Una vacanza alternativa

“Sapore di mare, sapore di sale che hai sulla pelle, che hai sulle labbra….” Cosi Gino Paoli cantava, negli anni ’60, la voglia di rinfrescarsi al mare, di passare una bellissima estate in compagnia di amici e la voglia di flirtare spensierata dei giovani. Ancora oggi la maggior parte delle persone e delle famiglie passano le loro vacanze estive al mare, ad affollare le spiagge, ad abbronzarsi sotto il solleone d’agosto mentre i bambini giocano a palla urlando e ridendo sul bagnasciuga….e per citare un’altra famosissima canzone estiva “per quest’anno non cambiare stessa spiaggia, stesso mare….”

Il mare, si sa, fa bene alla salute ma il dolce far niente e l’otium hanno portato alla sconfitta dell’impero romano, dunque se provassimo a rivoluzionare tutto, anziché mare e sole facessimo archeologia e sole??
Durante i mesi estivi si svolgono moltissime campagne di scavo a cui possono accedere tutti, adulti e bambini, uomini e donne. Un modo diverso e divertente per imparare a conoscere il proprio passato sul campo pratico, ci si avvicina direttamente agli Etruschi, ai Romani o alla vita monastica medievale.
 Le Associazioni culturali di volontariato nei beni archeologici organizzano da luglio a settembre i campi estivi, della durata minima di due settimane, un’esperienza unica e magnifica.


Durante questo periodo si vive in maniera un po’ spartana, quasi a voler imitare gli antichi, una vita in comunione con altre persone, provenienti un po’ da diversi luoghi d’Italia  e, se si è fortunati,   anche dall’estero (cosi si può unire l’utile al dilettevole esercitando la lingua straniera).
I campi per bambini, generalmente dai 6 ai 14 anni,  hanno lo scopo d’insegnare giocando la vita quotidiana degli antichi, attraverso l’archeologia sperimentale.
L’archeologia sperimentale è quel ramo dell’archeologia in cui si cerca di riprodurre la cultura materiale (la ceramica, le tecniche di costruzioni, la litica o la bronzistica)  con le stesse tecniche usate in antico. I ragazzi imparano a fare la ceramica con la tecnica della “colombina” (tecnica usata prima della diffusione capillare del tornio, circa nel VI a.C), o a costruire un forno per la cottura della stessa; questi vasetti così preparati vengono poi utilizzati durante la ricostruzione teatrale di un rito sacro etrusco o romano direttamente su un sito archeologico. In tal modo, oltre a dare libero sfogo alle loro capacità manuali maneggiando l’argilla, la storia diventa reale, non più solo una tortura da studiare su un libro. I personaggi chiave del passato, quali i sacerdoti, i princeps, i guerrieri o le vestali, acquistano un’identità e il loro ruolo all’interno della storia diventa chiaro.  


Per gli adulti, dai 14 anni a… fino a che la salute lo permette, le cose sono leggermente diverse, qui è l’archeologia ad essere reale. Ci si trasforma in “piccoli” archeologi.
Due settimane in cui corpo e mente vengono allenati, in cui si impara il mestiere dell’archeologo, si usa il linguaggio tecnico, si fanno i rilievi di scavo e i disegni dei materiali.
Per chi arriva per la prima volta ad un campo è tutto cosi strano,  sentire che qualcuno si esalta per un morto o per un misero frammento di vaso, tra l’altro neanche dipinto, è quasi assurdo e forse fa anche un po’ paura. Quando poi si scopre che per quelle ossa antiche, che vengono maneggiate con estremo rispetto e cura dall’antropologo fisico, qualcuno ha passato la notte sotto le stelle a fargli la guardia per proteggerle dai ladri di tombe diventa tutto ancora più irrazionale. Per far quadrare questo vortice insensato di persone bastano pochi giorni di scavo. Nel momento in cui si realizza e si comprende che per fare quel misero vaso, neanche dipinto, dietro c’è una civiltà antica di molti secoli, per la quale la creazione di quel vaso è stata una conquista tecnologica! E che forse è stato proprio quel morto a fare quel vaso si capisce che il quadrato è diventato cerchio.
Durante i campi, oltre a scavare su un vero sito archeologico, si hanno lezioni teoriche di inquadramento storico del sito, si impara la conoscenza dei materiali di scavo e si fanno visite guidate mirate a siti analoghi .
Tanto duro lavoro, questo è innegabile, a volte la vita in comune non è facile ma le emozioni e le soddisfazioni ricompensano tutto. Tornare l’anno successivo e trovare che quel misero frammento di vaso, neanche dipinto, che si è scavato si trova in una teca del museo comunale riempie di orgoglio e compiacimento.
Inoltre durante i campi c’è moltissimo spazio per i più giocherelloni che organizzano spesso battaglie di gavettoni serali, che coinvolgono tutti, tanto un po’ d’acqua non hai mai fatto male a nessuno!
Mentre i più seriosi si lasciano disinibire, ma non troppo perché la sveglia suona all’alba, dal vino che tra gli archeologi non manca mai!!

E’ una vacanza alternativa, una vacanza culturale …una vacanza diversa dal solito vamos a la playa!!

 

Mirta Varvesi 

Ultima modifica il Mercoledì, 09 Settembre 2009 10:26
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