Quando nel cervello si verifica un insulto ischemico, alcune cellule circostanti alla zona lesa emettono una sorta di segnale di allarme, che induce altre cellule ad attivarsi con finalità riparative. Questo specifico segnale di danno viene recepito soltanto da cellule che possiedono un particolare recettore, chiamato GPR17. Alcune di queste cellule, ad esempio i neuroni presenti all’interno della lesione, reagiscono producendo un’infiammazione locale, che contribuisce alla distruzione definitiva dell’area lesionata; subito dopo, altre cellule (ad esempio, la microglia, le cellule immunitarie del cervello) invadono la zona lesa allo scopo di favorire il rimodellamento per favorire la formazione di nuovi circuiti cerebrali. Al tempo stesso, cellule progenitrici immature nelle zone circostanti il danno, vengono attivate proprio attraverso la stimolazione del recettore GPR17, iniziando così il percorso differenziativo che potrà portarle a generare nuove cellule neurali, in particolare oligodendrociti. Queste cellule possono così ricostruire la cosiddetta “guaina mielinica” che riveste i prolungamenti nervosi e permette ai neuroni di comunicare fra di loro.
Farmaci di nuova generazione, capaci di interagire selettivamente con questo recettore potranno essere impiegati per ottenere una diminuzione significativa della progressione del danno ischemico o per stimolare il differenziamento dei precursori immaturi e quindi le potenzialità autoriparative del cervello adulto, non solo nell’ictus, ma anche in caso di traumi cerebrali e malattie neurodegerative quali la sclerosi multipla.
Figura 1: Progressione del danno ischemico nel tempo - Come si può osservare in (A), somministrando all’animale un trattamento biotecnologico (oligonucleotide antisenso chiamato 616) o Cangrelor (Can) la progressione dell’area ischemica (contornata in bianco) nel tempo non aumenta e in alcuni casi diminuisce, mentre negli animali controllo aumenta significativamente. In (B) vengono riportate le variazioni percentuali dopo 24 ore (barre bianche) e dopo 48 ore (barre nere) dall’induzione dell’ischemia. Il danno iniziale a 2 ore dall’induzione dell’ischemia (barra grigia) è posto al 100%.
Introduzione
Un gruppo di ricercatori italiani ha recentemente individuato una concreta possibilità di rimediare alla perdita cellulare che si verifica durante ictus cerebrale. La scoperta mostra il ruolo cruciale svolto dal recettore GPR17, già precedentemente identificato dal gruppo, nel processo riparativo che si innesca in seguito a danno ischemico. Questo recettore sembra infatti funzionare come un “sensore molecolare” in grado di comunicare un segnale di danno a tutto il cervello, dando origine a eventi riparativi che comprendono il rimodellamento della regione colpita tramite la rimozione di neuroni danneggiati e la formazione di nuove cellule neurali a partire da precursori.
Figura 2: Distribuzione e localizzazione cellulare di GPR17 nel tempo in prossimità della zona ischemica - Inizialmente (A e B) GPR17 (sempre riportato in rosso) è espresso dai neuroni riconoscibili tramite il marcatore NeuN (in verde). Nel lato sano (in C) l’espressione è visibilmente molto più bassa, come è possibile anche notare dall’istogramma riportato sotto (con MCAo si intende il lato lesionato nel quale il danno è stato indotto occludendo l’arteria cerebrale media). A 48 ore dal danno ischemico i neuroni muoiono progressivamente nel “core”, mentre i pochi neuroni presenti nella penombra sono fortemente danneggiati, come mostrato da HSP70, un segnale di stress neuronale (D e E). A 72 ore (F e G) si osserva GPR17 quasi esclusivamente sulla microglia, identificata (in verde) con il marker IB4.
Lo studio è stato coordinato dalla Prof.ssa Maria Pia Abbracchio, del Dipartimento di Scienze Farmacologiche dell’Università degli Studi di Milano e dal Prof. Mauro Cimino dell’Università di Urbino, e ha coinvolto il Consiglio Nazionale delle Ricerche di Milano, le Università di Pisa e di Torino, il Centro Cardiologico Monzino di Milano e il Centro Neurolesi Bonino Pulejo di Messina.
La ricerca è stata pubblicata sulla rivista PLoS ONE, del gruppo Public Library of Science, organizzazione non-profit deputata alla divulgazione di articoli scientifici di eccellenza.
L’attacco ischemico è innescato dalla rottura o dall’occlusione di un vaso cerebrale e ha come conseguenza la mancata irrorazione sanguigna di una determinata area del cervello (identificata come “core ischemico”). Nel giro di poche ore quest’area tende ad allargarsi notevolmente (zona definita di “penombra”) in quanto sempre più cellule vanno incontro a morte a causa del propagarsi di un’onda di “depolarizzazione” che comunica il danno dal core alle zone circostanti. L’ictus rappresenta ad oggi la principale causa di invalidità negli adulti e la terza causa di morte nei paesi industrializzati.
Nello studio precedente, pubblicato due anni fa su “The EMBO Journal”, rivista del gruppo Nature, i ricercatori non solo hanno identificato le molecole che sono in grado di attivare il recettore GPR17, normalmente presente nei neuroni cerebrali, ma hanno anche dimostrato il convolgimento di GPR17 nella propagazione del danno ischemico: esperimenti condotti in ratti hanno dimostrato, infatti, che lo spegnimento precoce del recettore durante l’induzione dell’insulto ischemico, tramite l’impiego di farmaci specifici o di approcci biotecnologici blocca e in alcuni casi fa addirittura regredire l’estensione dell’area di penombra.
Questi risultati hanno permesso di individuare in GPR17 un possibile bersaglio per lo sviluppo di farmaci anti-ictus: la conoscenza dettagliata della conformazione del recettore potrà permettere il disegno di farmaci altamente specifici per GPR17, in grado di bloccare o di diminuire la progressione dell’evento ischemico, proprio agendo selettivamente attraverso GPR17.
In questo nuovo studio, oltre a confermare nel topo quanto già dimostrato nel ratto, i ricercatori hanno dimostrato che GPR17 è espresso da progenitori immaturi nel tessuto nervoso: questo recettore diventa dunque un bersaglio molecolare molto interessante da studiare nel contesto di possibili nuovi approcci riparativi.
Da anni è noto infatti, che anche nel cervello adulto di mammifero avvengono fenomeni riparativi spontanei, benchè essi siano limitati a poche zone, dette neurogeniche (zona sottoventricolare e strato granulare del giro dentato dell’ippocampo). In queste aree, cellule staminali neurali sono in grado di autorigenerarsi continuamente e di differenziarsi per originare tutti e tre i tipi principali di cellule presenti nel cervello, cioè i neuroni, gli astrociti e gli oligodendrociti. Studi recenti hanno però dimostrato che il cervello adulto possiede potenzialità rigenerative molto più estese di quanto si credesse. Esistono infatti, sparse in tutto il tessuto cerebrale, cellule immature chiamate “precursori”, che, pur non mostrando spontaneamente proprietà staminali, possono rispondere ad opportune stimolazioni uscendo dal loro stato di quiescenza e assumendo il comportamento delle cellule staminali. Questi precursori, per esempio, se attivati, possono migrare in un sito danneggiato adiacente e differenziarsi nel tentativo di rimpiazzare le cellule morte. Benchè gli approcci attualmente conosciuti per indurre questi processi riparativi non diano ancora risultati soddisfacenti, il potenziamento delle capacità rigenerative del sistema nervoso potrebbe acquistare un’importanza cruciale nella cura di malattie e traumi cerebrali, nei quali la perdita cellulare molto estesa porta a gravi danni funzionali. Al fine, quindi, di sviluppare nuovi approcci terapeutici, è necessario identificare strategie nuove, capaci di incrementare e controllare questi fenomeni rigenerativi.
Figura 3: Schema delle vie di attivazione di GPR17 durante la fase di rimodellamento in seguito a ictus - Il danno ischemico induce morte neuronale all’interno della zona direttamente colpita (“core” ischemico, delimitato dalla linea rossa), con conseguente rilascio di molecole segnale (palline colorate), tra le quali nucleotidi e cisteinil-leucotrieni, attivi sul recettore GPR17 (quadratini azzurri). L'azione di queste molecole sulla microglia attiva la fagocitosi, processo durante il quale vengono eliminati i detriti cellulari prodotti nell'area ischemizzata; osservando la fotografia (A) è possibile notare come le cellule microgliali attivate, facilmente riconoscibili perché presentano sulla loro superficie un marcatore specifico (IB4 in verde) utilizzato dai ricercatori per poterle identificare, co-esprimono anche GPR17 (in rosso). Sulle cellule progenitrici, queste molecole segnale attivano invece il loro differenziamento a oligodendrociti maturi, cellule in grado di produrre mielina per rivestire le fibre nervose. Le cellule progenitrici in fotografia (B) sono facilmente distinguibili dagli oligodendrociti maturi (che producono mielina) in quanto presentano nei loro nuclei una proteina Olig2 (in verde). Questa proteina scompare a maturazione avvenuta, così come scompare anche GPR17, quando gli oligodendrociti assumono una morfologia più matura, sintetizzano la mielina e avvolgono con la stessa i prolugamenti neuronali (fotografia C).
I risultati della ricerca
Lo studio ha dimostrato che, in corso di ischemia, l’espressione di GPR17 aumenta secondo uno schema preciso, a partire dall’area cerebrale direttamente colpita dall’ischemia (“core”). Inizialmente, i neuroni maggiormente interessati dal danno ischemico, vanno incontro a morte e rilasciano grandi quantità di mediatori infiammatori, tra i quali nucleotidi e cisteinil-leucotrieni, entrambe molecole attive su GPR17. Il segnale generato dalle cellule danneggiate si diffonde per tutto il cervello e innesca una serie di eventi volti da un lato a limitare i danni subiti, dall’altro a cercare di riparare le cellule e le strutture danneggiate. In quest’ottica, GPR17 funziona come “sensore di danno”, segnalando l’evento ischemico e marcando la regione colpita rendendola così riconoscibile alle cellule coinvolte in processi riparativi.
Studi di risonanza magnetica nucleare hanno dimostrato che, in topi sottoposti a ischemia, la somministrazione di Montelukast o Cangrelor durante queste prime fasi dell’insulto ischemico, farmaci attivi su GPR17, anche se non specifici solo per questo recettore, porta ad una significativa diminuzione della progressione del danno ischemico (Figura 1). E’ importante ricordare che Montelukast è un farmaco già usato come anti-asmatico e che molecole correlabili a cangrelor sono già in fase clinica avanzata per il trattamento di un’altra patologia, la trombosi, che peraltro rappresenta una delle cause alla base dell’ictus. Come sopra menzionato, risultati simili sono stati ottenuti anche somministrando DNA antisenso, un approccio biotecnologico che consente di spegnere specificamente il recettore GPR17.
Terminata la fase acuta, a partire da 48 ore dall’induzione dell’ischemia, si attivano le cellule immunitarie del cervello, cioè le cellule microgliali che migrano verso la sede del danno. La microglia attivata inizia ad esprimere il recettore GPR17, diventando anch’essa sensibile alle molecole pro-infiammatorie quali nucleotidi uridinici e cisteinil-leucotrieni che attivano il recettore. La funzione principale delle cellule microgliali che raggiungono la zona ischemica è quella di “ripulire” l’area, fagocitando i detriti delle cellule nervose morte, a partire dalla zona di penombra fino alle zone più profonde del danno. Questa funzione microgliale è fondamentale perchè possano poi attivarsi i meccanismi riparativi cerebrali. A 72 ore dall’induzione dell’ischemia, è possibile osservare la presenza di microglia attivata, che esprime il recettore GPR17, disposta sul bordo esterno della penombra, dove contribuisce a creare una barriera tra zona lesa e zona sana. (Figura 2)
Quasi contemporaneamente, in zone non direttamente colpite dall’ictus, ma che risentono profondamente del danno cerebrale, i precursori (o cellule progenitrici) esprimenti GPR17 vengono anch’essi attivati (Figura 3), e iniziano il processo di differenziamento che porta alla formazione di nuovi oligodendrociti, le cellule che formano la guaina mielinica delle fibre nervose e che è indispensabile per una efficiente trasmissione degli impulsi. E’ quindi teoricamente possibile “sfruttare” GPR17 per ripristinare la guaina mielinica e la comunicazione fra neuroni.
Studi condotti, per il momento solo in vitro, hanno dimostrato che la stimolazione di GPR17 con i suoi attivatori (i nucleotidi uridinici e i cisteinil-leucotrieni), incrementa il differenziamento dei progenitori a oligodendrociti maturi (Figura 4). Questo suggerisce che GPR17 possa favorire il ripopolamento degli oligodendrociti persi durante il danno e possa consentire la riformazione della guaina mielinica che avvolge i nervi, ripristinando così la capacità di trasmettere impulsi nervosi. La capacità del recettore di stimolare il differenziamento degli oligodendrociti potrebbe essere importante non solo per attivare la risposta riparativa dopo l’ictus, ma anche per il trattamento di malattie neurodegenerative demielinizzanti, come la sclerosi multipla. Nei pazienti affetti da sclerosi multipla la progressiva distruzione degli oligodendrociti porta infatti alla formazione di placche in cui la mancanza della normale guaina mielinica impedisce una corretta trasmissione dell’impulso nervoso pregiudicando il funzionamento del sistema nervoso.
Figura 4: In vitro GPR17 promuove il differenziamento di precursori a oligodendrociti maturi - Numerose cellule ramificate esprimenti GPR17 sono presenti in colture primarie ottenute da corteccia cerebrale di ratto. Come si può osservare dai pannelli A e B, la maggior parte delle cellule GPR17 positive (mostrate in verde) esprimono anche i marcatori caratteristici dei precursori della linea oligodendrocitaria, come NG2 e O4 (cellule indicate con freccia). Poche cellule GPR17 positive esprimono invece CNPasi (pannello C) e MBP (pannello D), tipici indicatori di oligodendrociti maturi. Il colorante Hoechst 33258 è stato utilizzato per marcare i nuclei delle cellule (in blu). I grafici in E ed F mostrano come la stimolazione di GPR17 con i suoi attivatori, UDP-glucosio (UDP glc) e il cisteinil-leucotriene LTD4, fa aumentare il numero delle cellule GPR17 positive ed incrementa il differenziamento dei progenitori a oligodendrociti maturi, come indicato dall’aumento delle cellule MBP positive. Nel complesso il numero delle cellule prima e dopo la stimolazione rimane invariato (Hoechst 33258).
Conclusioni e prospettive future
I risultati di questo studio confermano che lo spegnimento precoce di GPR17 ha un potente effetto anti-ischemico nell’animale da esperimento e suggeriscono che l’attività mediata dal recettore possa avere anche una potenziale applicazione rigenerativa, che deve però essere accuratamente valutata con esperimenti su modelli animali. Potenziare l’attività di GPR17 per favorire la risposta riparativa potrebbe essere una via percorribile non soltanto nelle fasi successive a lesioni neurologiche acute (ictus, traumi spinali) ma anche nel trattamento delle malattie degenerative croniche (come la sclerosi multipla e il morbo di Alzheimer). Studi futuri potranno chiarire i meccanismi molecolari alla base della rigenerazione e chiarire come spingere il differenziamento delle cellule progenitrici verso il tipo cellulare danneggiato nella malattia.
Poichè GPR17 non è espresso su cellule staminali neurali, ma solo da una sottopopolazione di cellule progenitrici, in particolare quelle già indirizzate verso la linea oligodendrocitaria, lo stimolo rigenerativo innescato dal recettore potrebbe riguardare specificamente il differenziamento di nuovi oligodendrociti, adibiti alla riparazione della guaina mielinica che permette la comunicazione tra neuroni. Di conseguenza, si potrebbero aprire concrete prospettive terapeutiche soprattutto in malattie demielinizzanti come la sclerosi multipla.
Attualmente non esistono farmaci selettivi per GPR17: sono tuttavia in corso di sintesi nuovi composti, potenzialmente molto più affini dei farmaci al momento disponibili e quindi teoricamente più potenti nel contrastare la progressione del danno ischemico e nel potenziare il differenziamento dei precursori durante la risposta riparativa dopo danno, così da incrementare le capacità innate di autoriparazione del cervello.
Davide Lecca, Paolo Gelosa, Marta Fumagalli, Luigi Sironi, Patrizia Rosa, Annalisa Buffo, Claudia Verderio