“La plasticità cerebrale o neuronale è la capacità del nostro cervello di cambiare in risposta a stimoli provenienti dall’ambiente esterno e/o in risposta alle nostre esperienze. Il cervello è più plastico, e quindi tende a modificarsi durante l’età giovanile, mentre i suoi circuiti sono più stabili e quindi resistenti al modificarsi durante l’età adulta. Nel nostro studio abbiamo cercato di capire se segnali provenienti dal microbiota intestinale potessero riattivare la plasticità nel cervello adulto – spiegano Paola Tognini e Tommaso Pizzorusso – Per raggiungere questo obiettivo, abbiamo sfruttato il sistema visivo come modello, proprio perché gli animali adulti normalmente non mostrano plasticità in questa area del cervello”.
I ricercatori hanno allevato i topolini in un ambiente particolare caratterizzato da un incremento nelle esperienze sensoriali, sociali e che favorisce l’attività fisica. Questi topi, definiti “arricchiti”, avevano un microbiota differente da quello dei topi allevati nelle classiche gabbie da laboratorio e mostravano plasticità cerebrale, come accade negli animali giovani. Tuttavia, quando questi topi erano privati del loro microbiota, la riattivazione della plasticità neuronale era completamente annullata, suggerendo che segnali provenienti dall’intestino fossero responsabili dell’effetto. Infine, il trasferimento del microbiota intestinale tramite trapianto fecale da topi arricchiti plastici a topi standard, che non hanno un cervello plastico, causava un aumento di plasticità neuronale nei topi riceventi.
“Il nostro studio introduce un concetto nuovissimo, ossia quello dell'esistenza di una connessione “esperienza-microbiota intestinale-cervello”: le nostre esperienze non solo influenzano il cervello direttamente ma anche tramite segnali provenienti dal nostro intestino”. Allo studio hanno dato un fondamentale contributo anche i giovani dottorandi della Scuola Normale Superiore Leonardo Lupori e Sara Cornuti.
L’implicazione dei risultati raggiunti con questo studio è ampia e non limitata ai sistemi sensoriali e alla corteccia visiva. Infatti, la ricerca potrebbe aprire nuove frontiere per promuovere la plasticità neuronale in malattie del neurosviluppo o neurodegenerative, basandosi su strategie terapeutiche atte a modulare l’asse intestino-cervello.