Un programma che parla in modo particolare all'Italia; che si fonda sull'idea della "Unicità d'Italia": Giardino del Mondo e cuore della civiltà d'impresa diffusa.
Una strategia, quella sollecitata dal manifesto, motivata da numerose condizioni di differente natura, relative all'attuale situazione nazionale ed internazionale.
Prima fra tutte l'esponenziale crescita demografica che vive il Pianeta nell'ultimo mezzo secolo.
Dal 1962 al 2007 la popolazione mondiale è raddoppiata passando da 3,3 miliardi di esseri umani a 6,6 miliardi. Un tasso di crescita mai conosciuto prima nella storia, merito, principalmente, dei traguardi raggiunti in campo scientifico e medico.
Uno sviluppo demografico tale da compromettere pesantemente gli equilibri di alcuni ecosistemi a causa della crescente, e forse non più sostenibile, domanda di cibo, energia, acqua potabile e risorse naturali.
Squilibri demografici che, se certo non possono determinare da soli i rapidi cambiamenti climatici in corso, hanno comunque un impatto sullo stato di salute del Pianeta.
Se ai problemi sopracitati si aggiunge, almeno per il mondo occidentale, una lunga fase di stagnazione economica, si intuisce come sia pienamente giustificata la percezione fortemente diffusa della soverchiante complessità della realtà attuale. Percezione che lo sviluppo di sistemi comunicativi di massa, come internet, tende a manifestare in modo globalizzato e diffuso, fino ad determinare un senso di impotenza e sfiducia nella oggettiva capacità di risolvere i problemi comuni.
E' questo il quadro politico, sociale ed economico in cui vengono esplicitate le proposte del manifesto della "Green-Economy".
Un modello culturale fondato su scelte prettamente politiche per promuovere un miglioramento della qualità della vita attraverso il deciso cambiamento delle abitudini dei cittadini, prevedendo al contempo una serie di riforme di settori strategici dell'economia del Paese.
Concretamente il programma del "manifesto" propone: la riforma del sistema culturale-formativo finalizzato a fornire le nuove professionalità necessarie alla trasformazione del sistema produttivo; la riforma in campo economico sia in ambito agricolo, sia in quello industriale e nel settore dei servizi, ridefiniti nell'ottica della "green economy"; l'approvazione di un Piano nazionale energetico in grado di promuovere le nuove tecnologie pulite riducendo la dipendenza del nostro Paese da Stati esteri; un Piano per la riduzione ed il recupero dei rifiuti; un Piano per la mobilità a basso impatto ambientale; un Piano per una edilizia a zero emissioni. Il tutto coinvolgendo Comuni, Province e Regioni per favorire un sistema di certificazione, sussidio e controllo per tutti i soggetti coinvolti.
Centrale nella definizione del programma la questione urbana. In un quadro in cui l'urbanizzazione, come dimostrano i dati raccolti relativi dal 1800 ad oggi, continua ad aumentare: "...nessun cambiamento positivo potrà avvenire senza la città". Il grande impatto ambientale delle città può essere ridotto grazie alle immense potenzialità delle tecnologie già disponibili.
In conclusione il manifesto rappresenta un ambizioso programma politico che si allontana dalle ideologiche visioni dei decenni che lo hanno preceduto; infatti, non muove dalla affermazione della crisi del sistema capitalistico, ma stabilisce una interessante riflessione rispetto al rapporto tra crescita, sviluppo e progresso.
Risultato di tale riflessione non è la proposta di un rallentamento del progresso scientifico-tecnologico ma una soluzione differente: lo "Sviluppo sostenibile". Quest'ultimo rappresenta, riprendendo l'espressione formulata nel 1987 dalla delegata delle Nazioni Unite Gro Harlem Brundtland, uno sviluppo che risponde alle esigenze del presente senza compromettere la capacità di soddisfare le esigenze delle generazioni future.
Fabrizio Giangrande
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