Così quella lunga ma insufficiente colonna, un poco alla volta, si era ridotta. Il bambino che veniva chiamato riceveva il sacchetto di quindici chili di riso per il suo consumo mensile e se ne correva via, non si sa dove, con il suo prezioso bottino. Solo l’ultimo, il più piccolo, che pesava molto meno del pacco che stava per ricevere, aveva avuto una iniziale titubanza ad allungare le braccia ma poi lo aveva fatto con determinazione. Si era caricato di quel peso, che lo faceva barcollare e aveva rifiutato l’aiuto che gli veniva offerto.
Con la sua determinazione aveva voluto farci capire che quel sacchetto era suo, esclusivamente suo e, anche per questo, non avrebbe accettato di condividere con altri la fatica di trasportarlo.
Quell’evento, perché di questo si trattava, si sarebbe ripetuto alla fine di ogni mese, per dodici mesi. Poi Chiara sarebbe ritornata a controllare la situazione: se le baracche, che aveva fatto costruire, erano ancora in piedi, se il pozzo aveva cambiato la vita della donne del villaggio, se i bambini erano cresciuti e avevano frequentato regolarmente la scuola. Se i suoi magri risparmi e gli scarsi aiuti degli amici avevano prodotto i frutti desiderati e i nuovi contributi raccolti le avrebbero consentito di dire un minor numero di volte: “non posso.”
Chi è stato da quelle parti sa che quegli aiuti sono una goccia nel mare di quella miseria ma che, se non ci fossero, sarebbe la fine di ogni speranza.
Stefano Sguinzi