Sistema di mesocosmi composto da vasche con acqua di mare, utilizzate per testare gli effetti dell’acidificazione dei mari e della presenza della pianta marina, Posidonia oceanica, sullo sviluppo delle larve di riccio, Paracentrotus lividus
Le praterie di Posidonia possono quindi rappresentare un rifugio per alcune delle specie minacciate dall’acidificazione dei mari anche perché il fenomeno in sé non ha effetti significativi su queste piante. E tuttavia, come hanno dimostrato ulteriori indagini dell’Università di Pisa, se l’acidificazione è associata ad un innalzamento della temperatura dell’acqua, possono subentrare alterazioni fisiologiche e molecolari, specialmente nelle piante più in profondità, che potrebbero ridurre la funzione protettiva.
“I nostri studi dimostrano le praterie di piante marine come Posidonia oceanica possano mitigare gli effetti dei cambiamenti climatici su altre specie, con importanti ricadute in termini sia di biodiversità che economici – spiega il professore Fabio Bulleri del Dipartimento di Biologia e del Centro Interdipartimentale di Ricerca per lo Studio degli Effetti del Cambiamento Climatico (CIRSEC) dell’Università di Pisa – questa capacità però può essere compromessa da un ulteriore riscaldamento del mare e per questo è necessario individuare popolazioni di piante più tolleranti allo stress termico e siti caratterizzati da un minore tasso di riscaldamento che possano funzionare da rifugi in scenari futuri”.
Fabio Bulleri, responsabile scientifico del progetto FutureMARES, si occupa della valutazione degli effetti dei cambiamenti climatici in ambiente marino. Insieme a lui hanno collaborato, per l’Università di Pisa, Chiara Ravaglioli assegnista di ricerca del Dipartimento di Biologia che si occupa degli effetti antropici sulle piante marine; Lucia De Marchi e Carlo Pretti, esperti in ecotossicologia del Dipartimento di Scienze Veterinarie. Partner esterni sono il Dipartimento di Scienze Della Vita dell’Università di Trieste, il Centro Interuniversitario di Biologia Marina “G. Bacci” (CIBM) di Livorno, la Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli, il National Institute of Oceanography, Israel Oceanographic and Limnological Research, Haifa in Israele e il National Biodiversity Future Centre (NBFC) di Palermo.