Molte sono ancora le incognite di una viaggio umano su marte. Sia di tipo tecnologico, che di tipo scientifico, o meglio fisiologico.
Attualmente il viaggio di un sonda robotica sul pianeta rosso non può essere inferiore ai sei mesi. La distanza minima tra la Terra e Marte, ovvero quando i pianeti si trovano l’uno opposto all’altro è di 56milioni di chilometri e il razzo che avesse il compito di condurre un equipaggio umano sul suolo marziano non solo dovrebbe avere abbastanza energia per sfuggire alla gravità terrestre, ma anche per resistere all’attrazione solare. Inoltre il vettore dovrebbe avere una capacità di propellente tale da permettere all’equipaggio di lasciare il suolo di Marte vincendo la sua forza di attrazione, che sebbene minore di quella terrestre, è comunque importante. Con le attuali tecnologie è ora impresa ardua. Alcuni anni or sono è stata ipotizzata l’ipotesi di un razzo a propulsione nucleare, le cui incognite sono comunque tali che il progetto è stato per il momento accantonato.
Inoltre il periodo di permanenza sul pianeta rosso dovrebbe comunque essere limitato per approfittare ancora della relativa vicinanza tra i due pianeti. Nel momento infatti in cui i due pianeti si trovano alla massima distanza, il percorso è di circa 380milioni di chilometri. E’ possibile ipotizzare il cosiddetto effetto fionda gravitazionale dei pianeti, con un passaggio ad esempio tangente a Venere, ma la durata del viaggio assumerebbe contorni tali, fino a quattro anni, che, ad oggi, rappresenta una grave limite per la sopravvivenza di un equipaggio umano. Per ovviare ai deficit tecnologici si ipotizza la possibilità di usare una stazione orbitante per costruire e lanciare il razzo, così da necessitare di una velocità di fuga dall’attrazione terrestre (40mila km orari da terra) assai minore, con conseguente risparmio di carburante da utilizzare per lasciare il suolo marziano. Ma questo cantiere orbitante dovrebbe essere costruito su un angolo particolare (circa 30°) assai diverso da quello dell’attuale Stazione Spaziale Internazionale.
Photo Credit: NASA/JPL/Malin Space Science Systems
Ma l’incognita più grande è ancora legata all’uomo. In primo luogo le radiazioni cosmiche a cui sarebbe sottoposto in un viaggio così lungo. Molti passi sono stati fatti in avanti grazie alle stazioni orbitanti, ma non tali da fornire sufficienti rassicurazioni. Il metabolismo umano inoltre non è fatto per vivere in assenza di gravità e alla lunga questo può rappresentare un problema. Certo alcuni primati sono stati raggiunti, come la permanenza nello spazio di un astronauta per 438 giorni, che fanno ben sperare, ma in un’impresa così ardua anche un semplice mal di denti potrebbe rappresentare un problema. Infine c’è l’elemento psicologico. Un seppur piccolo equipaggio umano dovrebbe convivere in un ambiente assai angusto per molti mesi, in condizioni estreme. Per questo sia l’Agenzia Spaziale Europea che quella italiana hanno avviato programmi di sperimentazione come Mars 500, dove volontari si misureranno con questa difficile convivenza per 500 giorni. Insomma Marte è ancora una incognita, non solo dal punto di vista scientifico ma e soprattutto per la sua conquista umana. Ma una cosa sembra certa: presto o tardi che sia, l’uomo porrà la sua orma anche sul pianeta rosso.
Francesco Rea
Credits image: the first image in this article is from NASA/JPL-Caltech/University of Arizona