UNA GEMELLINA IN DIFFICOLTA’
Sono stati i genitori allarmati a portare la bimba al Pronto Soccorso del Bambino Gesù. A confronto con il fratellino gemello, mostrava un rigonfiamento dell’addome e inappetenza. L’ecografia subito eseguita ha mostrato una grossa lesione a contenuto liquido nel fegato. La bimba è stata sottoposta a una valutazione multidisciplinare che ha coinvolto epatologi, anestesistirianimatori, radiologi, oncologi e anatomopatologi. L'esito è stata la conferma della presenza di una neoplasia del fegato, di più di 13 cm di diametro, che occupava interamente la parte destra e centrale del fegato, comprimendone la porzione sinistra. Il tumore schiacciava e costringeva gli altri organi circostanti (stomaco, pancreas, intestino, rene destro) a una dislocazione dalla sede originaria. Le caratteristiche radiologiche della lesione facevano sospettare che si trattasse di un amartoma mesenchimale.
L’AMARTOMA MESENCHIMALE
L'amartoma mesenchimale è un tumore benigno che deriva dalla crescita anomala delle cellule del fegato di origine mesenchimale. Il termine amartoma deriva dalla parola greca che significa "errore". Le cellule che compongono l'amartoma sono normali, ma crescono in modo disorganizzato. Sebbene raro in assoluto, è il
secondo tumore in ordine di frequenza che può svilupparsi nel fegato in età pediatrica, soprattutto nei primi due anni di vita. In considerazione delle dimensioni, della localizzazione e della sua prevalente componente liquida, una biopsia della lesione non avrebbe consentito in sicurezza e con certezza di confermare la natura benigna del tumore e di escludere che la neoplasia non fosse invece un sarcoma embrionale indifferenziato, tumore maligno che può presentarsi sempre in età periartica con caratteristiche radiologiche simili a quelle dell'amartoma mesenchimale. Per questo motivo era necessario procedere con la sua asportazione chirurgica.
LA STRATEGIA TERAPEUTICA
Utilizzando un sofisticato software di elaborazione delle immagini TAC è stato costruito un modello tridimensionale del fegato per valutarne le dimensioni e i rapporti del tumore con la parte sana dell'organo e i suoi vasi sanguigni. Il modello ha reso evidente che l'asportazione del tumore avrebbe lasciato una quantità insufficiente di fegato sano la quale, nonostante le capacità di rigenerazione delle cellule epatiche, non avrebbe garantito il buon funzionamento dell'organo dopo l'operazione.
L’equipe del prof. Spada ha quindi deciso di adottare una strategia che permette di ottenere in poche settimane l'aumento del volume del fegato sano, destinato a rimanere dopo l'asportazione del tumore. Questa metodica di radiologia endovascolare, denominata embolizzazione portale, che è più spesso utilizzata nei pazienti adulti, consiste nel bloccare l'afflusso di sangue verso la parte di fegato occupata dal tumore e deviare tutto il flusso sanguigno della vena porta verso la parte sana del fegato. Una recente metanalisi condotta dall'Università di Heidelberg ha documentato che sino ad ora sono stati descritti in letteratura solo 8 casi di embolizzazione portale effettuata in pazienti pediatrici. Solo due di questi erano piccoli come la paziente del Bambino Gesù.
L’INTERVENTO CHIRURGICO
A distanza di 4 settimane dall'embolizzazione portale, effettuata dai radiologi interventisti dell’Ospedale della Santa Sede, una nuova TAC con ricostruzione 3D ha confermato che il fegato sano era raddoppiato, passando da un volume stimato di 80 a 120 ml, favorendo le condizioni per effettuare l’intervento. La bimba è stata sottoposta alla resezione del tumore, che ha comportato l'asportazione di gran parte del fegato, ad eccezione della porzione laterale sinistra sana. In pratica sono stati asportati 6 degli 8 segmenti (porzioni) che costituiscono il fegato. Il peso della massa asportata era di quasi 2 kg, rispetto agli 8,5 kg di peso della bambina. L'operazione è durata oltre 6 ore e una volta terminata la piccola è stata trasferita in terapia intensiva.
«Resezioni epatiche così estese – spiega il prof. Marco Spada - non sono frequenti nei bambini piccoli e richiedono elevate competenze non solo di chirurgia epatobiliare, ma anche anestesiologiche, intensivistiche, radiologiche, epatologiche, oncologiche, anatomopatologiche ed infermieristiche pediatriche, come quelle presenti nel nostro ospedale. Solo in questo modo è possibile trattare correttamente e in sicurezza i bambini con tumori del fegato».
Il decorso post-operatorio non ha presentato problemi e la bambina è stata dimessa 9 giorni dopo. L'esame istologico ha confermato che il tumore era un amartoma mesenchimale. «Ai controlli effettuati dopo la dimissione – aggiunge Spada - abbiamo verificato che la bambina sta molto bene, ha ripreso ad alimentarsi e a crescere regolarmente. Il fegato "rimasto" ha già iniziato il processo di rigenerazione che farà sì che il suo volume torni alla normalità nell'arco di poche settimane, garantendo alla bambina una vita del tutto normale».