La plastica 100% bio che piace all'ambiente

Università degli Studi di Milano Bicocca 10 Set 2020


Una plastica di origine naturale, rinnovabile, biodegradabile al 100 per cento e compatibile con l'ambiente.

È l'obiettivo di “100% Bioplastica”, progetto di ricerca selezionato nell'ambito della seconda edizione dell'Università del Crowdfunding, il programma di finanza alternativa dell'Università di Milano-Bicocca, promosso per consentire a studenti, ex studenti, docenti, ricercatori e dipendenti dell'Ateneo di realizzare progetti innovativi e idee imprenditoriali attraverso campagne di raccolta fondi su Produzioni dal Basso, prima piattaforma italiana di crowdfunding e social innovation.

La squadra di “100% Bioplastica” è guidata da Paola Branduardi, professoressa del dipartimento di Biotecnologie e bioscienze all'Università di Milano-Bicocca e presidente di Galatea Biotech, spin-off universitario diventato di recente PMI innovativa accreditata dall'Ateneo milanese e specializzata nell’elaborazione di bioplastiche in acido polilattico (PLA) completamente biobased.

«L'utilizzo della plastica in molti settori commerciali (packacing, tessile, costruzioni, medicina, cosmetica, automotive, settore hi-tech) – ricorda Branduardi – ha un impatto negativo sull'ambiente, sia durante il processo di lavorazione che nel fine vita e smaltimento: ogni anno nel mondo vengono prodotte 380 milioni di tonnellate di plastica, di cui solo il 9 per cento viene riciclato e di questo 9 per cento un terzo viene comunque smaltito in discariche».

Negli ultimi anni è cresciuta l’attenzione verso lo sviluppo di plastiche alternative che siano eco-compatibili e biodegradabili. «Quando diciamo bioplastica – continua la professoressa – ci riferiamo a un mondo complesso, perché ve ne sono di molti tipi: . Inoltre, l’utilizzo di additivi permette di raggiungere le performance desiderate dal settore merceologico di destinazione. Gli additivi utilizzati attualmente sono per la maggior parte composti di derivazione petrolchimica che rendono la bioplastica non completamente sostenibile, seppur siano in percentuali basse che vanno dall’1 al 5 per cento».

In questo contesto si inserisce la campagna di crowdfunding (link: http://sostieni.link/26193) lanciata da Paola Branduardi e dal team di Galatea Biotech, per focalizzare la propria ricerca sullo sviluppo e produzione di un nuovo tipo di bioplastica, nello specifico di un materiale a base di acido polilattico (PLA), partendo da processi che sfruttino biomasse e fermentazioni microbiche. «Il PLA è una bioplastica virtuosa in quanto presenta caratteristiche tecniche simili alle classiche plastiche di origine fossile, ma può derivare da fonti rinnovabili come biomasse e soprattutto è totalmente biodegradabile, compostabile in compostatori industriali e a fine vita non rilascia residui inquinanti», spiega la responsabile del progetto.

Con il primo step di raccolta fondi, «creeremo compound attraverso l’utilizzo di biomateriali biodegradabili, come per esempio gli scarti della produzione agro-industriale o loro derivati, miscelati al PLA e ne testeremo le proprietà fisiche e meccaniche». Ciò sarà possibile anche grazie al contributo di Corepla, consorzio nazionale che opera nell’ambito della raccolta, riciclo e recupero degli imballaggi in plastica e che al raggiungimento di metà del target (5mila su 10mila euro) raddoppierà il budget a disposizione dei ricercatori. «Se supereremo il target iniziale – continua Branduardi – realizzeremo con il nuovo materiale alcuni prototipi di oggetti caratterizzati da un design che ne aumenti il valore, e quindi la durata del ciclo di vita».

Per chi sceglierà di contribuire alla campagna di crowdfunding sono state pensate ricompense speciali: penne, tazze, borracce e lunch box e piante, tutto sotto il segno della sostenibilità. «Considerato l’impatto qualitativo e quantitativo della plastica tradizionale nella nostra società, è davvero impensabile immaginare di potere, dall’oggi al domani, sostituire completamente quanto esistente. Ma è altrettanto vero che la transizione deve cominciare. Noi vogliamo dare il nostro contributo», conclude la ricercatrice.

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