La videocolposcopia del canale cervicale

Sergio Izzo, Salvatore Negrotti 19 Nov 2008

The Videocolposcopy of cervical canal

Corresponding Authors: Sergio Izzo *, MD,  Salvatore Negrotti**, MD.
* Department of Obstetric and Gynecology, A.O.R.N. ed Alta Specialità Sant’Anna e San Sebastiano  - Caserta
* AFaR , Associazione FateBeneFratelli per la Ricerca
**Department of Obstetric and Gynecology, Belcolle Hospital, Viterbo , Italy

Sommario:
La videocolposcopia dell’endocollo (VCSE) è una tecnica diagnostica, derivata dall’endocervicoscopia (ECS) che consente di studiare il canale cervicale per tutta la sua lunghezza, allo scopo di rilevare lesioni displasiche. e neoplastiche, eventualmente localizzate a tale livello.
Già nel corso di un normale esame isteroscopico è possibile, in uscita, esaminare l’endocervice; la VCSE si avvale egualmente dell’isteroscopio come strumento diagnostico ma la sua tecnica di esecuzione è ben diversa perché  richiede l’applicazione di acido acetico come colorante vitale della mucosa del canale cervicale; quindi, per certi aspetti, è sovrapponibile alla colposcopia, da  cui mutua le basi scientifiche e  il linguaggio descrittivo; è  per tali motivi che  noi la definiamo  come videocolposcopia dell’endocollo.

Con questa metodica vengono superate le difficoltà proprie dei casi in cui la giunzione squamocolonnare non è, del tutto o in parte, completamente valutabile; inoltre è possibile stabilire con accuratezza la dislocazione di un’eventuale lesione nel canale cervicale e la sua diretta visualizzazione, come nella colposcopia, permette di praticare delle biopsie guidate e di programmarne, poi, il  trattamento.
Previa applicazione di acido acetico al 5% sull’esocervice e nell’endocervice si utilizza l’ottica isteroscopica  per la ricerca di eventuali lesioni. Utilizziamo un mezzo di distensione liquido e non  gassoso: quest’ultimo interferendo con i liquidi (l’acido acetico) e/o il muco cervicale  potrebbe disturbare in qualche modo la visione. Il canale cervicale viene studiato in entrata (e non in uscita), all’inizio dell’esame, dopo una valutazione preliminare dell’esocervice; l’esame può essere completato  con un esame isteroscopico della cavità uterina. E’ un esame di semplice esecuzione. Vengono così, superate agevolmente le difficoltà proprie di altre tecniche diagnostiche endoscopiche come la microcolpoisteroscopia, indagine ben più complessa, che richiede un’adeguata esperienza  nell’interpretazione degli aspetti citopatologici e a cui fa difetto, a causa degli elevati ingrandimenti,  una visione d’insieme del canale cervicale.
Le ricadute positive, a nostro avviso, sono notevoli: vi è la possibilità, conoscendone l’esatta dislocazione, di personalizzare il trattamento delle lesioni del canale cervicale,  senza dover ricorrere, inutilmente, ad estese amputazioni del collo, del quale si preserva, in tal modo, l’integrità anatomo-funzionale, importante, soprattutto, per quelle donne desiderose di prole, un campione quest’ultimo, tutt’altro che trascurabile visto che un numero sempre più ampio di soggetti giovani è affetto da questo tipo di patologia. Inoltre  l’esito istologico delle biopsie guidate potrà suggerire, almeno in certi casi,  di astenersi dall’effettuare qualsiasi intervento, sia esso distruttivo o demolitivo, attuando un semplice follow-up e senza penalizzare, per questo, la paziente in termini di sicurezza.
Un aspetto molto importante di questa metodica è che essa permette di studiare nel corso della medesima seduta diagnostica, e nel giro di pochi minuti,  l’esocervice,  l’endocervice e, infine, la cavità uterina; può accadere, così, che in pazienti reclutate per sospetta patologia  cervicale si rilevino anche aspetti patologici  a livello della cavità uterina, e viceversa.
In definitiva possiamo senz’altro affermare che l’orizzonte esplorativo della VCSE è piuttosto ampio e che la sua affidabilità diagnostica è sufficientemente elevata; a questo aggiungiamo la considerazione, non secondaria, che la sua tecnica di esecuzione relativamente semplice le consente di essere appresa senza eccessive difficoltà, favorendone, quindi, la diffusione.



Parole chiavi: Endocervicoscopia, videocolposcopia del canale cervicale, CIN nel canale cervicale

LA VIDEOCOLPOSCOPIA DEL CANALE CERVICALE (VCSE)                                  

La diagnosi precoce delle neoplasie del collo dell’utero si fonda sul Pap-test e sulla Colposcopia. Anche se numerosi studi hanno dimostrato che il contemporaneo impiego delle due tecniche ha una notevole efficacia nell’aumentare il tasso di individuazione delle neoplasie cervicali, con valori di sensibilità anche del 98%(1), nella pratica clinica corrente è d’uso considerare l’esame colposcopico un’indagine di 2° livello da riservare essenzialmente alle pazienti con Pap-test anomalo.
La colposcopia è una metodica diagnostica precisa e  relativamente semplice; con essa è possibile effettuare un veloce esame panoramico del collo dell’utero e individuare, con notevole efficacia, la presenza di eventuali lesioni  definendone con accuratezza la disposizione topografica il che rappresenta il necessario preludio all’attuazione di biopsie mirate e, anche sulla scorta dei risultati istologici di queste ultime,  all’eventuale programmazione  terapeutica. Un esame colposcopico, per essere completo deve visualizzare la zona di giunzione squamocolonnare (GSC) nella sua interezza e individuare l’eventuale presenza di lesioni displasiche definendone precisamente l’estensione e soprattutto il loro limite superiore. La principale limitazione diagnostica della colposcopia è  rappresentata, infatti, dall’impossibilità di valutare l’endocollo e pertanto la sua affidabilità si riduce, anche notevolmente, quando la  GSC risale nel canale cervicale, o quando una lesione displasica si estende  oppure abbia sede esclusivamente in esso.
La possibilità che la GSC non venga visualizzata, del tutto, o in parte, non è affatto remota: infatti l’incidenza di tale fenomeno oscilla, nei vari studi,  dal 26%(2) al 36,6%(3) dei casi. Da alcune ricerche si evince che, nel complesso, dal 13%(4) al 57%(5) delle colposcopie non possono essere considerate come conclusive. In un importante lavoro condotto su 2500 colposcopie (4) le cause principali di questo fenomeno erano rappresentate, nel 12,7% dei casi dalla mancata visualizzazione della lesione, nel 34,5%  dalla sua sede esclusivamente endocervicale  e soprattutto, nel 52,7%, dall’estensione nell’endocollo di una lesione primitivamente esocervicale.  Anche l’età delle pazienti può condizionare la qualità dell’esame colposcopico rendendolo più difficoltoso nelle fasce di età più alte, soprattutto in perimenopausa (2-6). Shingleton (7) ha osservato che la zona di giunzione non può essere visualizzata  completamente solo in un caso su 40 (2,5%) nelle donne di età inferiore ai 30 anni, in un caso su 6 (16,7%) nelle donne dai 30 ai 40 anni, e in un caso su 4 (25%) nelle donne oltre i 40 anni. Tutto questo si riflette sui non rari insuccessi terapeutici testimoniati dalle conizzazioni incomplete e dalle conseguenti recidive (8-9-10).

Foto 01 - Orificio uterino esterno di nullipara – L’orificio uterino esterno tondeggiante, può essere svasato dalla pressione idrostatica del liquido utilizzato per l’esame, appare circondato da mucosa malpighiana di colorito roseo

Un altro problema inerente la patologia cervicale è posto dall’adenocarcinoma in situ  dell’endocervice uterina che ha raddoppiato la sua frequenza negli ultimi decenni(11-12);  questo fenomeno è stato correlato al più largo uso dei contraccettivi orali(13). Inoltre è stata suggerita la possibilità di una sua rapida progressione essendo stati osservati dei piccoli carcinomi invasivi anche in assenza di forme in situ,  localizzati più spesso in prossimità della GSC;  va rilevato, infine, che la variante endometroide pur avendo la stessa istogenesi può originare più in alto nel canale cervicale, anche in prossimità della giunzione colonno-colonnare(GCC), e può sfuggire, quindi, a un comune esame coloscopico (14).

Foto 02 - Il canale cervicale regolare – Le pieghe palmate e le sporgenze secondarie laterali degli alberi della Vita. Il filtro verde ne evidenzia la vascolarizzazione superficiale.

Sempre in tema di patologia endocervicale non si può non parlare del cosiddetto ”salto di lesione”, un fenomeno caratterizzato dalla presenza di un’ulteriore zona di tessuto affetto, nell’endocollo, con l’interposizione di tessuto sano, oltre il limite superiore della lesione primitivamente rilevata sull’esocervice; questo fenomeno potrebbe essere spiegato con la possibile origine multifocale della CIN nel canale endocervicale (15).

Foto 03 - Uovo di Naboth – Talora uniche, altre volte multiple, appaiono associate a sequele vascolari ( filtro verde), le cisti di NAboth hanno una evidenza endoscopica indiscutibile.

E’ necessario, allora, poter disporre di  metodiche diagnostiche che possano consentire una valida esplorazione  dell’endocervice anche perché negli ultimi anni l’approccio terapeutico alla CIN si è notevolmente modificato,  cercando, infatti, di ricorrere sempre meno a terapie troppo demolitive, rappresentate dall’amputazione del collo, dalla conizzazione e, talora, perfino dall’isterectomia. Ad esse vengono preferiti interventi meno invalidanti la cui corretta realizzazione presuppone, però,  un’accurata definizione topografica della lesione; infatti appare logico  che l’efficacia del trattamento impiegato sia massima quando è possibile conoscere esattamente l’estensione della lesione; ne consegue che la sua disposizione topografica può avere un’importanza pari, se non superiore, a quella del suo grading istologico  nel suggerire la  metodica terapeutica più efficace;  è possibile, allora,  asportare, o distruggere,  lesioni anche di alto grado con interventi  limitati senza per questo pregiudicare una loro  completa guarigione e a tutto vantaggio dell’integrità anatomica del collo dell’utero, un aspetto questo non secondario qualora si rammenti che la CIN colpisce spesso pazienti giovani (16). A tale riguardo va rilevato che i dati epidemiologici più recenti evidenziano un incremento dell’incidenza e della prevalenza della CIN nelle fasce di età più giovanili (17-18-19); questo incremento è riconducibile alla maggiore diffusione dell’infezione da HPV, notoriamente considerata come il principale fattore di rischio per questo tipo di patologia (20-21) favorita, a sua volta, dalla maggiore permissività in campo sessuale osservata negli ultimi anni (22).

Foto 04 - Uovo di Naboth – Talora uniche, altre volte multiple, appaiono associate a sequele vascolari ( filtro verde), le cisti di NAboth hanno una evidenza endoscopica indiscutibile.

E’ vero che  le nuove tecniche di citologia su strato sottile ed i test virali possono essere di notevole aiuto nell’individuare la presenza di lesioni di natura displasica, o anche più grave, a carico della cervice uterina;  ma nulla ci dicono  riguardo la loro esatta localizzazione.
Il riscontro, nei preparati citologici, di cellule AGC deve far riflettere sulla loro possibile origine da lesioni localizzate non solo a livello dell’endometrio ma anche dell’endocervice e, talora, dell’esocervice; proprio da tale osservazione è scaturito il suggerimento di integrare, in questi casi, alla colposcopia con biopsia mirata anche un curettage del canale cervicale (ECC) soprattutto quando si tratta di donne in età più avanzata (23). Le cellule AGC vanno  considerate come marcatori di potenziali neoplasie ginecologiche (24); nei successivi follow-up, cui vengono sottoposte le donne con positività per tali cellule, possono essere diagnosticati carcinomi endometriali o anche H-SIL (25) a carico dell’epitelio squamoso o ghiandolare della cervice uterina e, per tale motivo, viene raccomandato, come procedura corretta , di valutare  queste donne con colposcopia  ed ECC ( curettage del canale cervicale) (26).

Foto 05 - Gli sbocchi ghiandolari – L’applicazione dell’acido acetico al 5% nel canale cervicale permette di evidenziare l’epitelio metaplasico/displasico e spesso appaiono formazioni tondeggianti od ovali, espressione di coinvolgimento dei colletti ghiandolari ed in alcuni casi delle ghiandole stesse; si traducono in immagini ad anello a margini più o meno ispessiti in campo biancastro sottile (in alto) o più ispessito (in basso).


Già da diverso tempo è stato osservato che anche a fronte di un esame colposcopico soddisfacente e con risultato negativo per patologia  vi è la possibilità di rilevare con l’ECC una displasia del canale cervicale (27-28) e pertanto  ne è stata sottolineata la sua validità come esame complementare alla colposcopia (29). Sono stati prodotti studi che sostengono il suo impatto positivo sulla diagnosi e sul successivo trattamento in pazienti affette da SIL di alto o basso grado e che, pertanto, suggeriscono di associarlo a tutti gli esami colposcopici di routine (30). Altri autori lo ritengono una tappa irrinunciabile (31) prima del trattamento distruttivo delle displasie della portio anche quando al controllo colposcopico esse non sembrano interessare il canale cervicale (32-33).

Foto 06 - Gli sbocchi ghiandolari – L’applicazione dell’acido acetico al 5% nel canale cervicale permette di evidenziare l’epitelio metaplasico/displasico e spesso appaiono formazioni tondeggianti od ovali, espressione di coinvolgimento dei colletti ghiandolari ed in alcuni casi delle ghiandole stesse; si traducono in immagini ad anello a margini più o meno ispessiti in campo biancastro sottile (in alto) o più ispessito (in basso).


La  validità diagnostica dell’ECC è stata, però, messa in discussione (34-35) a causa di alcuni limiti della metodica quali la scarsa quantità della campionatura, con materiale spesso insufficiente e non agevolmente orientabile, e quindi poco adeguato per una corretta diagnosi istologica (36-37); inoltre la sua accuratezza diagnostica è resa incerta  anche dal fatto che c’è il rischio di misconoscere, o sottovalutare, patologie di alto grado e tumori microinvasivi (38). Infine va osservato  che questo esame non è di alcun aiuto nel definire topograficamente la lesione.

Foto 07 - Immagine endocervicoscopica di Epitelio Bianco Ispessito – Il caratteristico passaggio della GSC evidenzia un’area bianca aceto-positiva omogenea a margini ben marcati e frastagliati che risale nel canale cervicale e si distende fino all’OUI; nel suo contesto si osservano numerosi sbocchi ghiandolari con margini rilevati espressione dell’ispessimento ed eventuale coinvolgimento ghiandolare profondo.


La microcolpoisteroscopia (39-40-41-42), introdotta nel 1979 da  Hamou, per lo studio della cervice  non ha mai conosciuto  una reale e definitiva affermazione; si tratta infatti di una metodica piuttosto indaginosa e che richiede da parte dell’operatore un adeguato training in campo citopatologico. La possibilità di ottenere elevati ingrandimenti se da un lato è certamente vantaggiosa dall’altro presenta il difetto di ridurre, anche notevolmente, l’ampiezza del campo visivo il che oltre ad accrescerne la difficoltà di esecuzione tecnica fa mancare all’operatore anche una visione d’insieme del canale cervicale. Essa non può essere praticata contemporaneamente alla colposcopia perché l’acido acetico modificando il PH cellulare va ad interferire con l’assunzione del blu di Watermann;  viene così compromessa la selettività di distinzione fra i due epiteli, squamoso e ghiandolare, della cervice; inoltre l’applicazione, con batuffolo, di acido acetico, potrebbe causare una desquamazione cellulare che renderebbe più difficile la valutazione microcolpoisteroscopica.. Altri limiti della validità diagnostica di questa tecnica, peraltro menzionati dallo stesso Hamou (43), sono rappresentati da condizioni particolari quali  l’adenocarcinoma endocervicale primitivo, la presenza del fenomeno del “salto di lesione”, l’invasione della giunzione colonno-colonnare (GCC) da parte della variante endometrioide del carcinoma dell’endometrio e dell’endocervice, ma in particolare l’impossibilità d seguire la GSC che risale nel canale cervicale e quindi l’impossibilità di offrire un esame panoramico del canale stesso.Altro limite invalicabile della Microcolposcopia, cme cita J.C. Boulanger è costituito dalla “stenosi” dell’ orificio uterino esterno come nelle nullipare, nelle donne in postmenopausa e nei casi di  esiti di trattamenti cervicali.

Foto 08 - L’immagine endocervicoscopica del Mosaico – Acido Acetico – E’ costituita da un insieme di formazioni tondeggianti,ovalari o a losanga, sullo sfondo di un tessuto biancastro ben evidente dopo applicazione di acido acetico al 5%. Appare evidente l’aspetto regolare delle immagini in alto che contrasta con l’aspetto irregolare delle immagini in basso

 

Foto 09 - Immagine endocervicoscopicadella punteggiatura. Su un fondo di colorito biancastro che ,specie dopo applicazione di acido acetico al 5% nel canale, si differenzia il colorito rose dell’epitelio malpighiano normale, si disegna un insieme di immagini puntiformi , associate ad immagini  di formazioni tondeggianti (mosaico) , maggiormente evidenti al filtro verde.

Noi  crediamo, invece,  che per la diagnostica del canale cervicale possa essere adottata una tecnica diagnostica alternativa da noi messa a punto, derivata dall’ endocervicoscopia, che integra, nella stessa seduta, l’isteroscopia con l’endoscopia del canale cervicale; inoltre  essa consente anche una  valutazione preliminare dell’esocervice; a  differenza dall’isteroscopia del canale cervicale l’esame  viene effettuato con l’ottica in entrata, nell’utero, e non in uscita, allo scopo  di non traumatizzare la superfice mucosa dell’endocollo; inoltre, e a differenza dell’endocervicoscopia, si fa precedere l’indagine dall’applicazione, sulla portio e nel canale cervicale, di acido acetico al 5%, alla guisa di una comune colposcopia ed è per questo che noi preferiamo definirla come videocolposcopia dell’ endocollo (VCSE)
Essa può essere praticata subito dopo, o subito prima, della colposcopia. Si esplora nella stessa seduta tutta la cervice, nella sua porzione esocervicale ed endocervicale, così è possibile una valutazione topografica esatta delle lesioni che eventualmente risalgono nel canale cervicale così come con la colposcopia si può fare per quelle a sede  esocervicale. Questa indagine è praticabile in qualsiasi momento della vita della donna, e quindi in entrambe le fasi del ciclo,  in età fertile, e in postmenopausa. Noi preferiamo, comunque, la fase periovulatoria, quando il canale cervicale è beante, anche se il muco  può essere di un qualche impaccio all’esame.
Questa metodica ci consente l’esame in vivo della cervice e del canale endocervicale. Essa deve molto alla colposcopia con cui condivide le basi fisiche e scientifiche, lo scopo diagnostico, e cioè individuare lesioni della cervice uterina, l’utilizzo di coloranti vitali, quali l’acido acetico, e, infine, la terminologia.
A differenza della colposcopia utilizza un diverso strumentario ottico, l’isteroscopio;  avremo, pertanto, solo una visione bidimensionale, e non quella tridimensionale del colposcopio;  per tale motivo la definiamo come videocolposcopia dell’endocollo. L’uso dell’isteroscopio può presentare anche qualche vantaggio, rispetto al colposcopio, quale, ad esempio, il maggior ingrandimento (colposcopia 6-40 volte, VCS 20-60 volte); inoltre,  e piace sottolinearlo, a differenza della colposcopia non solo è possibile visualizzare il canale cervicale per tutta la sua lunghezza ma si può anche completare la seduta diagnostica  con un esame isteroscopico della cavità uterina. Riteniamo che questa tecnica consentirà di eliminare l’espressione “ esame colposcopico non conclusivo per mancata visualizzazione della GSC per intero” .

Foto 10 - I vasi atipici – L’applicazione dell’acido acetico al 5% nel canale cervicale non interferisce con la possibilità di evidenziare in un epitelio aceto-reattivo un disegno vascolare fine ed irregolare che contribuisce alla formulazione della diagnosi di malignità.La comparsa di formazioni bianco-lardacee esuberanti, di taglia ineguale nel contesto di un tessuto friabile, il disegno vascolare anarchico costituito da vasi di calibro diverso, a decorso sinuoso, che talora bruscamente si approfondano nel chorion con improvvise angolazioni e spaziatura irregolare, le ramificazioni vascolari irregolari, sono suggestive di invasività del terzo alto del canale cervicale.


Per eseguire l’esame ci si avvale di mezzi tecnici già in uso da anni: un comune  isteroscopio, con focale di 30°, una sorgente di luce alogena, meglio se allo xenon, un’apparecchiatura per la ripresa televisiva e/o fotografica.
Si utilizza, prima dell’esame, una soluzione di acido acetico al 5% che viene applicata sull’esocervice e, con l’aiuto di una siringa da insulina senza ago, anche nel canale cervicale.
Come mezzo di distensione, per il canale cervicale e per la cavità uterina, ne preferiamo uno di tipo  liquido rispetto a uno di tipo gassoso perché quest’ultimo interferisce facilmente con il muco e con i liquidi, quali  l’acido acetico  producendo delle bolle gassose che possono disturbare la qualità dell’immagine (Tabella N°1).

Considerato che l’esame è complementare alla colposcopia appare naturale adottarne anche la terminologia e la classificazione, per cui, in breve, prevediamo (Tabella N°2).

Le indicazioni all’esame possono essere assolute oppure relative :

  • ASSOLUTE: lesioni parzialmente o interamente endocervicali; una discordanza fra reperto citologico, istologico e risultati dell’esame colposcopico; la necessità di un esame sistematico e panoramico dell’intero canale cervicale fino all’istmo e oltre.
  • RELATIVE: per effettuare un esame del canale cervicale, per programmare il grado di profondità di un’eventuale terapia distruttiva, o per una valutazione preliminare prima di un intervento di resezione con ansa , o di cilindrizzazione laser, oppure di conizzazione a lama fredda.

In effetti con questo esame è possibile valutare con esattezza  la quantità di tessuto cervicale che è necessario asportare, soprattutto in termini di lunghezza del cilindro, qualora si pratichi una lasercilindrizzazione,  e possiamo anticipare che, nella nostra esperienza (44), l’utilizzo della VCSE ci ha consentito  di ridurre non solo il numero degli interventi ma anche la quantità di tessuto asportato potendo trattare, in casi selezionati, anche lesioni  di alto grado con interventi piuttosto limitati. E’ possibile, poi,  scongiurare i rischi di un trattamento incompleto connessi al cosiddetto fenomeno del salto di lesione, che con la VCSE è agevolmente individuabile,

VCSE: la nostra esperienza
La nostra esperienza in tema di VCS (44-45-46) si fonda su 1584 esami relativi a pazienti con un range di età che va da un minimo di 21 anni ad un massimo di 91, su un totale di circa 5860 isteroscopie. In 1268 casi, su 1584 VCSE, abbiamo completato l’esplorazione diagnostica con un’isteroscopia della cavità uterina (Tabella N°3).

I criteri di inclusione per effettuare l’esame sono stati i seguenti:

  • citologia anormale (ASCUS-AGUS)
  • colposcopia insoddisfacente, o non conclusiva, con GSC parzialmente o totalmente endocervicale
  • sanguinamento anomalo dal canale cervicale
  • preparazione all’intervento  escissionale, o anche distruttivo,  per CIN.


Su 1584 pazienti 332 erano in postmenopausa e 1253 in età fertile; 829 donne erano state selezionate per l’esame a causa di una patologia endometriale e 755 per una patologia cervicale.
La dislocazione della GSC era esocervicale solo nell’15% delle pazienti, mentre in 56 casi, pari al 3,5% del totale non era comunque valutabile. In 247 casi (15,6%) la giunzione era situata nell’endocervice a più di 10 mm dall’orificio uterino esterno ( tabella n.5)

Nello sviluppare questa metodica abbiamo individuato vari criteri cui fare riferimento:

  • dislocazione della GSC rispetto all’OUE ( esocervicale, <5mm, 5/10mm, >10mm, fino all’Orificio Uterino Interno)
  • stato della mucosa endocervicale per quello che riguarda le sue componenti e la loro  corrispondenza con le varie fasi del ciclo
  • presenza di cisti di Naboth
  • presenza di polipi, con o senza metaplasia
  • stato flogistico
  • vascolarizzazione tipica o atipica, di lieve o alto grado ( che pare assumere un ruolo di grande importanza  nella patologia della linea ghiandolare)
  • valutazione della zona di trasformazione anormale (TA) e sua dislocazione.

Nel corso degli esami sono stati praticati dei piccoli interventi:

  • Polipectomia endometriale/endocervicali : 146 casi
  • Resezione del setto uterino: 10 casi

Risultati istologici delle biopsie eso ed endocervicali: (Tabella N°6)

  • metaplasia squamosa. 316 casi
  • HPV/CIN1 :  234casi
  • CIN II:  77  casi
  • CIN III: 55 casi
  • Ca portio: 9 casi
  • Adenocarcinoma endocervicale: 7 casi.

Risultati istologici nelle biopsie endometriali (Tabella N°7):

  • Normale: 348 casi
  • Poliposi endometriale: 212 casi
  • Iperplasia adenomatosa senza tipia :  435 casi
  • Iperplasia adenomatosa severa ( di tipo complex), senza atipie: 18 casi.
  • Iperplasia adenomatosa  con atipie: 8 casi
  • Adenocarcinomna endometrio: 10 casi.

E’ senza dubbio interessante far notare che nelle pazienti avviate all’esame per una sospetta patologia endometriale (Tabella N°8) è stata spesso rinvenuta anche una concomitante patologia a sede eso o endocervicale: infatti su un totale di 831 pazienti abbiamo riscontrato 215 casi di metaplasia squamosa immatura, 158 casi di HPV/CIN1 , 48 casi di CIN II, 24 casi di CIN III e 4 casi di Ca endocervicale. Si comprende come tutti questi casi patologici sarebbero potuti sfuggire ad una corretta, o perlomeno precoce, individuazione se ci si fosse limitati a praticare una comune isteroscopia.

Un discorso inverso si può fare per le 735 pazienti  reclutate e avviate all’esame per sospetta patologia eso-endocervicale: in queste casi abbiamo trovato, spesso, una concomitante patologia a livello endometriale, e cioè (Tabella N° 9):

  • utero setto:19 casi
  • poliposi endometriale: 61 casi
  • iperplasia endometriale: 172 casi ( di cui 8 con atipia)
  • sospetto Ca endometrio : 3 casi

Al riscontro istologico sul materiale prelevato abbiamo rilevato in 172 casi gradi diversi di iperplasia endometriale, di cui 8 severi, in 105 casi una poliposi adenomatosa  ed infine 3 casi di Ca endometriale. Vogliamo sottolineare, anche in questo caso, che tutte queste patologie sono state rilevate in donne che erano state sottoposte all’esame per una patologia di tipo esocervicale o, al massimo, endocervicale  e grazie alla VCS abbiamo potuto allargare l’indagine anche alla cavità uterina e riscontrare, così, patologie anche gravi che altrimenti sarebbero potute sfuggire o, perlomeno, essere diagnosticate più tardivamente.

Della microcolpoisteroscopia,  delle sue difficoltà tecniche e  conseguente scarsa diffusione, abbiamo già discusso prima; per quanto riguarda l’altro esame alternativo, per lo studio del canale cervicale, e cioè l’Esplorazione del Canale Cervicale con curettage (ECC); a parte la sua incapacità a fornire una precisa localizzazione topografica della lesione abbiamo  verificato anche noi, e in accordo con quanto citato prima,  una sua scarsa accuratezza diagnostica; infatti anche nella  nostra esperienza esso tende a sottostimare la reale gravità della patologia. Siamo giunti a tale conclusione  confrontando i risultati istologici ottenuti tramite un  ECC e quelli ottenuti con biospie guidate in corso di VCS.
Infatti  su un totale di 706 esami abbiamo rilevato che (Tabella N° 10):

  • in 8 casi (1,13%) l’ECC dava un esito positivo per patologia, mentre la VCS dava un esito falsamente negativo (VCS: falso negativo)
  • in 18 (2,50%)  casi la VCS dava esito positivo, mentre l’ECC e una biopsia orientata in corso di VCSE avano esito negativo (VCSE: falso positivo)
  • in 136 ( 19,3%)  casi c’era concordanza, nei risultati, fra la VCSE e la biopsia guidata, mentre l’ECC dava un esito falsamente negativo, pari al 19,3 % del totale dei casi (VCSE: predittività positiva 94,4%).
  • in 544 casi c’era concordanza di risultato, peraltro negativo, fra VCS ed ECC (predittività negativa VCSE 96,79%)

 

 

Quindi in casi di risultati positivi per patologia l’ECC risulta meno affidabile della VCSE. Si può continuare con altri esempi, sempre tratti dalla nostra esperienza: infatti sulla scorta dei risultati dell’esame istologico abbiamo rilevato che (Tabella N°11):

  • per l’HPV-CIN I in 7 casi l’ECC ha dato esito positivo e la VCS, un dato falsamente, negativo, ma in ben 115 casi si è verificato l’inverso e cioè che la VCSE e la biopsia davano esito positivo, mentre l’ECC dava un esito falsamente negativo. Lo stesso vale per 12 casi di CIN II e 7 casi di CIN III, di cui uno Microinvasivo ( Stadio  1A1)

L’affidabilità diagnostica della VCS appare, quindi,  ampiamente confermata dall’analisi di questi dati (Tabella N°12).

 

DISCUSSIONE

La diagnosi della patologia displastica o neoplastica del collo dell’utero si affida in prima istanza al Pap-test, o ad altre metodiche citologiche più sofisticate, eventualmente integrate dall’esecuzione di test virali per la ricerca dell’HPV; è risaputo, infatti che il DNA di questo virus  è stato riscontrato nel 93% delle neoplasie cervicali invasive (47); le metodiche citologiche, e il Pap-test in particolare, meglio si prestano  per uno screening di massa dei precursori del carcinoma cervicale e sono state determinanti nel ridurne la mortalità fino al 70% negli ultimi decenni (48-49); esse non riescono, però, a ridurre l’incidenza dell’adenocarcinoma del canale cervicale (23), la cui frequenza, come detto prima, è aumentata negli ultimi anni. Le metodiche citologiche non possono, comunque, indicarci la sede precisa della lesione
Anche le altre metodiche diagnostiche finora proposte per lo studio del canale cervicale presentano tutte dei limiti e questo genera, ovviamente, molte perplessità sul loro possibile impiego: con la colposcopia non è possibile valutare l’endocollo; l’ECC, oltre ad essere impreciso sulla reale gravità

delle lesioni non  può indicarci la loro sede; alla microcolpoisteroscopia fa difetto la possibilità di fornire una visione d’insieme del canale cervicale ed è, peraltro, di difficile esecuzione.
Il problema diagnostico principale, in tema di patologia cervicale,  è sempre rappresentato dal dimostrare, in tutti i casi in cui è presente, l’interessamento del canale cervicale da parte della CIN e, soprattutto, di riconoscere sempre il limite superiore della lesione, ancor più quando si tratta di lesioni plurifocali che sono all’origine del cosiddetto fenomeno del “salto di lesione”. Avere la possibilità di valutare completamente l’estensione endocervicale della CIN, oppure la sua insorgenza primitiva in tale sede, rappresenta indubbiamente il prerequisito esenziale per poter effettuare un trattamento mirato, risolutivo, e, quindi, non incompleto, sia esso di tipo ablativo, o anche distruttivo, quando la situazione lo consente, con lo scopo non secondario di evitare procedure inutilmente demolitive.
Rimane, a questo punto, da discutere il ruolo diagnostico che può avere la VCSE nell’individuare e, soprattutto, nel precisare topograficamente le lesioni cervicali; a parte la  sua validità nel definire la reale gravità della patologia, e su questo punto i dati che abbiamo presentato circa l’esito dell’esame istologico effettuato sul tessuto prelevato con le biopsie orientate possono già ritenersi confortanti, noi vogliamo soprattutto rimarcare la sua capacità di definire con esattezza la sede e l’estensione delle lesioni cervicali. Essa rappresenta, a nostro avviso, una metodica diagnostica adeguata per lo studio del canale cervicale e i risultati  della nostra esperienza in tema di trattamento della CIN sembrano confermarlo.
La nostra casistica (44-45-46) comprende un ampio gruppo di 3153 casi osservati in un periodo di tempo compreso fra il 1989 e il Dicembre 2006, per il cui trattamento ci siamo avvalsi, essenzialmente di tre metodiche: la laservaporizzazione, la lasercilindrizzazione e l’intervento combinato di LEEP e laservaporizzazione.  E’ nostra intenzione riferire, in particolare, sugli interventi di lasercilindrizzazione che, com’è facile intuire, sono stati riservati a quelle pazienti in cui era evidente un interessamento del canale cervicale.  Si tratta, complessivamente, di 666 interventi e, in questa serie abbiamo studiato, fra gli altri, due aspetti: la lunghezza del cilindro di tessuto asportato e lo studio dei margini di escissione, indenni o meno, del pezzo asportano confrontando i risultati ottenuti nei due periodi di tempo che hanno preceduto e seguito, rispettivamente, l’introduzione sistematica, in fase perioperatoria, della VCSE.
Vediamo subito che lunghezza del cilindro in 315 casi è inferiore ai 15 mm, in 220 casi è uguale o poco inferiore ai 20 mm, in 94 casi appena oltre i  20 mm. mentre in 37 casi la lunghezza del cilindro di tessuto asportato arriva fino all’apice del canale cervicale.
In 27 casi, su un totale di 666 , i margini di escissione, al ricontro istologico sul pezzo asportato, sono risultati non indenni verso l’apice . (4,0% del totale). Di questi 27 casi 7 sono stati sottoposti a isterectomia mentre per i restanti si è provveduto ad effettuare un follow-up. Vogliamo subito precisare che l’esame istologico effettuato sull’utero asportato, nei sei casi di isterectomia (di cui 4 di tipo radicale) non ha mai evidenziato la presenza di patologia residua; questo può essere spiegato con il successivo passaggio di laservaporizzazione che effettuiamo sempre sulla superfice di taglio, dopo l’ablazione della lesione (50), e che evidentemente provvede ad eliminare i residui di tessuto patologico sfuggiti all’intervento.

Ritornando all’analisi della lunghezza del cilindro di tessuto e della presenza, o meno, di margini di escissione non indenni vogliamo evidenziare le differenze che abbiamo rilevato nei due periodi di tempo che precedono e fanno seguito all’introduzione sistematica della VCSE in fase perioperatoria, e cioè a partire dall’anno 2000. Il numero di casi appartenenti al secondo periodo non offre, forse, un campione adeguato per una corretta interpretazione statistica, ma nondimeno ci consente di fare alcune osservazioni, a nostro avviso,interessanti:

  • la percentuale di pazienti sottoposte ad asportazione di un cilindro di tessuto fino a 15 mm è identica nei due gruppi ma nel secondo sono più numerosi, percentualmente, i casi di patologia di alto grado; la scelta di praticare una cilindrizzazione poco profonda anche per  lesioni di grado elevato è resa possibile dalla capacità della VCSE di indicarci con precisione il limite superiore della lesione.
  • Nei soggetti sottoposti ad asportazione di un cilindro di tessuto fino a 20 mm si passa dal 39% al 24,1%, una differenza certamente esigua,ma confidiamo sul fatto che con l’aumento del numero di casi trattati essa tenderà a crescere
  • Invece nel gruppo di pazienti sottoposte ad asportazione di un cilindro di tessuto compreso fra i 20 e i 25 mm assistiamo a un dimezzamento della percentuale: si passa infatti dal 20,4% del periodo precedente l’introduzione della VCSE al 5,1% relativo al periodo successivo.
  • Le pazienti sottoposte ad asportazione di un cilindro di tessuto fino all’apice de canale cervicale rappresentano il 13,5% ( dato costante negli anni di osservazione)  di tutte le lasercilindrizzazioni ma appartengono esclusivamente al periodo successivo all’introduzione della VCSE: il poter esaminare il canale cervicale per tutta la sua lunghezza ci ha permesso di individuare lesioni nella sua parte più alta e di optare,  conseguentemente, per l’asportazione di tutta l’endocervice.
  • Per quanto riguarda i margini non indenni su un totale di 35 casi , 8 casi l’anatomo-patologo riferisce i margini incompleti alla resezione sull’Orificio uterino esterno, e quindi non rilevanti ai fini oncologici. In 27 pazienti i margini risultavano non indenni verso l’apice e/o i margini laterali profondi ( significativamente positivi ai fini oncologici) , di questi 18 di essi si collocano nel periodo precedente l’adozione della VCSE, essi sono pari al 4,59 % del gruppo di pazienti, mentre solo 9 casi  su 274, pari praticamente all’3,2% circa si è verificato nel periodo successivo e si trattava, nel caso specifico, di 5 casi già tecnicamente attesi per il coinvolgimento specifico della parte alta del canale fino all’OUI, e precisamente  un adenocarcinoma microinvasivo di tipo endometrioide situato in prossimità dell’apice, alla giunzione colonno-colonnare (il successivo esame istologico, effettuato sull’utero asportato, non evidenziava, comunque, la presenza di patologia residua) e 2 carcinomi squamosi invasici del tratto alto del canale e due CIN2 in riconizzazione , attualmente in follow-up. Quindi anche per la problematica relativa ai margini non indenni appare evidente il netto miglioramento dei risultati ( solo 1,45%) , peraltro già buoni, ottenuti nel periodo successivo all’introduzione della VCS.

Sempre riferendoci alla nostra esperienza in tema di trattamento della CIN abbiamo notato evidenti miglioramenti anche per quel che riguarda la problematica relativa alle recidive; infatti  nel periodo successivo all’adozione sistematica della VCSE;  la percentuale di guarigione passa per la CIN I dal 98,5% al 100%, per la CIN II dal 93,5% al 97.4% e per la CIN III dal 91,4% al 93,7%; vogliamo comunque far notare che quando parliamo di recidive non ci riferiamo quasi mai al grado di patologia iniziale: spesso si tratta di zone di epitelio bianco sottile (EBI) per le quali ci si limita ad effettuare un rapido passaggio di laservaporizzazione.

In uno studio retrospettivo/prospettico, tuttora in corso, abbiamo riesaminato 96 campioni di cilindrizzazione laser e sono stati confrontati i rilievi istologici  con i rilievi endocervicoscopici. In particolare sono stati esaminati i seguenti parametri:

  • La risalita della Giunzione Squamo-Colonnare nel canale rispetto al margine esterno della cervice uterina calcolata in millimetri, valutando una tollerabilità +/- 1 mm. tra rilievo istologico ed endocervicoscopico ( ricordiamo i cinque raggruppamenti endocervicoscopici di riferimento per la GSC, tabella N.);
  • Il coinvolgimento ghiandolare metaplasico e/o displasico  nel canale cervicale;
  • La Metaplasia squamosa presente nel canale cervicale;
  • Il fenomeno del Salto.


I dati sono riassunti nella tabella N. 14.

 

Possiamo rilevare, ancora una volta, dall’analisi dei dati riportati in questa tabella, l’affidabilità diagnostica della VCSE: infatti la valutazione della risalita della GSC nel canale cervicale risulta essere corretta nel 97.7% dei casi; il coinvolgimento ghiandolare è stato individuato nel 96,6%, la metaplasma squamosa nel 100% e il fenomeno del salto di lesione in 7 casi su 8 (87,5%)


CONCLUSIONI

Ancora oggi l’esplorazione diagnostica del canale cervicale si affida a metodiche che presentano importanti limiti; il problema principale è quello di individuare tutti i casi in cui l’endocervice può essere interessata dalla CIN, sia che si tratti dell’estensione endocervicale di una lesione insorta primitivamente sull’esocervice, sia che si tratti di una lesione insorta primitivamente in essa; ancora più importante è poter definire esattamente i suoi limiti topografici e soprattutto quello superiore.
L’estensione endocervicale della CIN, un fenomeno tutt’altro che infrequente, può da un lato condizionare la scelta della metodica di trattamento più opportuna e, dall’altro, inficiare i risultati terapeutici. E’, pertanto, chiaro che proprio l’esatta definizione topografica della lesione deve guidare l’operatore nella scelta della metodica terapeutica più opportuna con l’obiettivo di evitare interventi troppo demolitivi o, peggio, incompleti.
E’ noto che la frequenza dell’interessamento endocervicale della CIN è direttamente proporzionale al grado di displasia della lesione; ne deriva che occorre essere piuttosto prudenti nel trattare con metodi distruttivi lesioni di altro grado, a meno che  non si sia in grado di escluderne con sicurezza un interessamento endocervicale e di stabilirne precisamente il limite superiore.
Noi riteniamo, e siamo confortati in questo dai dati in nostro possesso, che la VCSE possa rappresentare una metodica diagnostica adeguata per lo studi del canale cervicale: la sua affidabilità diagnostica è elevata, l’esecuzione è relativamente semplice e non richiede un’attrezzatura particolare essendo sufficiente quella comunemente impiegata per un’isteroscopia di routine. E’ possibile avere una visione panoramica del canale cervicale, non ottenibile con la microcolpoisteroscopia, e risolvere il problema della mancata visualizzazione della GSC. Con questa metodica e a differenza, per esempio, dell’ECC, si può definire con accuratezza l’estensione della lesione nel canale cervicale superando, così, anche il problema posto dall’insidioso fenomeno del salto di lesione. Questo ci permette di mantenere un atteggiamento terapeutico più conservativo e quindi più rispettoso della capacità riproduttiva della donna senza che questo comporti una ridotta sicurezza in termini di guarigione. I risultati della nostra esperienza, con particolare riguardo alla problematica dei margini non indenni e della lunghezza del cilindro di tessuto asportato in seguito ad intervento di lasercilindrizzazione e, ancora, delle percentuali di recidive dopo il trattamento appaiono confermare  i nostri concetti espressi a proposito della validità diagnostica della . VCSE Vogliamo, poi, aggiungere che poter disporre di una metodica come la VCSE ci permette anche di affrontare con maggior tranquillità, in determinati casi, la scelta di non operare alcun trattamento e limitarci, invece, ad effettuare un semplice follow-up.
Vogliamo, ancora, sottolineare la possibilità di esaminare in unica, e breve, seduta diagnostica, l’intero organo uterino; abbiamo visto come, nella nostra esperienza, nelle pazienti selezionate per una sospetta patologia endometriale coesiste spesso anche una patologia eso/endocercicale e che, al contrario, nelle pazienti avviate all’esame per una sospetta patologia eso/endocervicale è possibile riscontrare patologie anche gravi a livello della mucosa endometriale.
In definitiva possiamo senz’altro affermare che l’orizzonte esplorativo della VCSE è piuttosto ampio e che la sua affidabilità diagnostica è sufficientemente elevata.

BIBLIOGRAFIA

  1. Baldauf  JJ, Hamid D, Ritter J, Walter P, ”Neoplasie intraepiteliali del collo uterino”.Encycl Méd Chir (Elsevier SAS,Paris),Ginecologia-Ostericia,597-A-10, 2003, 24p.
  2. Sagot P, Lopes P, Audouin AF et coll, ”Traitments conservateurs des CIN III. Etude comparative des vaporiasations au laser CO2, des conisations laser et des conisations au bistouri froid. A propos de 141 cas »,  J Gynecol Obstet Biol Reproud 1988; 17:661-674.
  3. Mergui JL, Dorrego A, Salat-Barroux  J, ”Traitment des lesions cervicales par èlectroconisation à l’anse diathermique avec vaporisation au laser de complement ».Gynecologie 1990 ;41 :248-254.
  4. Krebs HB, Wheelock JB, Hurt WG, ‘’Positive endocervical curettage in patients with satisfactory and unsatisfactory colposcopy: clinical implications”. Obstet Gynecol 1987;69:601-605.
  5. Moseley KR, Dinh TV, Hannigan EV, et al ,”Necessity of endocervical curettage in colposcopy”.Am J Obstet Gynecol 1986;154:992-995.
  6. Saunders N, Anderson D, Gilbert R et al, ”Endoscopic localizzation of the squamocolumnar junction before cervical cone biopsy in 284 patients”, Cancer 1990;65:1312-1317.
  7. Shingleton HM, Orr JW. ”Cancer of the cervix. Diagnosis and treatment”. Churchill Livingstone,Edinburgh, London 1987;81 p.
  8. Bjerre B, Eliasson G, Linell F et al, ”Conization as only treatment of  carcinoma in situ of the uterine cervix”.Am J Obstet Ginecol 1976;125:143-152.
  9. Burghardt E, Holzer E, ”Treatment of carcinoma in situ:evaluation of 1609 cases”. Obstet Gynecol 1990;55:539-545.
  10. Wurst C, ”Conisation: interèts diagnostiques et thèrapeutiques. A propos d’une sèrie de 341 conisations chirurgicales. Thèse de Mèdicine,Tours1992.
  11. Ursin G,Pike MC et al, ”Oral contraception use and adenocarcinoma of the cervix”. Lancet, 344, 1390, 1994.
  12. Bertrand M; Likrish GM, Colgan TJ, ”The anatomic distribution of cervical adenocarcinoma in situ:implications for treatment”. Am J Obstet Gynecol 157, 21,1987.
  13. Brinton LA, Berman M,  Morte L et al, ”Reproductive,menstrual and medical risk factors for cervical cancer – results from a case control study”. American Journal of Obstretics and Gynecology 167, 1317-1325, 1992.
  14. Lee KR, Flynn CE, ”Early invasive adenocarcinoma of the cervix”, Cancer 2000 Sep 1;89(5):1048-1055.
  15. Shipman SD, Bristow RE, ”Adenocarcinoma in situ and early invasive adenocarcinoma of the uterine cervix”. Curr Opin Oncol 2001 Sep;13(5):394-398.
  16. Sigurdsson K, ”Trends in cervical intraepithelial neoplasia in Iceland trough 1995: evaluation of targeted age groups and screening intervals”, Acta Obstet Gynecol Scand 1999;78:486-492.
  17. Bhlomer  JU, Schmalisch G, et al, ”Increased incidence of cervical intraepithelial neoplasia in young women in the Mitte4 district,Berlin,Germany”, Acta Cytol 1999;43:195-200.
  18. Pearson SE, Whittaker J, Ireland D, Monaghan JM, “Invasive cancer of the cervix after laser treatment”,  Br J Obstet Gynaecol 1989; 96:486-488.
  19. Laara E, Day N, Hafamaa M,  “Trends in mortalità from cervical cancer in the Nordic Countries: association with organised mass screening programes”,  Lancetj: 1247-1249, 1987.
  20. Hassan EA, Creata GK, Diakomanolis ES et al, “Colposepically directed biopsy  findings in the young female”, J. Pediatr Adolesc Gynecol 2001, Feb., 14 (1): 35-38.
  21. Simsir A, Brooks S, Cochran L,  Bourquin P, Joffe OB, “Cervicovaginal smear abnormalities in sexually active adolescents: Implications for management”, Acta Cytol 2002 Mar-Apr; 46(2): 271-276.
  22. Orlandi C et al, “Cervical patholgy  and viruses”,  Europ J Gynaecol Oncol, 8; 135, 1987.
  23. Koonings PP,  Price JH, “Evaluation  of atypical glandular  cells of undeterminated  significance: is age important?”, Am J Obstet Gynecol 2001 Jun; 184(7): 1457-1459.
  24. Zweizig S, Noller K, Reale F, Collis S, Resseguie L, “Neoplasia associated with atypical glandular cells of undeterminated  significance on cervical cytology”, Gynecol Oncol 1997, May, 65(2):314-318.
  25. Chieng  DC, Elgert P, Cohen JM, Cangianella JF, “Clinical significance of atypical glandularcells of undeterminated significance in postmenopausal women”, Cancer 2001 Feb 25; 93(1): 1-7.
  26. Valdini A, Vaccaro C, Pechinsky G, Abernathy V, “Incidence and evaluation of an AGUS Papanicolau smear in primary care”. J Am Board Fam Pract 2001 May-Jun 14(3): 172.177.
  27. Drescher CW, Peter WA, Roberto JA, “Contribution of endocervical curettage in evaluating abnormal cervical cytology”,  Obstet Gynecol 1983; 62: 343-347.
  28. Oyer R, Hanjani R, “Endocervical curettage: does it contribute to the management of patients with abnormal cervical cytology?”,  Gynecol Oncol 1986; 25: 204-211.
  29. Ayoubi JM, Cayrol  MH, Meddonu M, Benevent JB, Degoy J, Pons JC, “Role of endocervical curettage in the screening for cervical cancer: apropos for a series of 31 cases”,  Gynecol Obstet Fertil 2000 Jun; 28(6): 455-459.
  30. Frumowitz M, Ascher-Walsch C, Smith D, Wertheim I, Resnik E, Singh D,“ The utility of endocervical curettage in routine colposcopy of patients with satisfactory examination”, Obstet Gynecol 2001 Apr, 97 (4Suppl 1): 915.
  31. Hatch KD, Shingleton HM, Orr JM, et al, “Role of endocervical curettage in colposcopy”, Obstet Gynecol 65:403; 1985.
  32. Twonsed DE, Richart R, et al, « Invasive cabcer following outpatient evaluation and therapy for cervical disease”, Obstet Gynecol 57:145; 1981.
  33. Grainer D, Roberts D, et al, « The valie of endocervical curettage in the management of the patients with abnormal cervical cytologic findings”, Am J Obstet Gynecol 156:625; 1987.
  34. Wetrich DW, “An analysis of the factors involved in the colposcopic evaluation of 2914 patients with abnormal Papanicolau Smears “ Am J Obstet Gynecol 154:1339; 1986.
  35. Swan RW, “Evaluation of the colposcopic accuracy without endocervical curettage”, Obstet  Gynecol 53:680; 1979.
  36. Andersen W, Frierson H, Barber S, et al, “ Sensitivity and specificity of endocervical curettage and the endocervical brush for the evaluation of the endocervical canal”, Am J Obstet Gynecol 159:702-707; 1988.
  37. Oyer R, Hanjani P, “Endocervical curettage: does it contribute the management  of patients  with abnormal cervical cytology”, Gynecol Oncol 25:204-11; 1986.
  38. Ferenctzy  A, “Endocervical curettage has no place in the routine management of women with cervical intraepithelial neoplasia: debite”, Clin Obstet Gynecol 1995; 38: 644-648.
  39. Pitynski K, Basta A, “Colposcopy and microcolpohysteroscopy  qualification for large loop excision of he transformation zone (LLETZ) in the management  of cervical intraepithelial neoplasia ” Eur J Gynaecol  Oncol 1999; 203(3):209-11.
  40. Guerra B, Guida G, Falco P, Gabrielli S, Martinelli GN, Bovicelli L, “Microcolposcopic topographic endocervical assesment before excisional  treatment  of cervical intraepithelial neoplasia”, Obstet Gynecol 1996 Jul; 88(1): 77-81.
  41. Hunter V, Tseng P, “Microcolposcopy vs cone histology in evaluation of the endocervix in women with inadeguate colposcopy  or positive endocervical curettage”, J Reprod Med 1989 Sep; 34(9): 625-8.
  42. Hamou J, Sala Baroux J, Coupez F, De Brux J, Debois G,  Nouvelle approche par microhysteroscopie des doagnostic des dysplasies du col uterin », Ginecologie, 34, 317, 1983.
  43. Hamou J, Colafranceschi M,L.Mencaglia,G.Gilardi,”Testo Atlante di microcolposcopia e patologia cervicale” ,Poli,Dic.1992,page 74,204,205.
  44. Izzo S, Negrotti S, “Problematiche relative all’estensione endocervicale della CIN. I Congresso : Il cancro dell’Endocervice, Benevento 19-20 Marzo 2004
  45. Izzo S, Negrotti S, Ardovino I, “La videocolposcopia dell’endocollo”, Atti V Congresso Nazionale S.I.Gi.T.E., ELBA, 12-15 Settembre 2000
  46. Izzo S., L’Endocervicoscopia e la microcolposcopia, Atti II Corso di Base in Patologia Cervico-vaginale e Colposcopia, Paestum, 31 Maggio 3 Giugno 1999.
  47. Bosch FX, Manos mm, De Sanjose s, et al, “Risk factors for cervical cancer in Colombia and Spain”, International Journal Of Cancer 1995, 52(5): 750-758.
  48. ACOG COMMITTEE OPINION, “New Pap-test screening techniques”, N°206, August 1998.
  49. Nieminen P, Kallio M, Hakama M, “The effect of mass screening on incidence and mortality of squamous carcinoma and adenocarcinoma of cervix uteri”, Obstet Gynecol, 85: 1017-1021, 1995.
  50. Izzo S, Negrotti S, Ardovino I, “Trattamento integrato LEEP e Laservaporizzazione, VI Corso di Patologia cervicovaginale e colposcopia  Maratea 21-24 Maggio 2003
Ultima modifica il Martedì, 20 Novembre 2012 16:04
Vota questo articolo
(0 Voti)

Lascia un commento

Assicurati di aver digitato tutte le informazioni richieste, evidenziate da un asterisco (*). Non è consentito codice HTML.

 

Scienzaonline con sottotitolo Sciencenew  - Periodico
Autorizzazioni del Tribunale di Roma – diffusioni:
telematica quotidiana 229/2006 del 08/06/2006
mensile per mezzo stampa 293/2003 del 07/07/2003
Scienceonline, Autorizzazione del Tribunale di Roma 228/2006 del 29/05/06
Pubblicato a Roma – Via A. De Viti de Marco, 50 – Direttore Responsabile Guido Donati

Photo Gallery