Un nuovo studio paleogenetico traccia le migrazioni umane durante l’Impero romano

Università di Roma La Sapienza 19 Feb 2024

 

Un gruppo di ricerca internazionale coordinato dall’Università di Stanford insieme alla Sapienza e all’Università di Vienna ha analizzato migliaia di genomi antichi, di cui 204 inediti, da resti scheletrici rinvenuti in Europa, Asia e Africa, confermando la diversità genetica delle popolazioni che abitavano queste aree
Un gruppo di ricerca internazionale coordinato dall’Università di Stanford insieme alla Sapienza e all’Università di Vienna, ha utilizzato materiale genetico estratto da scheletri antichi per ricostruire un quadro dettagliato delle migrazioni e degli spostamenti a lungo raggio durante il periodo di massimo splendore dell'Impero.

Lo studio, pubblicato sulla rivista eLife, ha analizzato il DNA di migliaia di esseri umani antichi, tra cui 204 che non erano stati precedentemente sequenziati, mostrando quanto fossero diverse le aree dell'Impero romano: almeno l'8% degli individui inclusi nello studio non proveniva dall'area dell'Europa, dell'Africa o dell'Asia in cui erano sepolti. Si è scoperto, inoltre, che tra le persone non originarie del luogo in cui sono state sepolte, esistevano dei modelli comuni di ascendenza genetica, e ciò ha permesso di spiegare meglio come le rotte commerciali e i movimenti delle legioni abbiano alimentato la diversità.

Fino ad ora si faceva riferimento a dati storici e archeologici per cercare di ricostruire le interazioni e i cambiamenti della popolazione durante questo, ora è possibile invece aggiungere nuovi dettagli da una prospettiva genetica.

Lo stesso gruppo di ricercatori aveva utilizzato in precedenza il DNA antico per studiare la diversità genetica degli abitanti di Roma e dintorni durante un periodo di 12.000 anni che va dalla Preistoria al Medioevo, dimostrando come dalla fondazione di Roma vi sia stata una rapida diversificazione del popolamento in area mediterranea.

Oggi, focalizzandosi sul periodo Romano Imperiale, si è cercato di capire quanto di questa diversità fosse esclusivamente attribuibile all’Impero, e quanto potessero essere diverse le aree più remote. Lo studio si è concentrato su un arco di tempo più ristretto, dalla conclusione dell'Età del Bronzo, 3.000 anni fa, sino ad oggi, prendendo in considerazione un'area geografica che coprisse la massima espansione dell’Impero romano.

Nonostante l’elevato ritmo con cui le persone si spostavano durante questo periodo, non vi è stata una omogenizzazione delle popolazioni e ancora oggi è possibile ricondurre con buona approssimazione il genoma di un individuo al suo gruppo di appartenenza geografica. Questo impatto delle migrazioni, minore di quanto atteso, si può ricondurre probabilmente alla riduzione della mobilità successiva alla caduta dell’Impero e alla possibilità di una più complessa integrazione degli individui che si muovevano nel tessuto sociale, e quindi genetico, delle popolazioni locali.

 

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