Le mucillagini, la cui abbondante presenza riscontrata nei nostri mari ha fatto notizia nelle ultime settimane, sono materiale organico particellare che forma uno strato gelatinoso sui fondali marini, ricoprendo tutte le specie che vivono a stretto contatto con il fondale. Determinate condizioni, come l’aumento della temperatura delle acque, la bassa intensità del vento, ma anche l’inquinamento e il carico di materia organica, possono contribuire a un eccesso di produzione di mucillagine da parte di alcune specie di alghe.
«La mucillagine si forma in superficie ma poi cade sul fondo per effetto della gravità andando a ricoprire completamente gli organismi bentonici che vivono a stretto contatto con il substrato roccioso», spiega Monica Montefalcone, del DISTAV dell’Università di Genova. «Generalmente questo fenomeno si osserva un po’ più in là nella stagione, dopo la comparsa del cosiddetto termoclino estivo, cioè lo strato d’acqua che separa le acque superficiali da quelle più profonde e dove la temperatura subisce un rapido cambiamento. Al momento del nostro monitoraggio, gli organismi mostravano ancora un discreto stato di salute, ma se la mucillagine permarrà per tutta l’estate, è probabile che molti di essi cominceranno a soffocare e moriranno a inizio autunno».
«Le gorgonie – continua Montefalcone – sono risultate gli organismi maggiormente colpiti nell’area marina protetta di Portofino, nei siti di Isuela e Torretta da noi monitorati: si presentavano ricoperte in abbondanza da mucillagine al di sopra dei 30 metri, mentre al di sotto si trovavano fortunatamente ancora in buono stato. Ma il rischio è che gli aggregati di mucillagine continuino a cadere e impattino anche le colonie situate a maggiori profondità».
Secondo Greenpeace, per proteggere il Mediterraneo servono misure adeguate per mitigare gli effetti negativi delle attività antropiche e l’istituzione di un maggior numero di aree marine protette, al momento l’unico strumento efficace per salvaguardare la biodiversità dei nostri mari.