Lo studio dimostra che i pazienti ricoverati per COVID-19 presentano un livello molto basso di cellule staminali nel sangue rispetto a soggetti senza infezione da SARS-CoV-2. Inoltre, tra i pazienti con COVID-19 coloro che presentavano livelli più bassi di cellule staminali avevano una probabilità aumentata più di 3 volte di ricovero in terapia intensiva o morte.
Un’altra novità principale dello studio consiste nel dimostrare una strettissima associazione tra iperglicemia al momento del ricovero, difetto di cellule staminali, ed andamento sfavorevole di COVID-19. «I nostri precedenti studi sui pazienti diabetici – spiega il prof. Gian Paolo Fadini – ci hanno insegnato che le alte concentrazioni di glucosio riducono il livello di cellule staminali ematopoietiche circolanti. Il rilascio di queste cellule nel sangue – continua il professore – è necessario all’organismo per mantenere un’adeguata capacità dei tessuti di ripararsi e di rispondere agli insulti».
«Ora abbiamo osservato che anche nei pazienti senza una storia di diabete, lo stato iperinfiammatorio durante COVID-19 può causare iperglicemia e che questo rialzo glicemico riduce le cellule staminali – sottolinea Benedetta Bonora, ricercatrice del Dipartimento di Medicina dell’Università e prima autrice dello studio –. A sua volta, il difetto di cellule staminali conduce ad un peggioramento del decorso clinico della malattia e spiega perché i pazienti con iperglicemia al momento dell’ingresso in ospedale rischiano di soccombere al COVID-19».
Il lavoro emerge da una collaborazione congiunta con l’Unità di Malattie Infettive, diretta dalla dottoressa Annamaria Cattelan, dove i pazienti sono stati ricoverati, e della Medicina di Laboratorio, diretta dalla prof.ssa Daniela Basso. Come spiega proprio la prof.ssa Basso: «Raramente osserviamo livelli così bassi di cellule staminali circolanti in individui senza malattie del sangue – conferma Daniela Basso –. Si tratta molto probabilmente di una delle conseguenze dell’abnorme immuno-attivazione indotta dal virus, ma non possiamo escludere che il virus infatti le cellule staminali e le uccida». «Nelle nostre precedenti ricerche – puntualizza Gian Paolo Fadini – abbiamo scoperto che uno dei meccanismi con cui l’iperglicemia riduce le cellule staminali passa attraverso una molecola chiamata Oncostatina M che stimola la produzione di cellule infiammatorie e trattiene le cellule staminali nel midollo, creando un circolo vizioso.
Ora intendiamo verificare se Oncostatin M può essere un target terapeutico per la cura dei pazienti con COVID-19». «L’iperglicemia all’ingresso in ospedale era presente in quasi la metà dei pazienti ricoverati per COVID-19 – conclude il prof. Angelo Avogaro, direttore della Diabetologia dell’Azienda OspedaleUniversità di Padova, facendo comprendere l’enorme rilevanza di questo problema nell’attuale fase pandemica –. Ampliando le conoscenze sulle interazioni tra iperglicemia, cellule staminali e COVID-19 questo studio aiuta a identificare un nuovo potenziale bersaglio terapeutico per spegnere l’eccessiva risposta immuno-infiammatoria che conduce i pazienti con infezione da SARS-CoV-2 a sviluppare complicanze gravi ed a soccombere al virus».