Piccoli geni

Marina Pinto 17 Set 2008

Sappiamo tutti che lo studio della musica affrontato da bambini può dare sorprendenti risultati, ma certo a nessuno è mai passato per la mente che tale apprendimento può iniziare fin dalla nascita. E invece sembra che sia proprio così, perché alcuni studi sul cervello dei neonati hanno evidenziato che in un bambino di pochi giorni i neuroni predisposti all’apprendimento musicale sono presenti in gran numero, così che essi posseggono il “pensiero musicale” come un’abilità non dissimile né inferiore a quella dell’apprendimento del linguaggio verbale, e quindi le due cose possono tranquillamente svilupparsi parallelamente senza traumi né sovraffaticamenti. In definitiva il respirare “aria di musica” sin dalla culla sembra sia di gran giovamento per un bambino, del resto a molti musicisti è capitato così (pensate a Bach, oppure a Mozart).


La meravigliosa attitudine verso la musica è quindi al massimo proprio alla nascita, anche se poi tende a decrescere, fino a che, all’età di nove anni, si stabilizza per il resto della vita. Ecco allora che potenziare le qualità innate dei neonati affinché essi possano da grandi usufruirne nel campo della musica diventa importante, ma come fare?

Certamente per i piccolissimi lo studio della musica non può iniziare con un percorso didattico in senso stretto, ma con una serie di attività di tipo sensoriale legate al suono ed al movimento corporeo, così come si svolge nel Centro Didattico Musicale di Roma, dove si tengono corsi di musica per bambini da zero a tre anni insieme a i loro genitori.
I piccolissimi “studenti” ascoltano brevi frasi musicali senza fonemi ma ricche di modulazioni ritmiche e melodiche - un po’ come fanno gli stessi bambini durante il periodo della “lallazione” - così che queste sonorità semplici e naturali creano una “base musicale” che gli stessi piccoli riconoscono e fanno proprie.
Naturalmente le melodie sono scelte secondo uno specifico percorso pedagogico, il quale segue il principio del sentire, comprendere e memorizzare il suono interiorizzandolo anche se fisicamente non c’è, esattamente come avviene per le parole quando le pensiamo. Durante questa esperienza gli operatori seguono il bambino dalla prima fase dell’ascolto alla ripetizione di piccole melodie fino al momento dell’espressione del linguaggio stesso, usando una serie di “giochi sonori” e “comportamenti musicali” che il genitore potrà continuare anche a casa.

Allora, neo-genitori, non vi stuzzica l’idea di avere un piccolo genio nella culla?

Marina Pinto 

Ultima modifica il Mercoledì, 09 Settembre 2009 10:26
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