Attivo interventista sin dalla prima ora - arruolato nel Corpo del Genio Militare (1915) – il giovane capitano Levi (medaglia d’oro per merito di guerra) moriva il 28 ottobre 1917, a soli 34 anni, durante la fase iniziale della disfatta di Caporetto. All’origine di tutto vi è Il richiamo del capitano Levi dall’altopiano di Bainsizza, dove si trovava, verso le pianure friulane; ed è appunto mentre riconduceva la propria compagnia, giunto nella località della Subida (nei pressi di Cormons), egli venne colpito mortalmente alla testa da un proiettile sparato da un fucile del nemico. Veniva meno così una delle migliori intelligenze matematiche dell’epoca che al poderoso valore intellettuale aggiungeva una bontà d’animo ed una generosità costantemente manifestata; egli mostrò con i fatti di sentire che ogni bene personale o di classe , senza eccezioni, doveva essere subordinato all’esistenza e all’onore dell’Italia. Invano sollecitato da Autorità, colleghi universitari, ed amici a non esporre oltre la sua preziosa esistenza, non volle farsi sostituire alla sua generosa determinazione.
E’ importante tentare di capire perché un giovane come Levi, dedito alla ricerca scientifica e all’insegnamento, avviato ad una brillante carriera universitaria e legato alla sua famiglia d’origine e ai suoi studenti da un profondo affetto, abbia avvertito un suo dovere morale abbandonare tutto per condividere con i “suoi” soldati la durezza del conflitto mondiale (1915-1918). Egli, assieme a tanti altri protagonisti di quella guerra, ha rifiutato gli appelli dei “neutralisti” ed abbracciato senza riserva la tesi degli interventisti, pagando con la propria vita.
Dalla lettura delle sue “Lettere ai familiari” si può comprendere che anche nella vicenda bellica, E.E.Levi ha portato tutta la sua grande umanità, il suo fortissimo senso del dovere, il suo rigore morale frutto dell’educazione paterna. Nono di dieci figli nati dal matrimonio di Giulio Giacomo Levi (1834-1898) con Diamantina Puglisi (1845-1910), la sua era una famiglia ebraica con solide radici piemontesi (per parte del padre). In famiglia si parlava con passione di tutto: economia, politica, finanza, pedagogia, religione, etc. In tal modo i figli furono abituati a fare buon uso dell’intelligenza, ad esprimere le proprie idee con spirito critico, liberi da condizionamenti; E.E.Levi si formò in questo ambiente familiare. Certamente egli colse quella sensibilità per le classi più sfruttate, che rivelerà diventando uomo, e il suo profondo rispetto per il libero arbitrio. Dal padre egli erediterà, infatti, anche una concezione dell’esistenza in cui l’assenza di ogni dogmatismo si accompagna con un rigoroso razionalismo.
Allo studio della matematica, E.E.Levi arrivò grazie alla sua formazione rigorosamente razionale e logica. Egli, anche se giovane, aveva già maturato una forte personalità e tratto dallo studio della matematica la convinzione che l’uomo deve porsi di fronte al mondo con l’abito mentale di chi cerca di capire la realtà, senza lasciarsi troppo suggestionare da ciò che è trascendente. La sua concezione dell’uomo di fronte alla religione emerge con chiarezza in una lettera particolarmente ricca, da questo punto di vista, che indirizzò alla sorella Sara Aida che si era confidata con lui , perché innamorata di un giovane cattolico e temeva che la differenza religiosa potesse costituire un impedimento nella vita matrimoniale. Sapeva di non poter trovare molta apertura sia all’interno della Comunità ebraica sia al suo esterno, perché prevaleva comunque un atteggiamento molto rigido riguardo ai matrimoni “misti”. La risposta di E.E.Levi è indicativa, perché rivela il suo pensiero sul modo di vivere la trascendenza. E.E.Levi dice di sentire intensamente il suo essere ebreo, di provare un profondo rispetto per il popolo ebraico, che ha dato al mondo il monoteismo e le Tavole della Legge, e di essere anche “in sentimento un sionista”, salvo cambiare opinione su questo punto quando affronterà la questione non con il sentimento, ma attraverso lo studio e la riflessione. Egli incoraggia la sorella a coltivare il sentimento che provava, perché poneva alla base di un matrimonio l’amore e soprattutto le “affinità intellettuali”, piuttosto che il fatto di professare la stessa religione. Anzi era convinto che prima o poi sarebbero caduti quei fattori che erano alla base di quella separatezza assurda fra ebrei e altri cittadini italiani. L’ebraismo, nota con forza Levi, non deve dare vita ad una “casta chiusa”, fatto questo assai deprecabile. Fedele all’educazione paterna, E.E.Levi che non si sente né ateo né teista difende piuttosto, proprio in quanto matematico, lo sforzo del ragionamento e non avverte la necessità di ciò che è sovrannaturale che anzi considera un potenziale nemico del libero arbitrio.
Nato a Torino il 18 ottobre del 1883, E.E.Levi si laurea in matematica (1904) alla “Normale” di Pisa, a pieni voti con lode, e consegue nella stessa università il Diploma di abilitazione all’insegnamento delle scienze matematiche (1907), pure con lode. E.E.Levi ebbe come Maestri i proff. Luigi Bianchi e Ulisse Dini. Dopo il biennio di perfezionamento per l’Analisi superiore (nella stessa università di Pisa), egli tenne diversi corsi complementari nella R.Scuola Normale di Pisa (1905-1908). Considerato un genio della matematica, Levi ottenne la cattedra di “Analisi infinitesimale”(1909), a soli 25 anni, presso l’Università di Genova, e l’incarico di insegnamento di “Analisi superiore” riguardante l’insegnamento dei seguenti argomenti: Equazioni integrali e differenziali, Fondamenti della Teoria delle funzioni di una variabile reale, Calcolo delle Variazioni, Teoria elementare delle Funzioni di una o più variabili complesse, Problema di uniformizzazione delle funzioni poliedriche, Teoria delle equazioni a derivate parziali. Dotato di particolare ingegno, il giovane E.E. Levi sin dall’inizio ebbe modo di farsi apprezzare in campo internazionale per i suoi studi e le sue ricerche riguardanti soprattutto le Equazioni differenziali, il calcolo delle variazioni, i Gruppi di Lie e la Teoria delle Funzioni analitiche a più variabili.
L’attenta analisi della cospicua attività e della produzione scientifica di E.E.Levi evidenzia come nell’insieme i suoi lavori e le sue ricerche scientifiche trattino problemi di importanza fondamentale, spesso visti ed affrontati nel modo più completo nelle relazioni che li uniscono alle principali domande della scienza. Così facendo in molti campi dell’Analisi matematica, con il suo ingegno egli ha indicato nuovi metodi ed aperto nuovi orizzonti.
Alcuni dei lavori di Levi, quelli che in particolar modo partono dal problema di Cauchy (sul quale egli è ritornato più volte con Note e Memorie scientifiche pubblicate nei Rendiconti dell’Accademia dei Lincei) e gli altri che si riferiscono all’equazione della propagazione del calore, spiccano per profondità ed importanza. Di particolare interesse sono anche altre Note scientifiche sulle equazioni differenziali alle derivate parziali, come pure le Memorie sulle equazioni lineari alle derivate parziali totalmente ellittiche, e quelle sulle equazioni di tipo parabolico. In più studi Levi ha approfondito con metodi nuovi e fecondi il problema fondamentale di trovare le soluzioni di una equazione alle derivate parziali del secondo ordine in due variabili indipendenti. Per le equazioni lineari totalmente ellittiche E.E.Levi, servendosi dell’ausilio delle equazioni integrali, con metodo geniale dedusse in casi molto generali (perfino in qualche sistema di equazioni) l’esistenza di una soluzione fondamentale dai risultati particolari. Ed ancora, in altre Memorie scientifiche, Levi risolse i problemi al contorno per mezzo del brillante procedimento che a lui deve la scienza della funzione compensatrice. La varietà e la serietà degli argomenti trattati nei suoi studi e ricerche dimostrano la sua alta cultura che gli consentì di ricevere riconoscimenti del mondo scientifico, come il Premio Medaglia d’oro per la Matematica (1912) conferitogli dalla Accademia delle Scienze (detta dei XL).
La presentazione di Roberto Natalini, direttore dell’I.A.C./CNR, gli approfonditi interventi di Celli e Mattaliano (Le speranze perdute della Matematica) e di Paolo Momigliano Levi (E.E.Levi e la sua famiglia), “introducono” il lettore nel pregevole volume, che vede nella Parte I (Tracce matematiche di un genio compreso) la raccolta delle lettere di Levi a Vito Volterra (1900-1916); a F.Engel (1906); le lettere a G.B.Guccia (1907-1913); e poi quelle a Tullio Levi-Civita (1908-1911) e a Giovanni Vacca (1909-1913); ed ancora, a Mauro Picone (1910), fondatore dell’IAC del CNR. La parte II (Pedagogia e Famiglia) del libro raggruppa la corrispondenza con l’amico prof. Giuseppe Lombardo-Radice (1905-1917), ed altre lettere dalla famiglia Levi (1917-1925). Nella Parte III (Affetti e pensieri intimi): Lettere alla famiglia (1887-1917), e nella successiva Parte IV: Un vuoto incolmabile (1917-1939), i curatori del volume hanno inteso unire intelligentemente l’insieme delle lettere a sfondo affettivo. Alla Parte V: Commemorazioni dei proff. Guido Fubini e Gino Loria (1918), seguono due Appendici di interesse storico-scientifico: la prima riguardante la Relazione della Commissione giudicatrice del concorso per professore straordinario alla Regia Università di Messina; la seconda concernente il Premio per la Matematica (1912). Le diverse foto inedite presenti nel libro, assieme all’elenco della vasta produzione scientifica di E.E. Levi, completano l’opera preziosa dei curatori del volume.
Eugenio Elia Levi può essere ritenuto, a ragione, uno dei più grandi matematici italiani del Novecento; e persona amabile, di grande umanità, dotata di particolare sensibilità, onestà intellettuale e senso del dovere che lo portarono ad assumere un significativo impegno nei grandi valori a cui era fortemente legato. La sua vita si configura come una esemplare storia scientifica ed umana.
Fausto D’Aprile
Volume: EUGENIO ELIA LEVI. Le speranze perdute della matematica italiana; Autori: A.Celli e M.Mattaliano (a cura di); Editore: Università degli Studi “Luigi Bocconi - Egea; Anno 2015; prezzo: 25,00 Euro