Lo sguardo degli altri ai tempi del lockdown

 

Che impatto ha avuto il lockdown sui processi cognitivi alla base delle interazioni sociali? La ricerca dell’Università di Padova Increased gaze cueing of attention during COVID-19 lockdown ha evidenziato come, durante il lockdown del 2020, le persone fossero più sensibili a seguire la direzione dello sguardo altrui.


Il famoso detto “gli occhi sono lo specchio dell’anima” trova riscontro anche a livello scientifico. Da anni, la psicologia sperimentale si interroga sulle possibili influenze che lo sguardo appartenente alle altre persone può esercitare su numerosi meccanismi cognitivi in un osservatore.
Tra i più studiati vi è la capacità della direzione dello sguardo altrui di orientare le risorse attentive. Per comprendere meglio questo fenomeno immaginiamo il seguente scenario: stiamo passeggiando in città e, improvvisamente, notiamo una persona intenta a osservare qualcosa sopra di lei. La nostra reazione più istintiva è quella di volgere il nostro sguardo verso la medesima direzione, per comprendere cosa abbia catturato l’attenzione del passante. Questo comportamento, noto come “orientamento attentivo mediato dallo sguardo altrui” – in inglese, gaze cueing –, è un importante meccanismo che ci permette di interagire efficacemente con i nostri simili e con l’ambiente circostante.

Infatti, la direzione dello sguardo è un importante segnale biologico che utilizziamo, più o meno consapevolmente, per comprendere le intenzioni altrui e comunicare le nostre. Mario Dalmaso, Luigi Castelli e Giovanni Galfano, docenti del Dipartimento di Psicologia dello Sviluppo e della Socializzazione dell’Università di Padova, hanno recentemente pubblicato sulla rivista «iScience» lo studio dal titolo Increased gaze cueing of attention during COVID-19 lockdown in cui esaminano le possibili ricadute dell’isolamento sociale che ha caratterizzato il lockdown nazionale avvenuto nei primi mesi del 2020 sui processi cognitivi alla base dell’interazione sociale.


Nello specifico, a un gruppo di circa cento persone è stato chiesto di completare un test completamente online, svolto in autonomia dal proprio computer, finalizzato a ottenere una misura della forza dell’orientamento attentivo mediato dallo sguardo altrui: ai partecipanti veniva richiesto di premere un pulsante della tastiera per decidere se una linea nera, che compariva casualmente a destra o a sinistra dello schermo, fosse verticale o orizzontale. La presentazione della linea nera era preceduta da uno stimolo centrale, che poteva essere un volto con lo sguardo deviato o due frecce.
L’idea di base è che sia lo sguardo che le frecce inducano il partecipante a spostare la propria attenzione nella direzione corrispondente, cosicché nelle prove congruenti, in cui il volto o la freccia
indicano una posizione spaziale identica a quella della linea nera, la prestazione sia migliore rispetto alle prove incongruenti, in cui il volto o la freccia indicano una posizione spaziale opposta a quella dello stimolo. Una differenza più marcata nella prestazione in prove congruenti e incongruenti indica una maggiore “forza” con la quale le persone hanno orientato le proprie risorse attentive in risposta allo stimolo centrale presentato.

 Lo stesso test è stato somministrato sia nel periodo del lockdown, durante il quale vigeva l’obbligo di non lasciare la propria abitazione se non per motivi legati alla sopravvivenza (come fare la spesa o recarsi dal medico), che sei mesi dopo, quando tale restrizione era cessata. I risultati hanno mostrato un incremento nell’orientamento attentivo mediato dallo sguardo altrui durante il periodo di lockdown rispetto al periodo successivo. Inoltre, è emerso un legame tra la “forza” di questo fenomeno e una misura soggettiva di disagio sociale legata al lockdown: più le persone affermavano di sentirsi sole e turbate dalla condizione che stavano vivendo, maggiore era il loro orientamento attentivo in risposta allo sguardo altrui. È importante sottolineare che questi risultati sono emersi esclusivamente nella condizione in cui venivano presentati volti e non frecce, confermando la natura squisitamente sociale del fenomeno indagato

. Nel complesso, è molto probabile che questi risultati siano la conseguenza dell’isolamento sociale che ha caratterizzato il periodo di lockdown durante il quale è lecito ipotizzare che le persone fossero più sensibili agli stimoli sociali e, in questo caso specifico, alla direzione dello sguardo altrui. Inoltre, l’incremento nell’orientamento attentivo mediato dallo sguardo altrui potrebbe essere associato al desiderio di “riconnettersi” agli altri individui, un bisogno istintivo che caratterizza l’uomo in quanto essere sociale. «Riteniamo che questa ricerca non solo permetta di affinare le conoscenze relative all’orientamento dell’attenzione mediato da stimoli di natura sociale – concludono Mario Dalmaso, Luigi Castelli e Giovanni Galfano, autori dello studio – ma rappresenti un ulteriore tassello per comprendere il modo in cui la nostra mente risponde, e si adatta, a determinate situazioni sociali estreme».

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