JUICE raggiungerà Giove nel 2031, svolgendo la sua missione di studio per tre anni nell'ambiente giovano, molto somigliante a un sistema solare in miniatura. Lì dovrà portare a termine una complessa serie di compiti: dall'osservazione dell'atmosfera e della magnetosfera di Giove, a quella dell'interazione delle lune galileiane con il pianeta.
La sonda visiterà Callisto (il corpo celeste maggiormente ricoperto di crateri nel sistema solare), che potrebbe nascondere un oceano interno, e sonderà gli strati più superficiali della calotta ghiacciata di Europa, identificando siti appropriati per una possibile esplorazione in situ. JUICE terminerà la sua missione a settembre 2035 orbitando per quattro mesi attorno a Ganimede, l'unica luna dotata di un proprio campo magnetico. Sarà la prima volta che una sonda spaziale orbiterà attorno a un satellite diverso dalla nostra Luna. Proprio nella sua fase finale la missione svelerà i risultati più attesi, osservando i dettagli della superficie ghiacciata di Ganimede e fornendo uno spaccato della sua struttura interna.
Lo studio comparato dei tre satelliti gioviani in un'unica missione permetterà di comprendere le cause della loro diversità, dominata dall'influenza di Giove, e di fornire nuovi dati sulla formazione dei sistemi planetari.
Uno dei principali temi scientifici di JUICE riguarda l'eventuale abitabilità degli ambienti dei pianeti giganti e in particolare la possibilità che i satelliti ghiacciati di Giove possano rappresentare un ambiente potenzialmente in grado di supportare attività biotica per tempi lunghi.
La scelta della missione JUICE è il coronamento di un processo iniziato nel 2004, anno in cui l'Agenzia spaziale europea (Esa) ha avviato un'ampia consultazione della comunità scientifica per identificare i traguardi dell'esplorazione planetaria europea nel decennio successivo.
La missione dell'Esa, selezionata dallo Space Programme Committee, vede un'importante partecipazione dell'Italia attraverso l'Agenzia spaziale italiana (Asi) e diversi enti e università tra i quali Sapienza Università di Roma, che hanno partecipato alla realizzazione di 3 strumenti: lo strumento di radioscienza e geofisica 3GM, il radar RIME, la camera JANUS.
3GM (Gravity and Geophysics of Jupiter and the Galilean Moons), guidato da Luciano Iess, del Dipartimento di Ingegneria meccanica e aerospaziale della Sapienza, comprende un transponder in banda Ka e un oscillatore ultrastabile (USO), realizzato dall'Agenzia Spaziale Israeliana (ISA). Questo insieme di strumenti sarà utilizzato per misurare il campo di gravità e la struttura profonda delle lune ghiacciate, per determinare l'estensione dell’oceano interno di Ganimede e per studiare l’atmosfera di Giove. La strumentazione di 3GM comprende anche un accelerometro ad alta precisione (HAA), necessario per calibrare i disturbi dinamici interni del satellite, in particolare dovuti al movimento del propellente nei serbatoi.
RIME (Radar for Icy Moon Exploration), radar sottosuperficiale ottimizzato per penetrare la superficie ghiacciata dei satelliti galileiani fin alla profondità di 9 km con una risoluzione verticale fino a 30 m.Il radar RIME è frutto di una collaborazione tra l’Università di Trento e il Jet Propulsion Laboratory (JPL) della NASA.
JANUS (Jovis, Amorum ac Natorum Undique Scrutator) è una camera ottica per studiare la morfologia e i processi globali regionali e locali sulle lune e per eseguire la mappatura delle nubi di Giove.
Importante, inoltre, il coinvolgimento italiano per quanto riguarda la testa ottica dello strumento MAJIS (Moons and Jupiter Imaging Spectrometer), uno spettrometro iper-spettrale a immagine per osservare le caratteristiche e le specie minori della troposfera di Giove nonché per la caratterizzazione dei ghiacci e dei minerali sulle lune ghiacciate.
Ai team scientifici dei quattro strumenti finanziati dall’Asi partecipano molte università e istituti di ricerca italiani e stranieri. I Principal Investigator di 3GM, RIME e JANUS appartengono rispettivamente a Sapienza Università di Roma, all’Università di Trento e all’Inaf - Istituto Nazionale di Astrofisica, a cui appartiene anche il Co-Principal Investigator di MAJIS.