La scoperta è frutto della collaborazione di un grande team internazionale, guidato da Michaël Gillon dell’Istituto di ricerca Space sciences, technologies and astrophysics research in Belgio, ed è stata pubblicata sull’ultimo numero della rivista Nature. La configurazione particolarmente favorevole del sistema e le ridotte dimensioni della stella hanno permesso uno studio approfondito delle orbite planetarie. Il team ha analizzato il sistema a diverse lunghezze d’onda, dall’ottico all’infrarosso, e per identificare i pianeti ha sfruttato la tecnica dei transiti.
La campagna osservativa è stata intensa, e ha sfruttato un gran numero di telescopi terrestri, tra cui il Very Large Telescope in Cile, i telescopi Trappist South e North (rispettivamente in Cile e Marocco), lo Uk Infrared Telescope alle Hawaii, i telescopi William Herschel e Liverpool a La Palma e il telescopio dell’Osservatorio astronomico del Sudafrica. Oltre a queste osservazioni, la campagna ha potuto contare anche sul telescopio spaziale Spitzer della Nasa, che ha monitorato il sistema per circa 20 giorni a partire dal 19 settembre scorso. I dati raccolti hanno permesso di confermare la presenza di Trappist-1d, di cui fino ad allora era stato possibile misurare solamente due transiti, e hanno evidenziato la presenza di altri tre passaggi periodici. Inoltre, è stata rilevata la presenza di un singolo transito attribuibile ad un settimo pianeta, esterno agli altri. Il sistema dunque risulta formato da almeno sette pianeti: Trappist-1b, c, d, e, f, g, h (in ordine di distanza dalla stella madre). Per i sei con le orbite più strette è stata ottenuta una stima dei periodi orbitali, che risultano compresi tra 1.5 e 12.4 giorni. La struttura così osservata sembra suggerire che i pianeti si siano formati in regioni più lontane e si siano poi avvicinati in un secondo momento alla stella.
Rappresentazione artistica dei sette pianeti che compongono il sistema di Trappist-1 in ordine di distanza dalla stella madre. Crediti: NASA/JPL-Caltech
Con una massa pari all’8 per cento di quella del Sole, Trappist-1 è una stella di piccolissima taglia, circa 80 volte le dimensioni di Giove. Sebbene si trovi abbastanza vicina a noi, ovvero a poco meno di 40 anni luce, la sua luce risulta molto debole. Gli scienziati si aspettavano di trovare sistemi planetari composti da più pianeti terrestri in orbite strette attorno a nane rosse, ma Trappist-1 è la prima in assoluto ad essere stata scoperta. Le orbite dei sette pianeti sono molto strette, per capirci si trovano quasi tutte comprese entro l’orbita di Mercurio attorno al Sole. Tuttavia, a causa delle dimensioni ridotte di Trappist-1 e della sua bassa temperatura superficiale, i pianeti ricevono un’energia confrontabile con quella che colpisce i pianeti interni del Sistema solare. A livello teorico, tutti e sette i pianeti potrebbero ospitare acqua allo stato liquido sulla loro superficie, anche se, sulla base delle loro distanze dalla stella, alcuni candidati sono più solidi di altri. I modelli indicano infatti che i pianeti più interni (Trappist-1b, c, d) potrebbero essere troppo caldi.
«Il sistema multiplo di pianeti terrestri transitanti individuato attorno a Trappist-1 è straordinario sotto diversi aspetti», commenta a Media Inaf Alessandro Sozzetti, ricercatore all’Osservatorio astrofisico dell’Inaf di Torino. «Innanzitutto, è il primo sistema contenente pianeti di tipo terrestre nella fascia di abitabilità (quell’intervallo di distanze da una stella entro il quale un pianeta di tipo roccioso con un’atmosfera può potenzialmente avere acqua allo stato liquido sulla superficie) per i quali sia stato possibile determinare sia pur in modo preliminare la loro densità, e quindi la composizione interna, scoprendo che sono probabilmente rocciosi come la nostra Terra. In secondo luogo, tre dei sette pianeti del sistema sono soggetti a livelli di irraggiamento da parte della stella centrale simili a quelli che Venere, la Terra e Marte ricevono dal nostro Sole, e se posseggono un’atmosfera di tipo terrestre potrebbero avere oceani sulla superficie. Inoltre, la bassissima luminosità e le dimensioni paragonabili al nostro Giove rendono gli eventi di transito dei pianeti in fascia abitabile frequenti e facili da rivelare, aprendo la possibilità della caratterizzazione dettagliata delle loro proprietà atmosferiche con strumentazione di punta già esistente». Tutti aspetti che rendono ancora più interessante il sistema di Trappist-1, sicuramente uno dei primi candidati per le prossime campagne osservative con i telescopi spaziali Hubble e James Webb, che inizierà le proprie attività scientifiche tra circa un anno. Grazie a telescopi di prossima generazione come il James Webb e lo European Extremely Large Telescope saremo in grado di indagare la presenza di acqua su pianeti extrasolari, e forse anche di identificare quelli che ospitano qualche forma di vita.
«Questa scoperta è importante non solo dal punto di vista scientifico, ma anche culturale», sottolinea infine Nichi D’Amico, presidente dell’Istituto nazionale di astrofisica. «Sapere con sempre maggiore sicurezza che oltre il nostro Sistema solare ci sono luoghi potenzialmente favorevoli alla vita è semplicemente affascinante».