Il culto abruzzese delle Acque Sacre come risorsa per una valorizzazione territoriale

Silvia Scorrano 22 Mar 2017

 

L’acqua, origine della vita, elemento sacro agli antichi, sostanza taumaturgica, fattore attrattivo nel processo di popolamento è da sempre stata al centro di riti e di festività: ad essa sono stati consacrati luoghi di culto, in suo onore sono stati compiuti riti propiziatori, essa è lo strumento per mezzo del quale avvengono le guarigioni. Un elemento della natura capace di sacralizzarne il paesaggio: l’inspiegabilità della sua origine ha rivestito di magia alcuni luoghi, il cristianesimo si è sovrapposto ai culti pagani dell’acqua, l’eremitismo ha contribuito ad avvolgere con un velo mistico la montagna abruzzese, laboriosamente organizzata dai grandi monasteri.

 

 

Acque sacre, quindi, attorno alle quali si è edificata la storia millenaria dell’Abruzzo, acque che celano un ricco patrimonio culturale formato da beni materiali (i luoghi di culto) e immateriali (credenze, riti, festività), una risorsa che lega tra loro i luoghi attraverso pagine di storia, di vita religiosa e popolare non rinnovabile nella sua unicità e capacità identitaria e, pertanto, meritevole di recupero, tutela e valorizzazione. Inoltre, la riscoperta e la diffusione tra gli abitanti della storia e della cultura del luogo consentono, in contesti economicamente marginali, il recupero di una propria dignità e costituiscono un elemento di coesione, di riappropriazione e di «autoriconoscimento» del territorio per un processo di «reidentificazione» con i luoghi. La cultura non è solo una testimonianza del passato ma è anche una risorsa e uno strumento di educazione civile per le nuove generazioni. Nella società postindustriale, al patrimonio culturale è stata attribuita una nuova centralità nell’ambito delle politiche territoriali. Inoltre, le stesse politiche culturali, un tempo esclusivamente protezionistiche e vincolistiche, si sono progressivamente diversificate indirizzandosi, negli anni settanta, verso finalità sociali estendendosi a ricomprendere, nel decennio successivo, anche la promozione economica. In tale ottica, si rende necessario individuare e valorizzare le potenzialità endogene, del patrimonio culturale, ambientale e sociale che rappresenta l’unicità di una determinata struttura territoriale per ipotizzare adeguati processi di sviluppo sostenibile.

Il turismo religioso, nel quale si inserisce anche il culto delle acque sacre, sebbene sia un fenomeno di nicchia con specifiche esigenze, con un turista che spende meno rispetto al turista medio, non manca di presentare alcuni risvolti positivi in quanto si svolge, prevalentemente, in contesti diversi dai siti del turismo di massa ben adattandosi alle esigenze del turista moderno, definito post-fordista o post-turista. Il turismo religioso, quindi, potrebbe promuovere il riequilibrio dei flussi turistici e rappresentare una fonte di autofinanziamento per il ripristino del patrimonio storico-culturale di edifici e luoghi di culto altrimenti destinati al degrado e all’oblio. In un simile contesto appare importante da un punto di vista socio-economico, oltre che culturale, recuperare i siti abbandonati e riproporli nell’ottica di un turismo sostenibile rispettoso dei luoghi e dell’immagine spirituale oltre che materiale che essi trasmettono.

La spiritualità legata al turismo religioso, inoltre, comporta la preventiva valutazione dei rischi che una promozione dell’evento religioso può comportare. L’inserimento della rappresentazione scenica religiosa all’interno di un progetto di sviluppo sostenibile presuppone un processo d’integrazione dell’evento religioso nell’ambito di un’offerta turistica culturale, soprattutto al fine di evitare la folclorizzazione del fenomeno (nel senso negativo del termine) che potrebbe banalizzarsi nella rappresentazione di un evento che, avulso dal contesto storico e culturale di riferimento, rischia di privare la popolazione locale della propria dignità. Dall’altro canto, l’innesto del turismo religioso all’interno di un più ampio turismo culturale presuppone la capacità dello stesso di metabolizzare e gestire talune manifestazioni laiche. Il culto dell’acqua, che coinvolge a vario titolo circa cinquanta dei 305 comuni abruzzesi, e oltre 400 mila abitanti, può costituire il punto di partenza di un itinerario volto alla valorizzazione turistica di stratificazioni culturali e sociali che sono state fotografate anche in forma letteraria. Esso consente di far emergere le peculiarità dei singoli ambiti territoriali per quanto concerne le caratteristiche naturalistiche, paesaggistiche e storico-archeologiche sulle quali si innestano le manifestazioni religiose, l’artigianato tradizionale e la cultura enogastronomica, con l’obiettivo di creare una rete di relazioni articolate e dinamiche.

In tale ottica, la memoria storica può essere trasformata in un fattore innovativo mentre la sua conservazione può diventare un fattore di sviluppo. Tuttavia, la valorizzazione delle risorse ambientali e culturali in un’ottica di sviluppo territoriale sostenibile richiede la “messa a sistema” delle risorse attraverso l’integrazione delle potenzialità di attrazione culturale con quelle dell’ambiente naturale. Una simile ipotesi di sviluppo richiede una programmazione sistemica in termini di concertazione, sinergie, relazioni, complementarietà, nell’ottica di un partenariato durevole. Le stesse motivazioni – culturali, naturalistiche e, infine, religiose – alla base di una domanda turistica legata al culto dell’acqua spingono in tale direzione.

Silvia Scorrano

Il Portale delle Acque Sacre

www.acquesacre.it

Ultima modifica il Mercoledì, 22 Marzo 2017 14:19
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