Lunga e complessa è stata la riunificazione dell'intera collezione da parte del Comune di Roma. Una operazione avvenuta attraverso differenti fasi iniziate con l'acquisto da parte dell'amministrazione presieduta dal sindaco Leopoldo Torlonia nel 1883 e terminata con l'acquisizione delle ultime tele solo nel 1908 durante il governo del sindaco Ernesto Nathan.
Le demolizioni e le ristrutturazioni promosse dal Governo Sabauda all'indomani dell'unificazione italiana e della presa e successiva proclamazione di Roma Capitale avevano la finalità di consegnare al nuovo Stato una Capitale moderna.
Seguendo l'esempio delle grandi capitali europee, Roma avrebbe dovuto sostituire con ampie strade e viali alcuni dei suoi quartieri più antichi costituiti ancora da fitti reticoli di vie e vicoli.
Interventi urbanistici che dovevano favorire uno sviluppo mirato a razionalizzare l'impianto urbanistico di una città in cui gran parte degli edifici erano stati edificati senza seguire un piano regolatore univoco.
Le moderne idee neo-classiche avrebbero inesorabilmente mutato la fisionomia della città. Un rischio che Ettore Roesler Franz, che aveva compiuto studi di architettura presso l'Accademia di San Luca, sentiva concretizzarsi. I posteri non avrebbero potuto vedere la città che egli aveva visceralmente amato.
Desideroso di rendere eterni quegli scorci tanto suggestivi, Roesler Franz intuì quali potessero essere le zone più esposte al rischio di repentini cambiamenti. I suoi appunti raccontano di una intensa operazione, compiuta rapidamente per il poco tempo che l'autore riteneva avere a disposizione a causa dell'incalzare degli interventi urbanistici, fatta di scatti fotografici, di bozzetti sui quali erano stati annotati i colori da utilizzare, i punti di fuga, l'ora e la stagione più adatte per dipingere ogni specifica veduta.
Dunque solo dopo una meticolosa fase di studio avveniva la pittura.
Sugli splendidi acquerelli realizzati, la cui collezione è spesso nota come "Roma sparita", è possibile intuire l'influenza esercitata dall'opera "The stones of Venice" realizzata da John Ruskin durante la metà dell'800 con le medesime finalità.
I soggetti che il pennello di Roesler Franz ritrae raccontano una città, le sue abitudini costituite di una soave spontaneità che la moderna metropoli ha indubbiamente e incolpevolmente perduto anche all'interno dei propri rioni più antichi. Un mondo che appartiene al tempo passato fatto di locande, di stazioni di posta, osterie e mercati, di panni stesi tra le vie strette, di donne che rammendano sedute sugli scalini antistanti le proprie abitazioni, di bambini che fanno il bagno nel fiume Tevere. Una dimensione in cui era ancora saldo ed inscindibile il legame tra uomo e natura.
L'opera di Roesler dà testimonianza storica di un'epoca passata e scomparsa contribuendo in maniera sostanziale a rendere eterni gli scorci di una Roma ormai sparita.
Fabrizio Giangrande