Infine, in più di 900 pazienti a rischio di eventi cardiovascolari, i ricercatori hanno stabilito che la misurazione nel sangue di LPS permetteva di individuare i pazienti a maggiore rischio di infarto e di ictus, fornendo un nuovo strumento per studiare l’arteriosclerosi e le sue gravi complicanze cardiovascolari.
L’insieme di questi dati include l’intestino tra i fattori di rischio cardiovascolari e suggerisce che, abbassando la permeabilità intestinale, è possibile ridurre il pericolo di malattie cardiovascolari.
Nella ricerca sono messe a fuoco le principali cause che possono portare all’aumento della permeabilità intestinale, e quindi all’aumento di LPS nel sangue, come una dieta particolarmente grassa, l’alcool, l’uso prolungato di anti-infiammatori, le infezioni e l’infiammazione sistemica, nonché l’età avanzata.
“I rimedi futuri – spiega Francesco Violi – sono da ricercarsi innanzitutto in una adeguata profilassi, favorendo la dieta mediterranea e riducendo l’assunzione di alcool. Alcuni nutrienti come legumi ed olio extra vergine di oliva – precisa Violi – hanno un effetto protettivo in quanto aumentano le specie batteriche 'buone' e la permeabilità intestinale”.
I principali sviluppi di queste ricerche si muovono in due direzioni: la pubblicazione a breve dei risultati di un antibiotico intestinale locale, attualmente in sperimentazione, e gli studi sulle potenziali modalità di detossificazione della LPS.
“L’auspicio – conclude Francesco Violi – è che le ricerche future possano esplorare quindi sia la possibilità di agire sul microbiota per ridurre la patogenicità dell’LPS, sia approfondire tramite l’ingegneria genetica delle strategie per neutralizzarla quando ha già attraversato la parete intestinale”.