Mappa Ny-Alesund:
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La centrale sarà realizzata da Polarnet, il network polare del Consiglio Nazionale delle Ricerche, nei pressi di Kolhaugen, sulle isole Svalbard del Circolo Polare Artico. La nuova stazione avrà il compito di studiare i processi chimico-fisici che avvengono nello strato di atmosfera a contatto con il suolo e in quello immediatamente superiore (la troposfera) e che giocano un ruolo chiave nel bilancio energetico del pianeta. I dati raccolti permetteranno agli scienziati di fare previsioni sulle variazioni dei ghiacci artici e sulla loro possibile scomparsa.
Il progetto, frutto dell'accordo siglato lo scorso 14 luglio dal Consiglio Nazionale delle Ricerche italiano e dalla società norvegese King's Bay, contribuirà a rafforzare la presenza italiana nell’ambito delle iniziative promosse dall’Anno Polare Internazionale [1], un programma scientifico di vasta portata che coinvolge équipes provenienti da tutto il mondo allo scopo di comprendere gli effetti e le trasformazioni che i cambiamenti climatici hanno sull’ecosistema polare. “La nuova centrale - afferma il professor Luciano Maiani, presidente del CNR - “offre al nostro Paese un’opportunità che va ben oltre la presenza scientifica, rendendolo partecipe di un processo economico e politico internazionale che considera sempre di più questa regione strategica per gli equilibri del pianeta”[2].
Una Torre fra i ghiacci
La Torre verrà costruita a pochi chilometri da Ny-Ǻlesund, antico sito minerario delle isole Svalbard [3], oggi centro di ricerca all’avanguardia che ospita la più attrezzata stazione scientifica internazionale, a cui partecipano dieci Nazioni con attività coordinate. Qui nel 1996 il CNR ha istituito la Stazione Scientifica artica Dirigibile Italia, così chiamata per onorare le vittime della storica spedizione di Umberto Nobile al Polo Nord.
La stazione italiana, che occupa 350 metri quadrati di laboratori e aree di lavoro, svolge attività sperimentali preziose per comprendere il ruolo dell’Artico nei cambiamenti globali. In oltre dieci anni di operatività, ha condotto importanti studi che non riguardano solo il clima, ma anche la genetica, la biologia molecolare e cellulare, le ricerche biomediche, la fisiologia, le scienze marine ed ambientali, gli aspetti storico-antropologici, come l’impatto delle trasformazioni sociali sulle popolazioni locali.
Stazione Dirigibile Italia
Foto di Emiliano Liberatori
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La Torre Amundsen-Nobile darà un contributo importante alle attività scientifiche di Ny-Ǻlesund perché – spiega Roberto Azzolini, coordinatore di Polarnet – “si propone di realizzare una ricerca ad ampio spettro: dai profili verticali dei principali parametri meteorologici come pressione, temperatura e umidità, ai flussi di calore, fino al bilancio di energia alla superficie, passando per la misura della riflettività di neve, ghiaccio, roccia e vegetazione”. Data la sua altezza - 30 metri - la nuova struttura si presta bene ad analizzare le interazioni fra suolo e atmosfera, fondamentali per conservare l’equilibrio del sistema.
Perché studiare il Circolo Polare Artico?
L’ Artico è un ecosistema unico ed eccezionale, che offre agli scienziati l’opportunità di studiare fenomeni complessi in condizioni climatiche non “proibitive” per l’uomo. Queste
caratteristiche, però, lo rendono anche particolarmente vulnerabile, poiché nel Polo gli effetti dei cambiamenti climatici si manifestano in modo più sensibile che nel resto del pianeta. Gli scienziati hanno battezzato l’Artico “Early Warning System”, ossia un sistema d’allarme precoce per i futuri cambiamenti climatici della Terra. Basti pensare che, mentre a livello globale – osserva Giuseppe Cavarretta, direttore del Dipartimento Terra e Ambiente del CNR – “negli ultimi venti anni si è avuto un aumento medio di 0,57° C, in Artico si è valutato un incremento di 1,1° C”. Vale a dire il doppio. Questa maggiore sensibilità dipende dalle caratteristiche peculiari delle regioni polari. La bassa elevazione solare, la lunga notte polare, i complessi processi d’interazione fra mare, ghiaccio e atmosfera contribuiscono ad amplificare la risposta del sistema ai cambiamenti esterni.
Laboratorio marino di Ny-Alesund
Foto di Haakon Hop, NPI
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Allarme Artico: gli effetti dei cambiamenti climatici
Le ricerche scientifiche sembrano confermare la progressiva tendenza dei ghiacci polari a sciogliersi. La banchisa artica si sta assottigliando. Tra il 1979 e il 2007 aveva un’estensione media di 6.7 milioni di chilometri quadrati, ma nel 2007 ha raggiunto il minimo storico assoluto, perdendo quasi due milioni e mezzo di Km quadrati di ghiaccio (vedi Tabella).
Le rilevazioni, inoltre, mostrano che il ghiaccio vecchio diminuisce e aumentano quelli recenti, più fragili e sottili; inoltre, la banchisa per la prima volta si è ritirata lungo tutto il perimetro dell’Artico. Alcune previsioni azzardano che già dal 2030-2050 il ghiaccio potrebbe iniziare a scomparire del tutto nel periodo estivo. Secondo Vito Vitale [4], però, queste previsioni rischiano di essere “puri esercizi teorici” perché sono tante e spesso contraddittorie le variabili coinvolte nel sistema, senza contare che le conoscenze degli scienziati sono ancora insufficienti per poter fare pronostici veramente affidabili.
L’ipotesi più allarmante – avverte Cavarretta - riguarda lo scioglimento del permafrost, ossia lo strato perennemente ghiacciato del suolo. Se si scioglie, il gas metano contenuto nel materiale organico ghiacciato viene rilasciato nell’atmosfera, producendo un effetto serra venti volte più potente di quello causato dall’anidride carbonica, col risultato di accelerare il surriscaldamento del pianeta [5]. La scomparsa del permafrost, inoltre, rischia di alterare profondamente l’ecosistema artico, mettendo a repentaglio la sopravvivenza di molte specie animali e vegetali.
Un po’ di storia
L’impatto delle attività umane sull’Artico è iniziato con la rivoluzione industriale. Già nel XVIII secolo i primi esploratori che avvistavano le regioni polari notavano la presenza di una fitta nebbia che gli eschimesi chiamavano “poo-jok”. Solo negli anni’70 del secolo scorso gli scienziati hanno scoperto che la nebbia artica, caratterizzata da un andamento stagionale che raggiunge il picco massimo tra la fine dell’inverno e l’inizio della primavera, non è un evento meteorologico naturale, ma un “effetto collaterale” delle attività industriali dell’uomo.
L’Artico, quindi, si comporta come una vera e propria discarica, in cui mercurio, zolfo, vanadio, carbone e tanti altri inquinanti vengono trasportati dalle aree più popolate dell’emisfero nord del Pianeta e si accumulano nella calotta polare soprattutto durante i mesi invernali. “Questo inquinamento – sottolinea Cavarretta – ha effetti non soltanto sul riscaldamento locale e globale, ma anche sulla biodiversità e sulla stessa salute degli abitanti delle regioni artiche”.
Biodiversità e adattamento
La biodiversità, ossia la variabilità e ricchezza di forme di vita sulla Terra, è seriamente minacciata dai cambiamenti climatici, soprattutto se “repentini”. In questo caso, spiega Guido di Prisco [6], una specie ha tre possibilità: mettere in atto una strategia di adattamento, che però richiede tempi molto lunghi; trasferirsi in una zona non ancora “modificata”, ma la migrazione può essere ostacolata da fattori geografici; infine, se nessuna delle precedenti opzioni è possibile, la specie è destinata all’estinzione. Molte specie attualmente esistenti – aggiunge di Prisco – “potrebbero estinguersi nell’arco dei prossimi 50 anni”. Per poter fare previsioni sul futuro della biodiversità è importante studiare l’impatto dei cambiamenti climatici sugli organismi marini, sia artici che antartici, poiché negli oceani avviene la metà della produzione primaria del Pianeta. Le regioni polari, quindi, sono uno straordinario laboratorio a cielo aperto, che offre agli scienziati informazioni preziose sulle strategie di adattamento degli organismi viventi in condizioni climatiche “estreme”.
Note
[1] L’Anno Polare Internazionale (IPY) è stato promosso dal Consiglio Internazionale delle Scienze (ICSU) e dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO) per il biennio 2007-2008. Lo scopo è di realizzare ricerche internazionali in entrambi le regioni polari. Il CNR ha partecipato a grandi progetti tra cui OASIS, POLAR AOD, ICESFISH.
[2] A pochi mesi dalla fine dell’Anno Polare Internazionale, che si concluderà nel marzo del 2009, le preoccupazioni sul destino dei ghiacciai artici sono all’ordine del giorno nell’agenda politica dei Paesi industrializzati, che il 9 e il 10 novembre 2008 si sono riuniti per continuare a sostenere la ricerca scientifica anche dopo le iniziative dell’Anno Polare e per costituire un osservatorio internazionale dei cambiamenti climatici in atto. In una dichiarazione ufficiale, la Commissione europea ha ribadito l’impegno di tutti i governi dell’Unione a migliorare la governance multilaterale dell’Artico e a promuovere l’uso sostenibile delle sue risorse. La ricerca scientifica nell’Artico rappresenta, quindi, un’attività di interesse strategico sia per la salvaguardia ambientale, sia per la tutela di risorse alimentari ed energetiche fondamentali per l'Europa.
Per approfondimenti sul documento ufficiale della Commissione europea si veda: http://ec.europa.eu/maritimeaffairs/arctic_overview_en.html
[3] Le Isole Svalbard, oltre ad essere sede di importanti istituzioni scientifiche, ospitano anche una Università (University of Svalbard) che offre corsi sulle scienze polari e supporta la ricerca scientifica nella regione.
[4] Ricercatore presso l’Istituto di Scienza dell’Atmosfera e del Clima del CNR di Bologna e coordinatore scientifico del progetto CC-Tower.
[5] Sull’allarme metano si veda anche l’articolo di Luigi Bignami, “Il permafrost si scioglie: rischio metano” (11/06/2008) http://www.scienze.tv/node/4053
[6] Istituto di Biochimica delle Proteine del CNR.
Link consigliati:
CNR
http://www.cnr.it/sitocnr/home.html
Dipartimento Terra e Ambiente del CNR
http://www.dta.cnr.it/
Polarnet
http://www.polarnet.cnr.it/
International Polar Year
http://www.ipy.org/
European Polar Board
http://www.esf.org/research-areas/european-polar-board-epb.html
International Arctic Science Committee
http://www.arcticportal.org/iasc/
Polar AOD
http://polaraod.isti.cnr.it:8080/PolarAOD/jsp/index.html
ARCFAC V
http://arcfac.npolar.no/
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http://www.scienzaonline.com/scienze-naturali/antarctica.html
Bruno Marsico, “Alla scoperta dell’Antartide-I parte” Scienzaonline http://www.scienzaonline.com/scienze-naturali/scoperta-antartide.html
Bruno Marsico, “Alla scoperta dell’Antartide-II parte” Scienzaonline
http://www.scienzaonline.com/scienze-naturali/scoperta-antartide-2.html
Bruno Marsico, “Alla scoperta dell’Antartide-III parte” Scienzaonline
http://www.scienzaonline.com/scienze-naturali/scoperta-antartide-3.html
Veronica Rocco, “Antartide: sotto i ghiacci alla scoperta della biodiversità”, Scienzeonline
http://www.scienzeonline.com/index.php?option=com_content&task=view&id=70&Itemid=58
Veronica Rocco, “I cambiamenti climatici e gli strumenti della scienza”, Scienzeonline
http://www.scienzeonline.com/index.php?option=com_content&task=view&id=45&Itemid=40
Veronica Rocco