Quando il cervello va in tilt: quali possibilità di ‘ricambio’ dei neuroni dopo un ictus?

Una ricerca internazionale di prossima pubblicazione su PLoS ONE  ha individuato alcuni fattori che impediscono la formazione di nuovi neuroni, ad opera di staminali cerebrali, dopo un episodio di ischemia cerebrale. Un modello matematico ha permesso di confermare il ruolo dei fattori di inibizione e di simulare l’attività di queste cellule durante la crisi, aprendo la strada anche a una sperimentazione più affidabile di nuovi farmaci che siano in grado di potenziare l’azione delle staminali ‘riparatrici’.
Durante un'ischemia cerebrale, quando il sangue non arriva più a una porzione del cervello, per esempio a causa dell'ostruzione di un vaso sanguigno, alcuni neuroni cominciano a morire per mancanza di ossigeno e altri elementi nutritivi necessari al metabolismo della cellula cerebrale. L’ischemia, nei casi più gravi, può portare all’ictus, una malattia che in Italia colpisce ogni anno 200 mila persone ed è la terza causa di morte. Ma possono nascere nuovi neuroni, al posto di quelli ‘morti’? In teoria sì, ma in pratica le cose sono molto più complesse. Infatti, nonostante l’intensa attività di ricerca degli ultimi dieci anni sulla possibilità di generare nuovi neuroni in un cervello adulto, restano ancora da capire molte cose in questo campo.

In seguito a un’ischemia, il cervello tenta faticosamente di ripararsi: alcune cellule staminali di una precisa area, chiamata zona subventricolare, vengono allertate da segnali chimici emessi dalle cellule danneggiate, una sorta di ‘chiamata di soccorso’. Queste staminali rispondono producendo nuove cellule, chiamate precursori neuronali, che si muovono verso la zona di corteccia danneggiata per cercare di andare a sostituire i neuroni danneggiati. Ora, gli scienziati hanno scoperto che l’ostacolo principale da superare, in questo caso, si chiama ATP, adenosintrifosfato: una molecola chiave nel metabolismo energetico della cellula, che viene rilasciata durante un’ischemia e che, in dosi massicce, inibisce l'azione delle staminali e dei precursori.
La ricerca ha mostrato come questo meccanismo dipenda da un numero abbastanza ridotto di fattori, riproducendo, con un modello matematico al computer, i risultati ottenuti in sperimentazione su ‘fettine’ di cervello di topo. L'utilità della simulazione è stata duplice. Da un lato ha permesso di validare le conclusioni biologiche (i fattori considerati sono stati sufficienti a spiegare i risultati) e, dall'altro, permetterà in futuro di condurre sperimentazioni tridimensionali realistiche, che sarebbero impossibili a livello biologico, misurando e ottimizzando le prestazioni dei farmaci, allo scopo di aprire la strada a nuove terapie farmacologiche di tipo rigenerativo.

 


Allo studio, che sarà pubblicato prossimamente sulla  rivista PLoS ONE,  hanno partecipato ricercatori dell'Istituto per le Applicazione del Calcolo del CNR, dell’Universitá dei Paesi Baschi, della Fondazione Santa Lucia di Roma e dell’Istituto Leibniz di Magdeburgo in Germania.
La parte biologica della ricerca si è svolta in laboratorio utilizzando un modello organico formato da lamine sottili di cervello di ratto, contenenti sia parti di corteccia che la zona subventricolare di produzione delle staminali. In queste lamine è stata indotta in vitro un’ischemia, ed è stata studiata la capacità di generazione e di migrazione di nuovi precursori. Il composto commerciale PPADS ha mostrato un elevata capacità di ridurre l'effetto inibitorio causato dall'ATP sui precursori attivati in seguito al danno provocato dall’ ischemia cerebrale.
Sotto il profilo computazionale, un modello matematico ha riprodotto lo svolgersi di questi esperimenti, simulando l'attività delle cellule staminali, con o senza farmaci. Questo modello è basato su delle equazioni differenziali di bilancio di massa che tengono conto di come evolve in ogni punto del dominio computazionale, corrispondente alla lamina di tessuto dell'esperimento in laboratorio, le densità di cellule staminali e di precursori e le concentrazioni delle varie molecole, siano essi inibitori o attivatori. Il confronto tra gli esperimenti biologici e le simulazioni numeriche basata sul modello matematico, ha permesso di affinare il modello fino a renderlo più preciso ed efficace, stabilendo così un sostanziale accordo tra esperimenti e simulazioni.
Secondo Fabio Cavaliere, biologo del laboratorio Neurotek, del Dipartimento di Neuroscienze dell’Universitá dei Paesi Baschi, “questa ricerca è un primo passo verso la comprensione profonda di questi fenomeni. Studi ulteriori saranno necessari per capire come si comportano i precursori alla fine della migrazione, una volta arrivati nell'area danneggiata, e il modello matematico dovrà essere esteso a coprire tutto il ciclo rigenerativo. Sono sempre più convinto che discipline transazionali come neuroscienze e matematica costituiranno il futuro per lo sviluppo di nuove terapie nel campo della medicina rigenerativa”.

 

Maya Briani, Filippo Castiglione, Roberto Natalini, Davide Vergni: Istituto per le Applicazione del Calcolo, CNR
Silvia Middei, Istituto di Neuroscienze, CNR/Santa Lucia
Elena Alberdi, Fabio Cavaliere, Carlos Matute:  Neurotek, Dipartimento di Neuroscienze dell’Universitá dei Paesi Baschi
Klaus G. Reymann:  Istituto Leibniz di Magdeburgo
Cinzia Volonté: Istituto di Neurobiologia e Medicina Molecolare, CNR/Santa Lucia
A Model of Ischemia-Induced Neuroblast Activation in the Adult Subventricular Zone, in corso di stampa su PLoS ONE, http://www.plosone.org/.

Roberto Natalini

Ultima modifica il Martedì, 20 Novembre 2012 16:00
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