Dove va la destra americana?

 

Le elezioni presidenziali americane ormai alle porte pongono una serie di legittimi interrogativi relativi alla fine del Governo Obama. Un interesse, quello nei confronti della politica statunitense, che scaturisce non tanto da un fine meramente accademico quanto dalla necessità di prevedere i possibili sviluppi che la politica d'oltreoceano potrebbe assumere in una fase internazionale di forte instabilità finanziaria e politica. Necessità che appare quanto mai concreta per le ripercussioni che le scelte politiche americane, in ambito economico, hanno sia su quelle europee sia nelle relazioni internazionali degli alleati Nato.

Facendo riferimento alle proiezioni svolte di recente sulle elezioni, si paleserebbe un Partito Democratico indebolito ma comunque unito nel riconoscere la leadership del Presidente Obama ed un Partito Repubblicano in una condizione di "confusione" che sembrerebbe incapace di esprimere non solo una leadership ma anche una piattaforma di valori e di idee comuni.

Per analizzare e chiarire lo stato di fermento che vive attualmente la destra negli USA, il giorno 13 marzo, presso il Centro Studi Americani di Roma, è stato presentato un nuovo volume intitolato "Tea Party-La rivolta populista e la destra americana". L'evento è avvenuto alla presenza di Giovanni Borgognone, Docente di Storia delle Dottrine Politiche presso l'Università di Torino e autore del citato volume unitamente a Martino Mazzonis, Sergio Fabbrini, Direttore della School of Government presso l'Univerità Luiss di Roma, Pamela Harris, Docente della John Cabot University, Guido Moltedo giornalista di "Europa", Massimo Teodori, storico americanista, e Giancarlo Bosetti, direttore di "Reset".

La prima parte della conferenza è stata dedicata alla definizione dei Tea Parties, movimenti politici ispirati alla storica ribellione avvenuta nel 1773 a Boston durante la quale i coltivatori locali si ribellarono alle elites centraliste accusandole di avere tradito l'America. Espressione di sentimenti "antipolitici" ed anti-federali, favorevoli invece ad una tradizionale organizzazione confederale del sistema degli Stati, oggi i Tea Parties si ritengono paladini della middle class statunitense di cui incarnano umori e frustrazioni.

 

 

Movimenti dal forte accento populista che spesso nella risoluzione dei problemi quotidiani ricorrono al fondamentalismo religioso per radicalizzare, nell'ambito del conservatorismo americano, il conflitto culturale con il Partito Democratico.

I Tea Parties, sostenuti principalmente da un elettorato bianco, avanti con gli anni e residente negli Stati del Sud, hanno trovato in Barack Obama il principale avversario da sconfiggere in quanto espressione del potere centrale, giovane ed appartenente a quella che viene considerata una minoranza etnica.

Successivamente i partecipanti all'incontro hanno soffermato la propria attenzione sulla ricerca delle motivazioni che stanno rendendo i Tea parties tanto popolari negli USA.

Tra le condizioni che stanno favorendo l'ascesa politica di questi movimenti è stata individuata l'assenza di una forza moderata adeguata in grado di parlare e soprattutto di saper interpretare le esigenze dell'elettorato repubblicano moderato.

Un'assenza di cui si è avvantaggiata l'ala radicale dei conservatori, forte anche della legge, approvata dal Congresso americano nel 2010, che ha cancellato i limiti di spesa imposti ai comitati politici nell'esercizio delle attività elettorali. Secondo i relatori l'eliminazione di questi ultimi ha aumentato l'influenza nella politica dei grandi gruppi finanziari, tradizionalmente legati maggiormente all'ala repubblicana rispetto a quella democratica.

Ma non è tutto. Secondo Pamela Harris e Giovanni Borgognone, ad alimentare tale fase populista e radicale che attraversa l'ala repubblicana americana vi è l'opera di "disinformazione" attuata da Fox News, che, secondo il parere dei relatori della conferenza, attraverso il modo di diffondere le notizie indurrebbe un sentimento antigovernativo.

Fox News sembrerebbe far nascere infondate paure nell'elettorato bianco che paventerebbe il rischio che, in conseguenza dei cambiamenti demografici in atto negli USA dovuti ad un drastico aumento delle popolazioni di etnia ispanica proveniente dall'America centrale,  i bianchi potrebbero vivere in un prossimo futuro una condizione di assedio.

Un atteggiamento dunque dettato ancora una volta dalla paura per il "diverso" e che, secondo gli stessi relatori, non sarà alla fine idoneo a produrre gli effetti sperati e che, invece, potrebbe alienare ai repubblicani sia il voto dei giovani che dei nuovi americani e soprattutto delle donne condannando la destra americana ad una nuova sconfitta elettorale.

 

Fabrizio Giangrande

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Ultima modifica il Lunedì, 15 Ottobre 2012 13:58
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