Questo studio è stato pubblicato nel «Journal of Hepatology», la rivista ufficiale della European Association for the Study of the Liver, edita da Elsevier (J Hepatol. 2024 Jun 20:S0168-8278(24)02320-1. doi: 10.1016/j.jhep.2024.06.014. PMID: 38908437). «Nei polmoni dei pazienti con microtormbosi della vena porta abbiamo osservato dilatazioni del letto arterioso intrapolmonare, che peggioravano l'ossigenazione del paziente e aggravavano l'insufficienza respiratoria, responsabile di una morte più tardiva» ha spiegato il prof Luca Fabris, docente del Dipartimento di Medicina dell'Università di Padova e del Liver Center dell'Università di Yale, nonché corresponding author del lavoro. «A livello cellulare, il nostro studio ha dimostrato che la microtrombosi della vena porta è sostenuta da una risposta pro-coagulante indotta dall'infezione da SARS-CoV-2 che colpisce un tipo di cellula vascolare ancora molto trascurato, chiamato pericita, situato all’esterno del vaso, dove forma una guaina di rivestimento attorno all’endotelio, lo strato di cellule che è invece a diretto contatto con il flusso sanguigno - ha sottolineato il Professor Paolo Simioni, direttore del dipartimento di Medicina dell’Università di Padova e della Clinica Medica 1^ dell’Azienda Ospedale/Università di Padova, co-autore senior dello studio -. Questo tipo di cellula, una volta infettata, attiva la secrezione vascolare di mediatori della coagulazione, tra cui il Fattore Tissutale e il Fattore di von Willebrand, responsabili da un lato dello stato di ipercoagulabilità locale con conseguente trombosi, e dall'altro della dilatazione delle piccole arterie polmonari con conseguente riduzione della saturazione di ossigeno nel sangue arterioso».
«Va aggiunto che l'infezione dei periciti epatici da parte del SARS-CoV-2, pur non essendo produttiva, cioè non rilasciando particelle virali infettanti - ha affermato la prof.ssa Cristina Parolin, del dipartimento di Medicina Molecolare dell'Università di Padova - ha stimolato una serie di funzioni secretorie da parte dei perciti che sono risultate rilevanti per le alterazioni emodinamiche della circolazione epato-polmonare». Uno dei primi e più importanti focolai in Europa si era sviluppato proprio in Lombardia. In particolare, nella provincia di Bergamo, più di 70.000 persone erano decedute per COVID-19 in soli 4 mesi, da febbraio a maggio 2020, e l’ingente quantità di pazienti che necessitavano di cure ospedaliere e terapie intensive aveva paralizzato il sistema sanitario. Sebbene la causa principale della mortalità da COVID-19 fosse stata attribuita all'insufficienza respiratoria ipossica da sindrome da distress respiratorio acuto (ARDS), erano segnalate trombosi dei piccoli vasi (microtrombosi) associate a grave compromissione funzionale in più organi oltre al polmone, come cuore e rene. La microtrombosi è stata osservata anche nel fegato, e seppur il coinvolgimento epatico fosse spesso presente nei pazienti affetti da COVID-19, il significato di queste alterazioni rimaneva incerto.
«Nell’area di Bergamo, il COVID-19 è stato una tragedia senza precedenti negli ultimi tempi. Il virus ci ha colti di sorpresa e nessuno sapeva come trattarlo o quali danni potesse provocare - ha commentato il dott. Aurelio Sonzogni, responsabile del reparto di Patologia dell'ASST Bergamo Est Seriate -. Nonostante la carenza di personale dovuta alle infezioni del personale sanitario e agli estenuanti turni di lavoro, abbiamo deciso di eseguire l'autopsia dei pazienti deceduti da COVID-19, come approccio per ottenere maggiori informazioni sul tipo di danno indotto dall'infezione da SARS-CoV- nei diversi organi. Questo è stato un passo fondamentale per svelare come la trombosi dei piccoli vasi fosse una delle lesioni più significative nelle forme letali di COVID-19». «Il valore traslazionale di questo studio è molto forte - ha sottolineato Massimiliano Cadamuro, ora professore all'Università di Milano-Bicocca (all’epoca dello studio docente Università di Padova) e primo autore del lavoro -.
Combinare la definizione dei meccanismi molecolari di una malattia con le informazioni cliniche (istologia, radiologia, dati di laboratorio) grazie a un'integrazione finemente calibrata di diverse competenze che attraversano più aree specialistiche, ovvero medicina interna, patologia, radiologia, microbiologia e biologia cellulare, è la chiave per affrontare i problemi che la medicina moderna ogni giorno ci pone». «Questo lavoro rappresenta una storia affascinante per quanto concerne il ruolo del fegato nelle malattie acute e nelle condizioni di insufficienza multiorgano. Siamo certi che la rilevanza di questo meccanismo fisiopatologico vada ben oltre il COVID-19, argomento che stiamo affrontando grazie ad un finanziamento ottenuto dal Ministero della Salute» ha concluso Paolo Simioni.
Lo studio è stato supportato dal progetto Ricerca Finalizzata RF-2021-12374493 del Ministero della Salute italiano e dal progetto European Virus Archive goes Global (EVAg) che ha ricevuto un finanziamento dal programma di ricerca e innovazione Horizon 2020 dell'Unione Europea con grant agreement No 653316.