L’importanza dei risultati raggiunti è data anche dalla modalità con cui sono stati ottenuti. “Nello studio è stato utilizzato un modello murino non genetico della malattia di Alzheimer, che in quanto tale riproduce l’ampio ventaglio di caratteristiche neuropatologiche presenti nell’uomo nella forma non ereditaria della patologia, forma che rappresenta circa il 95% della totalità delle diagnosi di Alzheimer”, chiarisce Coccurello. Inoltre, è stata studiata una tossina che induce il diabete. “Dati scientifici dimostrano che il rischio di sviluppare demenze e Alzheimer è maggiore in soggetti diabetici con instabilità glicemica e che un’alterazione della funzione dell’insulina nel cervello può innescare una serie di processi neuropatologici che ricalcano quanto osservato a livello neuroanatomico e molecolare nel cervello dei pazienti”, continua Giuseppina Amadoro del Cnr-Ift.
Questo anticorpo è stato sviluppato dal gruppo di ricerca coordinato da Pietro Calissano, a lungo collaboratore del premio Nobel Rita Levi-Montalcini, presso la Fondazione Ebri. Incoraggianti i dati ottenuti con la metodologia usata. “Somministrando per tre settimane nei modelli murini di Alzheimer l’anticorpo monoclonale 12A12, che neutralizza la proteina Tau alterata, abbiamo potuto dimostrare un significativo recupero dei deficit cognitivi di memoria, una riduzione di Beta amiloide (altra proteina il cui accumulo nel cervello caratterizza l’Alzheimer) e un ristabilimento di meccanismi molecolari legati all’azione dell’insulina nel cervello, che hanno poi favorito processi riparativi sia dei mitocondri sia dello stress ossidativo”, aggiunge Amadoro.
“Lo studio conferma l’effetto neuro-protettivo dell’anticorpo 12A12, già precedentemente validato in modelli geneticamente modificati di Alzheimer, aprendo così la possibilità al passaggio alla sperimentazione clinica di fase 1 sull’uomo”, prosegue Amadoro. “Infatti questi risultati rafforzano notevolmente il ruolo svolto dall’alterazione della proteina Tau come uno dei fattori patologici causa della malattia, mostrano la potenzialità offerta dalla sua neutralizzazione attraverso la terapia anticorpale ed estendono la loro influenza alla maggiore comprensione delle forme prevalenti della patologia, in cui spesso convivono disordini metabolici e declino cognitivo”, conclude Coccurello.