Redazione
È il quadro che emerge dai risultati di uno studio condotto presso la Fondazione Policlinico Universitario “A. Gemelli” IRCCS – Università Cattolica del Sacro Cuore e pubblicato sulla rivista internazionale “Frontiers in Psychiatry”.
È elevata la prevalenza degli adolescenti italiani con comportamenti a rischio di dipendenza da sostanze e non solo: oltre il 22% dei giovani che frequentano le scuole superiori presenta un rapporto disfunzionale con il Web. È il dato che emerge da uno studio effettuato presso la Fondazione Policlinico Universitario “A. Gemelli” IRCCS – Università Cattolica del Sacro Cuore e pubblicato sulla prestigiosa rivista “Frontiers in Psychiatry”.
La ricerca è stata condotta dal Dottor Marco Di Nicola e coordinata dal Professor Luigi Janiri dell’Unita operativa Complessa del Gemelli e Istituto di Psichiatria e Psicologia dell’Università Cattolica e dimostra anche una relazione tra l’uso problematico di Internet ed un peggiore rendimento scolastico, oltre che alcuni tratti di personalità e caratteristiche psicologiche già associati al rischio di sviluppare disturbi psichici.
Pubblicato sulla rivista Scientific reports lo studio condotto dall’università di Verona insieme al Politecnico di Milano e all’Istituto italiano di tecnologia
Ritardare o inibire i processi ossidativi nel nostro organismo è fondamentale per allontanare infiammazioni, malattie degenerative e per mantenersi giovani. La molecola naturale maggiormente ricca di proprietà antiossidanti è l’astaxantina, un pigmento prodotto da microalghe fotosintetiche che si ritrova poi in diversi organismi tra cui pesci e crostacei che si nutrono di queste microalghe. Oggi la produzione di questa molecola richiede costi elevati da parte del
mondo industriale perché è possibile ottenerla in quantità molto basse. Ora però si apre una nuova frontiera. La prestigiosa rivista Scientific reports del gruppo Nature ha pubblicato un importante studio che svela i motivi alla base della bassa produttività di questa molecola osservata in colture di alghe. La ricerca è coordinata da Matteo Ballottari, docente di fisiologia vegetale dell’università di Verona e realizzata insieme alPolitecnico di Milano e al Center for Nano Science and Technology dell’Istituto italiano di tecnologia (CNST – IIT Milano). I risultati ottenuti permettono ora di delineare innovative strategie biotecnologiche per aumentare significativamente la produzione di astaxantina in microalghe o ingegnerizzare piante superiori per produrre questo pigmento. Che cos’è l’astaxantina. L’astaxantina è un pigmento di elevato interesse industriale con applicazioni che vanno dalla produzione di mangimi per pesci per ottenere la desiderata colorazione rossa, alla cosmetica e nutraceutica grazie al suo forte potere antiossidante. L’astaxantina è, infatti, tra le molecole naturali con il potere antiossidante più forte e, per questo motivo, sono in via di studio applicazioni di questa molecola come agente anti-tumorale, anti-infiammatorio e per la protezione della pelle dai raggi UV. La produzione industriale di astaxantina si basa essenzialmente sulla coltivazione in “fotobioreattori” (contenitori chiusi esposti alla luce del sole) di Haematococcus pluvialis, una microalga di acqua dolce che accumula alti livelli di astaxantina (fino al 5% della biomassa prodotta) in condizioni di “stress” quando, cioè, le cellule si trovano a dover fronteggiare condizioni avverse come alta temperatura, carenze nutrizionali o alta salinità. La resa complessiva di astaxantina tramite coltivazione di microalghe è tuttavia molto bassa: per questo motivo il suo prezzo sul mercato può raggiungere anche diverse migliaia di euro al chilogrammo.