Una carriera illustre che appare straordinaria nella considerazione della cecità da cui Bavčar è stato colpito dall'età di dodici anni. Un handicap che sembra essere vissuto dall'autore non come tale ma come un privilegio che gli ha reso la possibilità di sviluppare due differenti esperienze: la visione fisica e quella mentale.
I ricordi d'infanzia, lo sviluppo tecnologico, l'utilizzo congiunto degli altri sensi ed un continuo confronto con i suoi "consiglieri-lettori" hanno reso possibile la realizzazione degli scatti fotografici.
Il percorso della mostra fotografica, che è costituita da differenti sezioni tra cui L'Infanzia, Paesaggio sloveno, Nel fluire del tempo e Vista tattile, rappresenta dunque un'intima e profonda riflessione da parte dell'autore. Una riflessione controcorrente e fuori dagli schemi rispetto ai luoghi comuni dell'arte. Un viaggio intriso di una palpabile nostalgia, per la sua terra e per la sua infanzia, fase della vita in cui la luce, le forme ed il colore non erano solo il risultato del ricordo.
Ma allo stesso tempo qualcosa in più. Una meditazione dalla quale scaturisce un universo complesso e completo, una realtà frutto di un sforzo mentale che diviene accessibile al pubblico attraverso lo strumento fotografico.
Evgen Bavčar propone dunque un modo di "vedere" quello che a lui non è più concesso "guardare".