Il percorso della mostra, che consta di 34 fotografie in bianco e nero, è il risultato, come ha spiegato Roberto Cavallini, Professore presso l'Università di Tor Vergata e critico fotografico, di un accurato lavoro durato oltre tre anni.
Un lavoro di osservazione realizzato all'interno della comunità senegalese del XVI Municipio di Roma e che ha visto come protagonisti i membri della comunità, i cittadini italiani, le scuole, le Istituzioni Municipali e le associazioni di volontariato.
Il risultato è "Roma sunu Senegal" ("sunu" nella lingua Wolof significa "nostro").
Un viaggio che, attraverso la forza evocativa delle immagini, ci proietta all'interno di una realtà allo stesso tempo tanto distante da noi ma molto prossima. Una realtà parallela sulla quale non solo è conveniente, ma è giusto riflettere al fine di comprenderne l'enorme ricchezza.
Le fotografie, che raccontano scene di vita quotidiana della comunità senegalese a Roma, sono esposte seguendo l'ordine cronologico in cui sono state eseguite. In questo modo lo spettatore ha la possibilità di apprezzare a pieno il modo in cui il processo di integrazione si è sviluppato. Infatti mentre le prime foto del percorso espositivo ritraggono esclusivamente il ghetto, le successive fotografano i protagonisti nelle scuole, nei posti di lavoro o durante le pratiche sportive. Il percorso mostra dunque un crescente coinvolgimento della comunità all'interno del tessuto sociale della città. Immagini dal forte contenuto emotivo che testimoniano le paure, le gioie, le sofferenze e le delusioni di questo gruppo sociale.
Una mostra fotografica dunque dai forti contenuti e dalla duplice validità. Essa infatti da un lato scuote le coscienze umane portando alla luce un dramma comune in numerosi paesi. Dall'altro, il modo in cui la mostra è stata allestita dimostra che una vera integrazione è possibile.
Arginando le paure, combattendo l'ignoranza di cui intolleranza e razzismo si nutrono, è possibile invertire quella spirale di odio e violenza di cui i tragici avvenimenti avvenuti a Firenze proprio a scapito della stessa comunità senegalese sono evidente e preoccupante dimostrazione.
Fabrizio Giangrande
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