Lo stop alla costruzione degli impianti è da ricondurre all’eccesso di elettricità che questi sarebbero andati a produrre. Secondo i propri nuovi piani nazionali energetici, infatti, l’obiettivo cinese sarebbe quello di raggiungere una produzione di elettricità da carbone pari a 1.100 gigawatt, entro il 2020. Attualmente la produzione si attesta sui 920 GW, e con questi 103 nuovi impianti completati e messi in funzione, le centrali a carbone raggiungerebbero l’astronomica produzione di 1.250 gigawatt, oltrepassando nettamente il tetto predefinito. Da questo semplice calcolo, dunque, è scaturito il tardivo ma quanto ben accolto stop del governo. Di certo la cancellazione delle 103 centrali non significa che il governo di Pechino abbia deciso di chiudere questo inquinatissimo periodo della sua storia, ma in ogni caso è un’altra stelletta per un Paese che, a partire dal 2015, ha aumentato del 40% la propria produzione di energia sostenibile e rinnovabile, e che ha messo in opera quasi 20.000 turbine eoliche in un solo anno. Sempre nel 2020, a conti fatti, il 27% della produzione energetica cinese dovrebbe essere di origine rinnovabile – il 55%, invece, sarà comunque da carbone, ma in discesa, seppure ancora lenta. Per completezza va sottolineato che la caduta del carbone in Cina è iniziata già nel 2013, anno nel quale sono calate sia la domanda che la produzione Dopo le centrali a carbone bloccate sul nascere, probabilmente verrà anche l’ora delle miniere, si prevede infatti la chiusura di almeno 1.000 giacimenti.