Melittina: il potente segreto delle api contro il carcinoma mammario

Claudia Gianvenuti 22 Lug 2025

 

Il veleno d’ape, noto in campo medico come apiterapia, è da tempo studiato per le sue proprietà antinfiammatorie e analgesiche, ma recentemente la ricerca scientifica lo ha posto sotto i riflettori anche come possibile alleato nella lotta contro i tumori, in particolare quello al seno. Studi recenti suggeriscono che certi componenti del veleno abbiano una spiccata attività antitumorale, aprendo interessanti prospettive terapeutiche.

Come agisce il veleno di ape sulle cellule tumorali?

Il principio più attivo del veleno d’ape è la melittina, un peptide che costituisce circa la metà delle proteine totali del veleno. La melittina mostra la capacità di:
Indurre apoptosi (morte cellulare programmata) nelle cellule tumorali del seno, specialmente nelle forme più aggressive come il triplo negativo e il carcinoma HER2-positivo.
Inibire segnali e vie fondamentali per la crescita e la replicazione delle cellule cancerose, come i recettori dell’epidermal growth factor (EGFR) e HER2, frequentemente alterati nei tumori mammari.
Aumentare la permeabilità delle membrane cellulari, favorendo sia la distruzione diretta delle cellule tumorali sia l’ingresso dei farmaci chemioterapici, potenziando la loro efficacia.
Esperimenti condotti su linee cellulari di diversi sottotipi di cancro al seno hanno mostrato una selettività sorprendente: il veleno d’ape e la melittina sono molto più tossici per le cellule tumorali rispetto a quelle sane, riducendo il rischio di effetti collaterali rilevanti.

Dati sperimentali e studi clinici

In laboratorio, la melittina ha dimostrato di distruggere le membrane cellulari tumorali nel giro di un’ora e di interrompere rapidamente i segnali interni che sostengono la crescita del tumore.
Negli animali da esperimento, il trattamento a base di veleno d’ape ha ridotto la crescita del tumore, le metastasi e migliorato la sopravvivenza nei modelli di tumore al seno più aggressivi.
Alcuni casi clinici riportano benefici anche nei pazienti: ad esempio, in pazienti non operabili, la combinazione di apiterapia e chemioterapia ha portato a una riduzione delle dimensioni della neoplasia e dei marker tumorali.

Sicurezza e limiti della terapia con veleno di ape

Pur mostrando risultati promettenti, l’utilizzo del veleno d’ape presenta alcune criticità:
Il rischio di reazioni allergiche, talora gravi, rende fondamentale valutare la tolleranza individuale prima del trattamento.
Il dosaggio ottimale, le modalità di somministrazione e i possibili effetti a lungo termine devono essere ancora chiariti da studi clinici più ampi prima di poter parlare di terapia standard.
Al momento, la terapia viene considerata sperimentale e utilizzata soprattutto all’interno di protocolli di ricerca controllati.

Evoluzione della ricerca

Numerosi lavori pubblicati negli ultimi anni confermano l’attività anticancerogena della melittina e del veleno d’ape, una review del 2024 sottolinea la capacità del veleno di indurre apoptosi, inibire la migrazione delle cellule tumorali e ridurre le metastasi, con effetto sinergico se associato a chemioterapici classici.
Ricercatori australiani hanno osservato una rapida morte delle cellule di cancro al seno triplo negativo e HER2+, senza danni rilevanti alle cellule sane, sia con il veleno che con melittina sintetica.
Test clinici pilota hanno testato l’apiterapia come coadiuvante della chemioterapia, riportando una miglior tolleranza e una riduzione degli effetti collaterali.
Alcuni esperti in passato erano scettici riguardo all’efficacia delle tossine animali come quelle delle api contro i tumori umani, temendo effetti secondari non gestibili, ma la progressiva messa a punto di dosaggi e la possibilità di utilizzare solo i peptidi attivi stanno cambiando radicalmente il quadro.

Sarà dunque la strada giusta?

Le evidenze disponibili suggeriscono che il veleno d’ape, e in particolare la melittina, rappresentino una frontiera interessante della ricerca oncologica, soprattutto in combinazione con le terapie esistenti. Tuttavia, siamo ancora lontani dalla validazione clinica: occorrono studi su larga scala, trial randomizzati e una maggiore caratterizzazione della sicurezza, prima che la terapia possa uscire dall’ambito sperimentale e candidarsi come opzione terapeutica nei tumori del seno.
La sfida dei prossimi anni sarà trasformare queste promesse di laboratorio in trattamenti sicuri, efficaci e accessibili, sfruttando le conoscenze attuali su meccanismi molecolari e tecniche di veicolazione selettiva dei peptidi attivi nelle cellule tumorali.



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