CHERNOBYL, WWF: ‘viaggio nell’infanzia contaminata’

Più di ogni altra cosa, sono gli occhi dei bambini nati e vissuti nel posto colpito da un disastro nucleare a raccontare la verità su quanto accaduto. Nel 25esimo anniversario dell’incidente di Cernobyl, il WWF ripropone il reportage fotografico realizzato nel 2002 da Pino Bertelli e pubblicato nel volume “CHERNOBYL – Ritratti dall’infanzia contaminata”, a cui il WWF ha partecipando con il proprio patrocinio e con la redazione di testi. Nella sequenza di foto, le immagini crude si alternano alla tenerezza dei sorrisi. “Le fotografie dei bambini colpiti dalle radiazioni sono state scattate in alcuni istituti della Bielorussia – spiega l’autore -. Altre, invece, ritraggono i bambini incontrati intorno alla zona rossa, 30 chilometri dalla centrale, mai completamente abbandonata”.

 

GIANFRANCO BOLOGNA, direttore scientifico WWF Italia

Presentazione al volume di Pino Bertelli
CHERNOBYL. RITRATTI DALL’INFANZIA CONTAMINATA



Cosi’ mi ha scritto Pino Bertelli, del perche’ dei suoi bellissimi libri di fotografie , in una delle sue email : “Non credo di sapere nemmeno bene perche’ da anni faccio questi libri. Una cosa pero’ credo di averla intuita. Vorrei lasciare ai figli dei miei figli un mondo piu’ giusto e piu’ umano. Senza ne’ guerre sante, ne’ guerre giuste e nemmeno “guerre umanitarie”. Difendere la Terra significa difendere la tenerezza (la memoria) dei popoli. Se la gente riuscisse a vedere la fame di bellezza che c’e’ nel mondo ci sarebbe la rivolta delle idee nelle strade. Non il canto dei fucili e il dolore dei bambini.” Queste parole scritte di getto e certamente non in vista di una loro pubblicazione, credo siano il senso vero di un’operazione come questo libro sui bambini di Chernobyl. Un libro vero, amaro, duro, ma ricco di amore, di passione, di speranza. Un libro che sa bene che bisogna conoscere e documentare per reagire.  Un libro che vuole veramente e sinceramente difendere la tenerezza e la memoria dei popoli. Oggi viviamo in un mondo molto complesso e difficile. Il fatto straordinario e’ che spesso ci dimentichiamo di essere noi i veri “colpevoli” di questa straordinaria complessita’. Certo la natura non e’ affatto semplice ma e’ indubbio che noi abbiamo creato una situazione completamente nuova con l’eccezionale incremento dei nostri sistemi artificiali (sociali, economici, tecnologici) rispetto a quelli naturali. I sistemi naturali si evolvono da quando esiste il nostro pianeta, la Terra; quindi, per quanto ne sappiamo, da oltre 4,5 miliardi di anni. I sistemi umani si sono andati straordinariamente espandendo e complessificando negli ultimi due secoli in particolare,  un vero attimo fuggente rispetto agli incredibili tempi evolutivi del pianeta. La relazione tra questi sistemi e’ oggi in evidente crisi.   Avevamo cominciato il Novecento con un miliardo e seicento milioni di esseri umani: oggi abbiamo superato i 6 miliardi e potremo superare i 9 o i 10 miliardi entro questo secolo.

Attualmente il 47% della popolazione mondiale vive in aree urbane ed entro il 2007 la popolazione delle aree urbane costituira’ la meta’ dell’intera popolazione mondiale (nel 1972 solo un terzo della popolazione umana viveva in aree urbane).Ovunque sulla Terra, dalle periferie delle grandi conurbazioni dei paesi poveri alle intatte foreste tropicali centroafricane, assistiamo ad una crescita continua della presenza umana.La crescita della popolazione, la crescita dell’economia, la crescita dell’urbanizzazione, la crescita dei movimenti migratori, la crescita dell’industrializzazione, la crescita dell’utilizzo dei combustibili fossili, la crescita del numero degli autoveicoli, la crescita della produzione di sostanze chimiche di origine antropogenica, tanto per citare solo “alcune” crescite, ha condotto, in particolare nell’arco dell’ultimo secolo , a profonde distruzioni e modificazioni dei sistemi naturali e, a cascata, a notevoli conseguenze negative sui sistemi sociali. Sappiamo bene che la nostra specie e’ parte integrante della natura ma quello che essa sta producendo nei confronti della natura stessa non ha nessuna caratteristica dei meccanismi di coevoluzione a noi noti, ma appare piuttosto, simile ad una forma di avanzato parassitismo che tende a distruggere la fonte stessa della propria sopravvivenza. Ormai schiere di studiosi indagano con sofisticati mezzi tecnologici, quali i satelliti ed i supercomputer, lo stato di salute degli ecosistemi del pianeta, le loro dinamiche evolutive e gli effetti degli interventi umani. Gli scienziati che operano nel piu’ grande programma di ricerca internazionale (International Geosphere Biosphere Programme – IGBP - ) che si occupa di quelle che ormai sono definite Global Change Sciences (le scienze del cambiamento globale),  sono sempre piu’ consapevoli del ruolo e degli effetti dell’intervento umano e ce ne forniscono ampia documentazione. Il biologo Edward Wilson, uno dei maggiori esperti di biodiversita’ a livello internazionale, ci ricorda : “Poche persone osano dubitare che il genere umano si sia creato un problema di dimensioni planetarie. Anche se nessuno lo desiderava, siamo la prima specie a essere diventata una forza geofisica in grado di alterare il clima della Terra , ruolo precedentemente riservato alla tettonica, alle reazioni cromosferiche e ai cicli glaciali. Dopo il meteorite di dieci chilometri di diametro che precipito’ nello Yucatan, ponendo fine all’era dei rettili sessantacinque milioni di anni fa, i piu’ grandi distruttori della vita siamo noi. Con la sovrappopolazione ci siamo creati il pericolo di finire il cibo e l’acqua. Ci attende una scelta molto faustiana: accettare il nostro comportamento corrosivo e rischioso come prezzo inevitabile della crescita demografica ed economica, oppure fare l’inventario di noi stessi e andare alla ricerca di una nuova etica ambientale.” (da Edward Wilson, 1999, “L’armonia meravigliosa”, editore Mondadori). Anche lo storico americano John McNeill, per citare una chiave di lettura di altra provenienza disciplinare, lucidamente scrive, nella sua bellissima analisi della storia dell’ambiente del XX secolo :” E’ probabile che asteroidi e vulcani, al pari di altri agenti astronomici e terrestri, abbiano prodotto cambiamenti ambientali piu’ radicali di quelli cui abbiamo assistito nella nostra epoca. E’ la prima volta, nella storia dell’umanita’, che abbiamo modificato gli ecosistemi in maniera cosi’ profonda, su tale scala e con tale rapidita’. E’ una delle rare epoche della storia della Terra in cui si e’ assistito a cambiamenti di tale portata ed intensita’ [….] Inconsapevolmente il genere umano ha sottoposto la Terra ad un esperimento non controllato di dimensioni gigantesche. Penso che, col passare del tempo, questo si rivelera’ l’aspetto piu’ importante della storia del XX secolo: piu’ della seconda guerra mondiale, dell’avvento del comunismo, dell’alfabetizzazione di massa, della diffusione della democrazia, della progressiva emancipazione delle donne.” (da John McNeill, 2002 , “Qualcosa di nuovo sotto il sole. Storia dell’ambiente del XX secolo”, editore Einaudi).

E quindi non e’ un caso che il noto scienziato Paul Crutzen vincitore del premio Nobel per la Chimica 1995 (insieme a Sherwood Rowland e Mario Molina per le ricerche sugli effetti dei clorofluorocarburi – CFC – nei confronti della fascia di ozono della stratosfera), ha proposto di definire il periodo geologico che stiamo vivendo, a partire dalla seconda meta’ del Settecento (quindi dall’avvio della Rivoluzione Industriale), Antropocene, a dimostrazione del ruolo centrale che la specie umana riveste nella straordinaria modificazione dei sistemi naturali. In questo contesto Chernobyl mantiene, purtroppo, tutta la sua drammatica valenza di simbolo, proprio di questo XX secolo contraddistinto dalla devastazione dei sistemi naturali dovuto all’intervento umano. In questa cittadina dai tanti problemi economici e sociali, quell’errore umano del 1986, causo’ un incendio, seguito da una serie di esplosioni che interessarono profondamente un reattore. I morti furono immediatamente 31, mentre sembra destinato a rimanere ignoto il numero dei decessi, sia passati che futuri, delle centinaia di migliaia di lavoratori e militari impiegati nelle operazioni di decontaminazione, nonche’ degli abitanti e dei bambini della zona esposti a dosi massicce di radiazioni. Le persone evacuate furono oltre 130.000. Secondo i dati ufficiali il totale delle radiazioni emesse sarebbe ammontato a 90 milioni di curie, una quantita’ superiore a centinaia di volte quelle delle bombe di Hiroshima e Nagasaki (le quali, peraltro, continuano a causare problemi di salute a distanza di decenni dallo scoppio). Esistono numerose stime delle possibili vittime, da quelle molto “conservative” dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, a quelle molto piu’ preoccupanti, di autorevoli studiosi. Di questo sconvolgente dramma questo libro di Pino Bertelli, con le sue straordinarie fotografie, e’ un meraviglioso documento di denuncia e riflessione ed uno straordinario atto di amore. Nasce dalla splendida iniziativa delle famiglie che aiutano direttamente i bambini di quell’area, sia portando loro vestiti, generi alimentari e giocattoli, sia ospitandoli per qualche mese in Italia, facendoli vivere una vita diversa e consentendo loro controlli e cure mediche che non si possono permettere in patria.  Un esempio concreto di come dare cura, affetto e amore a chi ne ha tanto bisogno.  Un esempio concreto che Pino Bertelli ha subito raccolto, realizzando questo volume, che mi auguro possa avere un grande successo, successo che contribuira' concretamente ad aiutare questi bambini. Il nostro mondo ha un disperato bisogno di “intelligenze calde” che sappiano coniugare, sapientemente e con emozione, cuore e cervello. Credo che questo volume vada sicuramente in questa direzione.

Gianfranco Bologna

 

Ultima modifica il Mercoledì, 20 Luglio 2011 15:15
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