La sua azione è immediata, e sempre benefica. Attraverso l’arte dei suoni possiamo andare lontano con il pensiero ed immergerci nell’immensità delle sensazioni e degli affetti, abbracciare i misteri della vita senza però svelarli completamente, possiamo affidarci alla fantasia e correre verso l’incanto del sogno, come fare un percorso divino, perché la musica stessa ha in sé tracce della trascendenza di Dio, come affermò Plutarco definendola “invenzione divina”, o come invece scrisse Addison in una canzone dedicata al giorno di Santa Cecilia: “Musica, il più grande bene che i mortali conoscano. E tutto ciò che del paradiso noi abbiamo quaggiù”, e anche Martin Lutero, che seppe rivolgere un pensiero alla musica in un suo scritto del 1530: “La musica è un po’ come una disciplina che rende gli uomini più pazienti e più docili, più modesti e più ragionevoli. [...] Grazie alla musica si dimentica la collera e tutti gli altri vizi. [...] Chiunque è portato per quest’arte non può non essere un uomo di buon carattere, pronto a tutto”.
Tutto ciò era una solida consapevolezza dei compositori del passato (e lo è anche per quelli di oggi), coloro che ci hanno lasciato pagine e pagine di musiche immortali assolutamente esaustive dei loro pensieri e sentimenti. Per esempio Beethoven ha raccontato il dolore della sua sordità attraverso la Quinta Sinfonia e il suo amore per l’umanità con il coro della Nona, Verdi ci ha comunicato la sua voglia di libertà con la musica del “Nabucco”, Schubert ci ha rivelato la propria disperazione a causa di una morte annunciata e prematura, così come Chopin, che mise in musica l’addio alla sua amata attraverso un bellissimo Valzer, quello infatti denominato il “Valzer dell’addio”, e mai altra musica è stata nel tempo in grado di descrivere la tristezza desolante di un distacco che sappiamo fu definitivo.
Certo è che esempi simili sono appannaggio dei grandi, coloro che della musica fecero lo scopo della loro vita, ma ci chiediamo: è possibile godere appieno della musica pur non essendone competenti?
Certamente si. La musica, grazie alla sua forza emotiva, lascia una traccia in noi che va molto oltre la conoscenza specifica di note o simboli e similari, essa spazia nella nostra mente facendo spazio ad un pensiero magari mai elaborato prima, ad una commozione nuova, ad una confusione che sa essere gioia o dolore e ad una serie infinita di emozioni che nulla hanno a che vedere con la tecnica. Inoltre ognuno può scegliere la propria musica in base alle preferenze personali, ed attraverso di essa può mandare messaggi importanti o raccontare e ritrovare qualcosa di sé, e per di più sappiamo che i messaggi musicali sono sempre compresi, perché toccano il cuore. Lo scrisse Beethoven in calce alla sua “Missa Solemnis”: “Dal mio cuore al cuore di tutti”, Schumann lo affermò scrivendo che “dovere del musicista è mandar luce nel profondo del cuore umano”, ed ancora Tolstoj: “La musica è la stenografia dell’emozione. Emozioni che si lasciano descrivere a parole con tante difficoltà e che invece sono direttamente trasmesse nella musica. In questo sta il suo potere e il suo significato”.
Come scegliere la propria musica? Non c’è un sistema. Magari con l’immaginazione. Ogni musica, infatti, può suggerirci qualcosa di speciale, come risvegliare un ricordo o riportarci indietro nel tempo, e soprattutto può farci comunicare ciò che con le parole non possiamo o non sappiamo fare, vuoi per timidezza, per lontananza, disabitudine, ma le note musicali ci aiutano sempre, perché, come disse Debussy, “la musica esprime l’inesprimibile all’infinito”.
In definitiva chi fa musica è un grande comunicatore. Informazioni e formazioni adeguate sull’utilizzo della musica gioverebbero a molti, dai politici ai docenti ai genitori, e non sarebbe male iniziare a frequentare lezioni di musica o partecipare con una certa assiduità a concerti e seminari sull’argomento, perché, ciascuno nell’ambito della propria competenza, saprebbe meglio accompagnare la propria e l’altrui esistenza verso una comunicazione più aperta, in parole semplici migliorare la qualità della vita di tutti, valorizzando anche gli aspetti più semplici del vivere, come rendere più familiare ed umano il mondo esterno, così che nulla vada disperso e tutto sia comprensibile e vicino all’essere umano.
E poi c’è il fattore culturale, un aspetto della musica che non può e non deve essere sottovalutato. Fin dalla notte dei tempi la musica è stata lo specchio della cultura di ogni popolo, ed il suo uso ne è testimonianza. Dai remoti cori gregoriani alla musica moderna, ogni espressione musicale ha avuto ed ha un significato. Tutto sta nel capirlo.
Marina Pinto