L'elevata sensibilità con cui sono effettuati alcuni rilevamenti previsti nell'ambito della rete RESORAD e l'immediata conoscenza del dato, rendono possibile la pronta rilevazione di eventi anomali anche di piccola entità. Dal 1986, anno dell'incidente di Chernobyl, sono state registrate diverse anomalie radiometriche che hanno consentito di evidenziare e di tracciare l'evoluzione di lievi incidenti verificatisi in altri paesi e di alcuni rilasci di radionuclidi utilizzati per applicazioni mediche, consentendo la rapida valutazione della situazione, comunque di nessuna rilevanza radiologica, per tutti i casi riscontrati.
Sebbene i risultati dei rilevamenti radiometrici siano sostanzialmente stazionari negli ultimi anni, permane l'esigenza di un sistema di radioprotezione efficiente, affidabile e trasparentea tutela dei lavoratori, della popolazione e dell'ambiente anche per fronteggiare possibili situazioni di emergenza che potrebbero derivare da incidenti nucleari transfrontalieri o eventi infausti come l'attuale crisi ucraina.
La rete effettua il monitoraggio della radioattività nelle principali matrici ambientali e alimentari, e segnala, anche con funzione di allarme, la presenza di eventuali valori radiometrici anomali.
ISIN ha inoltre recentemente provveduto a rafforzare il sistema di rilevazione mediante l'attivazione di due stazioni ad altissima sensibilità nella rete REMRAD e l'avvio del programma di rinnovamento della rete GAMMA, con la sostituzione di 39 vecchie stazioni di rilevamento con nuove stazioni tecnologicamente avanzate.
Il Rapporto ISIN riporta i valori di concentrazione dei principali radionuclidi artificiali, in particolare il cesio – 137, radionuclide guida della contaminazione nell'ambiente, il cui livello di radioattività si dimezza ogni 30 anni circa, derivante dalle attività nucleari e dalle ricadute degli esperimenti atomici condotti in atmosfera nel dopoguerra e dall'incidente alla centrale nucleare di Chernobyl. Le concentrazioni misurate risultano anche quest'anno stazionarie.
Rispetto alla copertura territoriale del monitoraggio, tuttavia, le criticità non mancano, come si evince anche dalle rappresentazioni grafiche contenute nel report: i confini regionali segnano spesso incongrue discontinuità di dati fra territori limitrofi. Ciò dipende da una parziale disomogeneità per alcune matrici/radionuclidi nella copertura dei rilevamenti sul territorio nazionale.
In materia di radon, il Rapporto contiene una sintesi dei dati disponibili.
Il radon è un gas naturale generato dal decadimento radioattivo del radio che si trova naturalmente nelle rocce, nei suoli e nei materiali da costruzione che ne derivano. Entra e si diffonde negli edifici (radon indoor), raggiungendo concentrazioni, variabili da ambiente ad ambiente, che possono rappresentare un rischio per gli occupanti a causa della cancerogenicità accertata. Il monitoraggio del radon è fondamentale per conoscere i livelli di esposizione della popolazione. A seconda dei livelli riscontrati, è possibile limitare l'esposizione grazie ad azioni di risanamento e a piccoli accorgimenti, tra i quali garantire la ventilazione o la miscelazione con aria esterna e sigillare le vie di ingresso del gas all'interno degli ambienti.
In Italia si stima che, su circa 31.000.000 di abitazioni censite sul territorio nazionale, più di 500.000 (pari a circa l'1,7%) presenterebbero livelli di radon superiori al limite di massimo riferimento di 300 Bq m-3 fissato dal Decreto Legislativo 101/2020 per i luoghi di lavoro e per le abitazioni esistenti.
Sarebbero circa 200.000 (pari al 4,1% del totale), le abitazioni in Lombardia in cui i valori di radon superano tale valore di riferimento nazionale; a seguire il Lazio (circa 170.000 abitazioni, pari al 6,2%), il Friuli Venezia Giulia (circa 39.000, pari al 5,7%), la Campania (34.000 e una percentuale dell'1,4%) e l'Abruzzo (circa 22.000 abitazioni, pari al 2,9% del totale). La concentrazione media stimata per l'Italia è risultata pari a circa 70 Bq m-3, valore superiore alla media europea, pari a circa 55 Bq m-3, e a quella mondiale, pari a circa 40 Bq m-3.
È oramai alle battute finali l'iter per l'approvazione del Piano nazionale d'azione per il radon, di cui ogni Stato membro della Commissione Europea deve dotarsi per gestire al meglio i rischi di lungo termine connessi all'esposizione al radon nelle abitazioni, negli edifici pubblici e nei luoghi di lavoro.