (rossa).
Il procedimento seguito per valutare τ e t1/2 è il seguente. Come nel caso dell'Eq.3, ogni emissione annuale di CO2 dal 1750 ad oggi è stata considerata come un singolo impulso A° e, tramite l'Eq.4, è stata calcolata la quantità A rimanente nell'anno t per un dato valore di t1/2. La quantità totale di CO2 rimanente nell'anno t è stata ottenuta sommando tutti gli A rimanenti. Il calcolo è stato ripetuto per diversi valori di t1/2 come illustrato in Fig.6, dove la concentrazione di CO2 fossile rimanente, calcolata e sperimentale, è graficata rispetto al tempo t. Il valore di t1/2 = 6.9±1 anni (τ = 10 anni) è quello che meglio riproduce la concentrazione di CO2 fossile osservata nel periodo 1980-2002, corrispondente alla curva superiore di Fig.4b. La curva inferiore di Fig.4b è ben descritta usando un valore di t1/2 = 3.9 anni (τ =5,5 anni) . Gli stessi risultati possono essere ottenuti con un metodo di minimi quadrati adattando l’Eq.4 ai dati di Fig. 4b. Un valore di τ = 5,4 anni è stato calcolato da Segalstad [12] dal rapporto 13C/12C del 1988.
Tutti i valori sopraccitati del tempo di permanenza τ del CO2, stimati usando dati di abbondanza isotopica 13C/12C, sono assai bassi e compresi nell'intervallo di 2-13 anni dei numerosi valori di τ ottenuti con differenti misure e basati su: 14C naturale, effetto Suess, 14C di bombe atomiche, 222radon, dati di solubilità. Più di 30 articoli, con i diversi valori di τ trovati sono riportati in rif.[12]. Un tempo di permanenza di pochi anni è anche suggerito dal tempo di ricambio (turnover time) del CO2, cioè dal rapporto della quantità totale di CO2 in atmosfera (762 GtC) ed i flussi annuali aria-oceano (90 GtC/yr) e aria-terra (120 GtC/yr, vedi Fig.1).
In contrasto con i brevi tempi di permaneza trovati da noi e da altri, l'Eq.3 riportata dall’IPCC[3] implica un tempo di permanenza alquanto più lungo. Si può facilmente calcolare da questa equazione un tempo medio di dimezzamento t1/2 = 30,5 anni corrispondente a un τ = 44 anni. Secondo l’Eq.3 inoltre, una frazione (21.7%) delle emissioni antropogeniche rimane per sempre (τ = ∞) in atmosfera.
In sintesi, l' Eq.3 dell' IPCC [3] ed il lungo tempo di permanenza del CO2 in atmosfera (τ = 44 anni) sono in disaccordo con l'evidenza sperimentale del rapporto isotopico 13C/12C.
References
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[2] IPCC 2007: Summary for Policymakers.In Climate Change 2007, The Physical Science Basis (eds. Solomon, S. et al.) 1-18 (Cambridge Univ. Press, Cambridge). http ://www.ipcc.ch
[3] Forster,P. et al. in Climate Change 2007, The Physical Science Basis (eds. Solomon, S et al.) Ch.2, Changes in Atmospheric Constituents and in Radiative Forcing,129-234 (Cambridge Univ. Press, Cambridge). http ://www.ipcc.ch
[4] Boden,T, Marland, G, Andres, R.J. 2009, Global CO2 Emissions from Fossil-Fuel Burning, Cement Manufacture, and Gas Flaring: 1751-2006. Carbon Dioxide Information Analysis Center (CDIAC) Laboratory, Oak Ridge National Laboratory, Oak Ridge, Tenn., U.S.A. http://cdiac.ornl.gov/ftp/ndp030/global.1751_2006.ems
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[12] T.V. Segalstad (1998), Carbon cycle modelling and the residence time of natural and anthropogenic atmospheric CO2: on the construction of the “Greenhouse Effect Global Warming” dogma. In J. Emseley (Ed.), The Global Warming Debate. The Report of the European Science and Environmental Forum. Cambridge, England, 184-219. http://folk.uio.no/tomvs
L. Lepori, G. C. Bussolino, A. Spanedda, E. Matteoli
Istituto Processi Chimico-Fisici, CNR
Via Moruzzi 1, 56124 Pisa, Italy