Ai governatori delle Regioni che avevano promosso il referendum dello scorso 17 aprile, le tre associazioni chiedono in particolare di confermare l’impegno sul tema della difesa dei mari italiani sollecitando, con le associazioni, i comitati e la società civile, il ripristino del Piano delle Aree come strumento di monitoraggio e verifica della pressione ambientale sugli ecosistemi marini.
Per gli ambientalisti il Governo deve soprattutto dimostrare di essere coerente con gli impegni europei e internazionali sulle scelte energetiche assunti a seguito dell’Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici per la de carbonizzazione dell’economia e il progressivo abbandono delle fonti fossili.
Nella lettera aperta le tre associazioni ambientaliste chiedono al Governo italiano di riparare al danno fatto dal Governo Renzi, con la raffazzonata modifica contenuta nella Legge di Stabilità 2016 di una delle poche disposizioni positive del decreto Sblocca Italia, che all’articolo 38, comma 1 bis (cancellato improvvidamente per esigenze strumentali pre-referandarie) prevedeva la redazione di “Piani delle aree”, fortemente voluti dalle Regioni e dai Comuni, per le attività di estrazione degli idrocarburi. Inoltre, le associazioni chiedono che si dia, finalmente, concreta attuazione a quanto previsto dall’articolo 5 del decreto legislativo n. 145/2016 di recepimento della Direttiva europea “Offshore”, che prevede sia garantita la partecipazione pubblica tramite alle procedure di valutazione ambientale strategica su piani e programmi, per valutare organicamente e cumulativamente i possibili effetti sull’ambiente delle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi, nell’interesse delle popolazioni e degli enti locali e di discutere pubblicamente, per impostare e dare concreta attuazione al più presto a una nuova Strategia nazionale energetico/climatica richiesta dopo l’Accordo di Parigi che punti convintamente sulle fonti rinnovabili, sul risparmio e l’efficienza energetica, chiudendo al più presto il capitolo delle fonti non rinnovabili più inquinanti.
Greenpeace, Legambiente e WWF chiedono, appoggiando le analoghe richieste della rete dei comitati No Triv, un segnale positivo dal Governo Gentiloni, un atto concreto che dimostri che l’Italia vuole davvero essere uno dei Paesi più avanzati al mondo.