“Abbiamo incorporato il monomero all’interno di una membrana polimerica con cui sono stati realizzati i filtri che, a livello di laboratorio, si presentano come dei dischetti porosi attraverso i quali viene filtrata l’acqua – dice Lorenzo Guazzelli - Rispetto ad ogni altro sistema esistente, questa particolare membrana è in grado di rimuovere selettivamente l’arsenico senza privare l’acqua di altri sali fondamentali. L’acqua così filtrata non viene demineralizzata e diventa quindi potabile e direttamente adatta per il consumo umano”.
L’arsenico è uno degli elementi più tossici presenti in natura ed è stato classificato cancerogeno di classe 1 dall’OMS, che ne ha anche stabilito il limite massimo accettabile nelle acque potabili in 10 microgrammi per litro (μg/L). La contaminazione di fiumi e laghi può dipendere dall’inquinamento o avere cause naturali, specie nelle aree vulcaniche dove le acque passano su rocce che rilasciano questo elemento chimico. I bacini del Gange e del Brahmaputra in India sono fra le regioni più vaste del pianeta interessate da questo problema. Ma l’acqua contaminata da arsenico è un problema anche in Italia e, per esempio, riguarda quasi un milione di persone fra Toscana e Lazio.
“Dal punto di vista chimico l’arsenico si presenta in diverse forme – dice Christian Silvio Pomelli - la membrana sviluppata nell’ambito del nostro studio si è dimostrata particolarmente efficace anche nei confronti dell’arsenico III o arsenito, che in generale è anche la forma più difficile da rimuovere e la più tossica”.
L’arsenico è uno dei dieci contaminanti con il maggior impatto ambientale secondo la World Health Organization. La disponibilità di acqua potabile di buona qualità è sempre di più un tema all’attenzione dell’opinione pubblica mondiale. La ricerca che ha portato alla realizzazione della membrana è iniziata nel 2017 ed è andata estendendosi negli anni anche per la necessità di coordinare i tanti ricercatori sparsi in diversi continenti. Per affrontare la questione a livello globale, la collaborazione è stata infatti estesa in campo internazionale arrivando ad assemblare un gruppo di lavoro di dimensione planetaria. Per l’Italia, oltre all’Università di Pisa, hanno collaborato il professore Bartolo Gabriele e la professoressa Raffaella Mancuso del Dipartimento di Chimica e Tecnologie Chimiche dell’Università della Calabria, e il gruppo di ricerca di Alberto Figoli e Francesco Galiano dell’Istituto per la Tecnologia delle Membrane del CNR di Rende (CS).