Nel 1941 il paleontologo tedesco Friedrich von Huene descrisse una piccola impronta (6-7cm) tridattile rinvenuta in sedimenti antichi 230Ma dal Monte Pisano (Toscana). La determino come ichnospecie Coelurosaurichnus, oggi denominata Grallator (si assume lasciata da un animale comparabile al Dilophosaurus) e esposta nel Museo di Geologia e Paleontologia di Firenze. Si dovette aspettare fino al 1985 per ampliare la collezione dei dinosauri italiani.
L'apparente mancanza di dinosauri sul territorio italiano fú spiegata con la ricostruzione paleoambientale che collocava la zona della odierna Italia in un vasto mare (Tetide), piú o meno profondo, in cui crescevano scogliere e si depositavano, marne e limi – quindi nessuna terraferma che poteva ospitare dinosauri.
Ma le scoperte di migliaia di impronte (solo il sito di Altamura, nella Puglia, conta piú di 30.000) e di vari ichnositi, hanno cambiato profondamente le ricostruzioni paleogeografici della Tetide durante il Mesozoico.
Moderne ricostruzioni della Paleoitalia vedono un ampio arcipelago di isole e isolotti, collegati tra di loro da vaste zone tidali, che permettevano una migrazione dei dinosauri. In queste piane tidali si sono depositatie le formazioni geologiche in cui si sono conservate il maggiore numero di impronte del Norditalia – la cosidetta Dolomia Principale e i Calcari grigi (Hettangiano - Pliensbachiano – da 199 a 183 milioni di anni fà).
David Bressan
In collaborazine con il Portale della Paleontologia italiana Paleofox.com