La ricerca
Il riesame dei resti scheletrici, oggetto di un articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista «PLOS ONE» dal titolo “Who was buried with Nestor’s Cup? Macroscopic and microscopic analyses of the cremated remains from Tomb 168 (second half of the 8th century BCE, Pithekoussai, Ischia Island, Italy)” a cura di Melania Gigante, Luca Bondioli, Teresa E. Cinquantaquattro e Bruno d’Agostino, rimette in
gioco l’interpretazione della sepoltura. L’indagine bioarcheologica, nata in un clima di sinergica intesa tra la Soprintendenza, l’Università L’Orientale di Napoli e il Museo delle Civiltà di Roma, è stata condotta nell’ambito del dottorato di ricerca di Melania Gigante, bioarcheologa e oggi ricercatrice al Dipartimento dei Beni Culturali dell’Università di Padova. «Questa indagine - spiega Melania Gigante - ha gettato nuova luce sull’identità biologica di chi, con la Coppa di Nestore, fu sepolto. L’osso è un tessuto vivente e, come tale, è soggetto a rimodellamento e a variazioni nel corso della nostra vita. Ma prima ancora, esso differisce nella sua architettura tra le diverse specie.
L’esame della microstruttura ossea ha consentito, quindi, da una parte il riconoscimento di ovicaprini, volatili e carnivori frammisti al materiale combusto umano, dall’altra l’identificazione di almeno tre individui di diversa età alla morte. Contrariamente a quanto riportato in precedenza - continua Gigante - non è stato possibile individuare la presenza di un individuo in accrescimento». «Lo studio ha avuto una duplice valenza- conclude Luca Bondioli, docente di paleontologia umana all’Università di Padova -, da un lato, ha evidenziato la validità e la necessità di tecniche avanzate per lo studio dei resti cremati, dall’altro ha aperto a nuovi scenari di re-interpretazione degli assetti culturali e sociali dei più antichi migranti greci in Italia».